Cartellone pubblicitario per salvare una vita Gabriele Soliani sessuologo
La vice presidente della Commissione europea, Viviane Reding, interrogata da alcuni parlamentari a proposito di una campagna pubblicitaria realizzata in Ungheria, ha affermato che “Gli Stati membri dell’Ue non possono usare i fondi comunitari per pubblicità contro l’aborto”. E' successo infatti che nelle scorse settimane in Ungheria sono comparsi manifesti con un feto che affermava: “Capisco che tu non sia pronto per me, ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere”.
La Reding ha sottolineato come questa campagna non sia in linea con i progetti presentati dalle autorità ungheresi per ricevere i finanziamenti di Bruxelles. Per questo motivo l’esecutivo Ue ha chiesto a Budapest di rimuovere tutti i manifesti, se non vuole incorrere in sanzioni finanziarie. La dichiarazione è stata accolta con favore dall’eurodeputata francese del gruppo socialista Sylvie Guillaume, che ha dichiarato: “Usare fondi Ue per promuovere campagne anti-aborto è un abuso, ed è incompatibile con i valori europei”. Va ricordato che i Paesi dell'est Europa vivono un inverno demografico senza precedenti; la Russia stessa ha stanziato ingenti somme per sostenere la natalità e prevenire l'aborto, usato ormai come semplice “contraccettivo”.
Che poi l'aborto sia considerato un “valore europeo” è tutto da dimostrare.
E' vero che tutto sembra ruotare intorno al concetto dei “miei diritti”, dove per “diritti” si intendono i bisogni soggettivi riconosciuti tali dalla “maggioranza” del momento. E' vero che prima l'aborto ed ora il “fine vita” sono oggetto di una pressione “culturale” e mass mediatica a tutto campo, ma che l'aborto non sia un diritto è stato deciso dal Tribunale Europeo dei Diritti Umani il 16 dicembre 2010. Chiamato in causa per una diatriba relativa a una sfida alla Costituzione irlandese, la sentenza è stata che il “divieto di abortire” nella costituzione irlandese non viola la Convenzione Europea dei Diritti Umani. In pratica il Tribunale non ha riconosciuto un “diritto” all'aborto, ma ha riconosciuto il “diritto alla vita” del non nato come “diritto legittimo”.
Non è un diritto assoluto ma è tuttavia un diritto che deve essere valutato alla pari con altri interessi in conflitto, come la salute della madre o altri interessi sociali. Anche se c'è un ampio consenso pro-aborto nella legislazione europea, questo non crea alcun nuovo obbligo, come in altri temi dibattuti a livello sociale e morale. E' certamente una novità inaspettata perché fin'ora mai era stata espressa una sentenza che riconoscesse chiaramente un diritto autonomo alla vita del bambino non nato. In questo modo uno Stato sarà libero di fornire un grado molto elevato di protezione del diritto alla vita del bambino “non nato”, diritto che può superare legittimamente altri diritti in conflitto garantiti. Così ha fatto l'Ungheria, forte della sua nuova Costituzione.
In fondo fra le tante inutili pubblicità, ben venga un cartellone che chiede di salvare un bambino.