Sconcertanti rivelazioni eugenetiche Gabriele Soliani
Un incredibile articolo del quotidiano danese “Berlingske” sostiene che entro il 2030 la sindrome di Down (trisomia 21) scomparirà in Danimarca grazie alla diagnosi prenatale, che permette di individuare ed eliminare prima della nascita i bambini affetti dalla malattia genetica. «Nel 2030 nascerà l'ultimo bambino Down», questo è il titolo farneticante.
E’ chiaro che sarà impossibile eliminare l’imperfezione genetica, quindi non sarà debellata la malattia ma semplicemente saranno abortiti tutti i bambini down. Per eliminare la malattia si elimina la persona e questo è paradossale. E non è detto che si fermino solo alle persone down. In Inghilterra, ad esempio, lo Stato si è spinto anche più in là ritenendo inaccettabile qualsiasi anomalia fisica; la legge infatti consente l'aborto fino al nono mese se il bambino ha il labbro leporino o se ha un dito in più. Chi stabilirà il limite dell’imperfezione?
Siamo in presenza di un violento e crudele eugenismo che invece di cercare le cause delle malattie e le possibili cure, rinuncia al progresso della medicina. Questa mentalità riporta alla memoria la tragedia del nazismo che si accanì proprio sui disabili con una ferocia inaudita. Anche l’articolo del quotidiano danese sembra parlare di una programmazione studiata e attuata per convincere le donne e le coppie ad abortire i loro figli con la sindrome di down. L’accanimento contro queste persone ha una violenza che non trova riscontro per altre disabilità.
Josephine Quintavalle, la più nota esponente laica del movimento pro-life britannico, fondatrice e direttrice del “Comment on Reproductive Ethics” (l’osservatorio sulle tecniche riproduttive umane), dice che… «Mentono perché non è stata fatta alcuna scoperta per combattere la malattia. La verità è che rimediano uccidendo chi ne è affetto. Ma siamo sicuri di preferire la perfezione alla carità?».
Un altro sconcertante eugenismo accade in India ed è la soppressione delle bambine prima che nascano. La Bbc inglese, sulla scorta di uno studio dell’Università di Oxford, rivela che anche le comunità indiane che vivono in Inghilterra praticano l’infanticidio attraverso l’aborto eugenetico. Le chiamano “bambine perdute”. Il Times di Londra usa esplicitamente la parola “genocidio”.
La dottoressa Shanta Durge, fondatrice del movimento “Save the Girl Child”, afferma che ogni giorno in India, dove in teoria l’individuazione del sesso mediante ecografia è vietata per legge, si praticano migliaia di aborti selettivi. Secondo le Nazioni Unite duemila feti femminili vengono abortiti illegalmente ogni giorno nel “giardino dell’induismo”. In India 10 milioni di feti femminili sono stati abortiti in 20 anni. A rivelarlo è la prestigiosa rivista inglese The Lancet: ogni anno scompare una città di 500.000 bambine. In India mancano all’appello più di sessanta milioni di femmine entro i sei anni. L’Indian Medical Association ha parlato di un “olocausto silenzioso”. Il giornale “India Today” è arrivato a definire i medici come una vera e propria “Gestapo dei generi”. «Dove sono andate a finire tutte le bambine?» chiedeva il Financial Times nel febbraio del 2003. L’India è diventata la nazione al mondo con la percentuale più bassa di donne. Secondo l’Onu in Cina c’è il rischio di aborti o infanticidi per 40-60 milioni di bambine. In base alle stime del governo comunista in Cina ci sono 120 maschi ogni 100 femmine. Bisogna ricordare che Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione fissa a 950 maschi ogni 1.000 femmine il normale rapporto della natalità maschio/femmina, e questo è largamente disatteso.
In Corea del Nord l’eugenetica ha un ghigno totalitario. Il dottor Ri Hwang-chol, fuggito dai gulag di Pyongyang grazie a New Right Union, organizzazione religiosa che assiste i fuoriusciti dal regime rosso del defunto Kim Jong Il, ha da poco denunciato che: «Non ci sono disabili nella Corea del Nord». «I bambini con disabilità sono uccisi appena nati o abortiti negli ospedali o a casa, seppelliti in tutta fretta. La pratica è incoraggiata dallo stato come un modo per purificare le masse ed eliminare le persone che possono essere considerate differenti».
C’era stato il libro di Bradley Martin, “Under the Loving Care”, nel quale si parla dell’assenza di handicappati a Pyongyang. Il 16 gennaio 2003 l’Herald Tribune pubblicò l’inchiesta di Nicholas Kristof: «La volta in cui mi fu concesso di entrare in Corea del Nord, anni e anni fa, non ho potuto trovare nessuno in carrozzella, sulle stampelle o senza una gamba». Le notizie simili sono molte di più e fanno rabbrividire. Per questo insistere sul valore della vita nascente è un compito profetico di tutti.