Siamo ancora in un tempo sospeso. Non è più il momento del blocco totale, in parte le attività sono riprese, ma nei contatti sociali e personali dobbiamo osservare precauzioni e mantenere distanze che irrigidiscono i rapporti, togliendo loro, almeno in parte, la spontaneità.
Siamo ancora in un tempo sospeso, dunque. Che ne sarà della vita diocesana che è l’argomento di questa rubrica?
Nei mesi appena trascorsi, il piano pastorale previsto e qui illustrato in diversi articoli si è in gran parte fermato, come praticamente tutte le attività parrocchiali, ad eccezione di quelle inerenti alla carità e al sostegno delle persone bisognose, di molto aumentate in questo doloroso periodo. Il sacrificio più grande è stato sicuramente il dover rinunciare a partecipare alla Santa Messa; le numerose celebrazioni trasmesse in tv o sui social, sono state una ben magra consolazione. Sappiamo per certo (perché diversi sacerdoti e vescovi lo hanno dichiarato) che anche ora che andare a messa si può, solo una parte dei fedeli ha ripreso a partecipare regolarmente alla Messa domenicale: paura del contagio (ma le chiese sono sicuramente il luogo in cui le prescrizioni e le norme di sicurezza sono meglio rispettate!) o convinzione che “tanto la Messa in tv è valida e soddisfa il precetto” e quindi perché andare in chiesa? Scrive il cardinale Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, nella lettera "Torniamo con gioia all'Eucarestia!- approvata da papa Francesco - scritta il 15 agosto e indirizzata a tutti i presidenti delle conferenze episcopali del mondo:
Non possiamo vivere da cristiani senza partecipare al Sacrificio della Croce in cui il Signore Gesù si dona senza riserve per salvare, con la sua morte, l’uomo che era morto a causa del peccato; Non possiamo senza il banchetto dell’Eucaristia, mensa del Signore alla quale siamo invitati come figli e fratelli per ricevere lo stesso Cristo Risorto, presente in corpo, sangue, anima e divinità in quel Pane del cielo che ci sostiene nelle gioie e nelle fatiche del pellegrinaggio terreno;
Non possiamo senza la comunità cristiana, la famiglia del Signore: abbiamo bisogno di incontrare i fratelli che condividono la figliolanza di Dio, la fraternità di Cristo…
Non possiamo senza la casa del Signore, che è casa nostra, senza i luoghi santi dove siamo nati alla fede …
Non possiamo senza il giorno del Signore, senza la Domenica che dà luce e senso al succedersi dei giorni del lavoro e delle responsabilità familiari e sociali.
Il fatto è che – e alcuni lo hanno sottolineato – noi cristiani non sempre abbiamo reagito di fronte alla pandemia come da noi ci si sarebbe aspettato: con speranza, cioè, non con il futile atteggiamento di chi per settimane ha proclamato dai balconi un roboante quanto vacuo “Tutto andrà bene!” (su sfondo ovviamente arcobalenato), ma con la speranza di cui sempre ci ha parlato la Chiesa. Dice il nostro vescovo, il cardinale De Donatis:
Questo augurio bellissimo – Tutto andrà bene- rimane ancora una speranza solo umana. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che tutto è già andato bene e che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita. (Omelia pronunciata a Lourdes, il 27 agosto 2020, durante la Messa che ha concluso il pellegrinaggio della diocesi di Roma).
Del resto, basterebbe citare san Paolo: noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno (Lettera ai Romani, 28)
Questa è la speranza che noi cristiani dovremmo essere capaci di trasmettere al mondo, invitandolo alla conversione (e convertendoci anche noi per primi!): il che naturalmente non significa trascurare tutti quei comportamenti di prudenza e di attenzione che la presenza di una pandemia comporta. E quindi manteniamo le distanze interpersonali, ma con la certezza che il sacrificio che facciamo ha un senso, come per un cristiano hanno senso tutti gli avvenimenti della vita.
Il problema è appunto, così mi pare, la conversione, o almeno il desiderio di tornare ( = convertirsi) all’ atteggiamento proprio del cristiano che tutto considera alla luce dell’insegnamento di Gesù, così come il Vangelo ce lo ha trasmesso e la Chiesa lo ha tramandato. Invece a volte ci capita di comportarci come si comporta il mondo, di ‘vedere’ gli avvenimenti con gli occhi del mondo invece che con gli occhi di Gesù.
Il piano pastorale che (con un respiro addirittura settennale!) i vescovi della diocesi di Roma hanno a suo tempo predisposto e diffuso, dà largo spazio alla necessità di stabilire relazioni tra noi e con gli altri, anzitutto ascoltandone i bisogni (il grido) con profonda empatia e senso di partecipazione. Le regole imposte dalla pandemia sono andate e vanno nella direzione opposta: tendono ad allontanarci e a chiuderci in noi stessi. E’ il momento di cercare di riallacciare relazioni.
Nella lettera che il cardinale De Donatis ha inviato ai sacerdoti di Roma per la ripresa dell’attività pastorale, sembra proprio che egli abbia appunto l’intenzione di invitare i sacerdoti e con essi tutto il popolo a guardare al periodo trascorso e a quello che ancora stiamo vivendo con gli occhi colmi di quella speranza di cui egli stesso aveva parlato a Lourdes. Dice infatti:
...per qualcuno lo scenario che il futuro ci dischiude non è altro che il ritorno a “come eravamo prima del Covid”, ma mi sembra che questa crisi segni l’inizio di una fase nuova. Questo non avverrà automaticamente, ma dipenderà dall’accogliere o meno quello che il Signore ha seminato in questo tempo, dal seguire o non seguire quei segnali che Egli ha posto sul nostro cammino.
Non è questo un invito a guardare a questo tempo con gli occhi del cristiano che sa di essere nelle mani del Signore e sa che quelle mani non lo abbandoneranno mai? Se crediamo in Dio – e, con il Suo aiuto, noi ci crediamo- non comportiamoci come chi, pur non professandosi ateo, vive come se Dio non ci fosse e ripone nell’uomo tutte le sue speranze.
A cura di Antonella
ATTIVITA’ DELLA DIOCESI
Il 19 settembre 2020, il Santo Padre ha nominato vicegerente della diocesi di Roma monsignor Gianpiero Palmieri, finora vescovo ausiliare per il settore Est, conferendogli la dignità di arcivescovo nella sede titolare di Idassa (antica diocesi della Numidia, l’attuale Algeria, soppressa dopo la conquista islamica di quei territori. Oggi la diocesi di Idassa sopravvive solo di nome, quindi il vescovo che ne è titolare non ha giurisdizione sul territorio). A monsignor Palmieri i nostri migliori auguri per l’importante incarico che gli è stato affidato: sarà quindi il più stretto collaboratore del vicario di Roma, cardinale De Donatis.
Aspettiamo di conoscere al più presto il nominativo del nuovo vescovo ausiliare per il settore Est.
- Il 3 Ottobre 2020, nella Arcibasilica di San Giovanni in Laterano, Cattedrale di Roma, saranno ordinati dal card. De Donatis, quattro nuovo sacerdoti. Rendiamo grazie a Dio