ASSEMBLEA DIOCESANA
Lo scorso 9 maggio Papa Francesco ha presieduto l’assemblea diocesana nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Purtroppo, l’annuncio di questo incontro è stato dato con grande ritardo, ormai a ridosso della giornata del 9 maggio, e non ci è stato possibile preavvertire i lettori di questo giornalino, alcuni dei quali forse avrebbero avuto piacere di partecipare personalmente. Per fortuna i testi dei vari discorsi pronunciati in quella occasione sono stati inseriti nel sito della Diocesi ed è ad essi quindi che faremo riferimento per farne qui un breve resoconto. Chi invece volesse leggerli integralmente può consultare il sito www.diocesidiroma.it.
Il primo ad intervenire è stato mons. Mario Pecchielan, parroco di San Giovanni Battista De Rossi, al quale è stato affidato il compito di riferire sul percorso effettuato dalla diocesi di Roma in questo anno pastorale (che è il secondo del progetto settennale che ci porterà all’anno giubilare del 2025) percorso che noi abbiamo seguito e descritto in alcuni articoli di questo giornalino.
Memoria e riconciliazione sono stati i passaggi vissuti in quest’anno: abbiamo così preso coscienza, rileva mons. Pecchielan, che negli anni che vanno dal Concilio ad oggi il Signore non ha abbandonato la sua Chiesa. La Diocesi ha visto la nascita di nuovi movimenti, il rinnovato protagonismo dei laici, il movimento catechistico, il grande sviluppo della carità e del servizio ai poveri ed ha vissuto alcune indimenticabili esperienze ecclesiali come il convegno del febbraio 1974 sui “mali di Roma”, e la missione cittadina che ci ha preparato al grande Giubileo del 2000 e alla Gmg di Roma. Ripercorrendo quegli anni con la memoria abbiamo anche visto i nostri errori per cui chiedere perdono a Dio e chiederci perdono gli uni gli altri, cosa che è avvenuta durante le celebrazioni penitenziali parrocchiali e di prefettura.
Mons. Pecchielan, giustamente, si chiede a questo punto: : questo percorso che abbiamo iniziato in che misura sta incidendo nella vita delle nostre comunità? Anche se il programma che stiamo svolgendo è un cantiere aperto, dove tutto può essere rimodulato, va detto realisticamente che i passaggi fatti finora hanno coinvolto una minima parte delle nostre comunità. Ma la grande maggioranza degli abitanti dei nostri quartieri è rimasta ai margini. E poi le percentuali sono pesanti: calo dei battesimi, tanti bambini che dopo la prima comunione non continuano il cammino della cresima, forte calo dei matrimoni in Chiesa, calo delle vocazioni e seminari ridotti ai minimi termini, la pratica domenicale intorno al 10%. Non mi sembra esagerato dire che siamo in piena crisi di fede.
Forse questo quadro è un po’ troppo pessimistico, osserviamo noi, ma comunque ci fa riflettere e continuare ad ascoltare mons. Pecchielan, secondo il quale la questione fondamentale e urgente non può che essere una: una nuova evangelizzazione di Roma. In passato si è tentato di farlo (ricordiamo tutti la missione cittadina), ma poi ci si è fermati lì . Ci vuole uno stile di missione permanente. La sfida sta tutta qui e soprattutto nello scoprire il come e da che parte gettare la rete. Non possiamo certo riproporre formule del passato. Bisogna inventare una modalità nuova, un linguaggio nuovo di missione… Tutti noi, pastori e fedeli, in questo momento, ci sentiamo piccoli. Abbiamo bisogno di fiducia, ancora non ci hanno rubato la speranza! E – conclude , rivolgendosi al Papa - Lei nostro vescovo è un vero testimone di fiducia e un profeta di speranza. Ci aiuti ad andare avanti!
A questo punto è intervenuto il cardinale vicario Mons. De Donatis, il quale ha chiesto al Papa di dare inizio alla terza tappa, quella dell'ascolto del grido della città. E’ una tappa che ci coinvolgerà per tutto il prossimo anno. Il cardinale aveva già ampiamente spiegato lo scorso settembre questo terzo punto del piano pastorale e il suo discorso è stato già riassunto nel precedente numero del giornalino. Ora capiamo che in realtà questa terza tappa avrà inizio quest’anno con la Pentecoste, ma si svolgerà l’anno prossimo. Comunque, per poter affrontare questa tappa, dobbiamo fare come Mosè: scendere fra il popolo e ascoltarlo. Dobbiamo porci in ascolto.
Si comincia subito, ascoltando tre testimonianze che precederanno l’intervento del Santo Padre.
Simona Vassallucci, responsabile di due case famiglia, nell’ambito del progetto “Ospedale da campo”, un progetto che si occupa di realtà giovanili in forte difficoltà e con varie dipendenze.
La relatrice mette in evidenza che ogni giorno, nei centri commerciali, nei bar, nelle piazze, nelle discoteche, nei ritrovi informali è possibile incontrare tanta gioventù abbandonata a se stessa, senza una prossimità adulta che le stia accanto, assai spesso senza un riferimento familiare… Sono giovani in compagnia della loro solitudine, alla merce del business di adulti senza scrupoli, e i ragazzi così vivono disagi che esplodono all’improvviso: è un grido assordante! Giovani così giocano con la vita, della fede non sanno che farsene. Occorre dunque generare processi pastorali aggiornati in uscita, senza indugiare sulle abituali iniziative pastoral-parrocchiali.
Doretta Perelli, insieme al marito Paolo si occupa di pastorale familiare in una parrocchia di Roma. Fa un intervento breve, ma incisivo:
Le portiamo Santità il grido:
-delle giovani coppie che decidono di sposarsi tra la speranza che sia “per sempre” e la paura di affrontare ogni giorno.
-delle coppie che si aprono alla sfida della genitorialità, dei bambini, degli adolescenti che chiedono a noi genitori radici in un mondo frammentato e ali che accettino l’avventura del volo.
-di tante famiglie che attraversavano tante ferite: quella dell’infertilita, dell’aborto, della separazione, della malattia sperimentando profonda solitudine
- delle famiglie con figli diversamente abili che ogni giorno lottano tra istituzioni e discriminazioni per garantire ai propri figli ciò di cui hanno bisogno
- delle famiglie in cui ci sono anziani che hanno bisogno di cure impegnative e continue. E di tanto affetto
Don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma, descrive al Papa l’esperienza che vive insieme agli altri numerosi operatori e volontari: quotidianamente, incontriamo situazioni e drammi talmente complessi e dolorosi che l’impotenza potrebbe afferrare il nostro cuore. Siamo sopraffatti dalle richieste e marchiati nel cuore dal dolore per non riuscire a far fronte a tutte le richieste. Si tratta delle centinaia di migliaia di anziani che vivono soprattutto la solitudine nelle loro case o delle migliaia di persone che vivono per la strada o che vivono nelle periferie e chiedono lavoro, casa, attenzione, compagni di fiducia nel quotidiano; o ancora delle migliaia di giovani che si sentono smarriti, manipolati e infine delle popolazioni delle carceri e dei rom, che sono gli ultimi degli ultimi. E continua: Forse riusciamo a donare qualcosa, ma abbiamo sempre fame di ricevere da loro perché, afferma don Ben, loro ci insegnano il valore della vita, terrena ed eterna
E conclude: servire i poveri per noi è sempre occasione di ricevere una Buona Notizia in modo fresco e autentico! Quando poi insieme a loro ci mettiamo seduti attorno al banchetto dell’Eucaristia, la nostra gioia è piena. Grazie!
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A queste brevi testimonianze è seguito il discorso di papa Francesco, il quale ha subito affermato con forza che, sebbene dopo aver ascoltato tanti problemi la tentazione che nasce in noi è quella di risistemare le cose, ciò che dobbiamo fare è reggere lo squilibrio. Non è di una diocesi funzionalizzata che abbiamo bisogno (questo sarebbe funzionalismo, da rifuggire come il clericalismo). Quindi chiediamo al Signore la grazia di non cadere in una diocesi funzionalista, nella quale tutto appare funzionare alla perfezione, ma dove in realtà non abbiamo toccato con mano i veri problemi delle persone.Detto ciò, papa Francesco riafferma la necessità di ascoltare con il cuore il grido che viene dalla città di Roma e invita tutti a predisporsi a questo ascolto meditando un brano evangelico, Mat.18, 1-14
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.
Il Pontefice fa anzitutto notare che Gesù mette al centro un bambino, in un momento storico in cui i bambini sotto i 12 anni non avevano nessuna rilevanza sociale ….Quindi il primo sentimento da avere nel cuore, per sapere ascoltare, è l’umiltà e il guardarsi bene dal disprezzare i piccoli, chiunque essi siano, giovani affetti da orfanezza o finiti nel tunnel della droga, famiglie provate dalla quotidianità o sfasciate nelle relazioni, peccatori, poveri, stranieri, persone che hanno perso la fede, persone che non hanno mai avuto la fede, anziani, disabili, giovani che cercano il pane nell’immondizia… Guai a chi guarda dall’alto in basso e disprezza i piccoli….Chi è senza umiltà e disprezza non sarà mai un buon evangelizzatore, perché non vedrà mai al di là delle apparenze. Penserà che gli altri siano solo nemici, dei “senza Dio”, e perderà l’occasione di ascoltare il grido che hanno dentro,
La seconda caratteristica di chi vuole porsi realmente in ascolto dell’altro è il disinteresse. Nel Vangelo che è stato letto, il pastore non ha alcun interesse personale ad uscire per andare alla ricerca della pecora che si è perduta. Eppure va e porge l’orecchio per ascoltarne la voce. Così dovrebbe essere sempre. Invece spesso i pastori si occupano delle pecore (a volte ben poche) che sono al sicuro nel recinto. Stanno lì, a pettinarle così dice il Papa, rimangono anche loro al riparo e non escono a cercare le molte altre che si sono perdute o che mai nessuno ha avvicinato. Dimenticano di essere pastori e solo soltanto pettinatori di pecore. Così noi, preti, suore, laici con la vocazione di lavorare, cadiamo tante volte nella tentazione del narcisismo e dell’autoreferenzialità, i peccati dello specchio (così li chiama il Papa)
Chi vuole porsi in ascolto deve infine possedere una terza caratteristica: deve vivere le Beatitudini che sono Vangelo creduto e vissuto. Dice papa Francesco: Alle persone fragili, ferite dalla vita o dal peccato, ai piccoli che gridano a Dio possiamo e dobbiamo offrire la vita delle Beatitudini che anche noi abbiamo sperimentato, cioè la gioia dell’incontro con la misericordia di Dio, la bellezza di una vita comunitaria di famiglia dove si è accolti per quello che si è, delle relazioni davvero umane piene di mitezza.
A chi sinceramente vuole ascoltare il grido del povero, papa Francesco offre due punti di riferimento: l’enciclica di Paolo VI Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975) e la sua esortazione Evangelii gaudium (in particolare i num. 61-75) che di quel precedente documento è l’aggiornamento. In particolare, in vista del cammino del prossimo anno, il Papa ci esorta a:
1) Esercitare uno sguardo contemplativo sulla vita delle persone che abitano la città. Guardare. E per far questo, in ogni parrocchia cerchiamo di comprendere come vivono le persone, come pensano, cosa sentono gli abitanti del nostro quartiere, adulti e giovani; cerchiamo di raccogliere storie di vita. Storie di vite esemplari, significative di quello che vive la maggioranza delle persone. Possiamo raccogliere queste storie di vita interrogando con amicizia i genitori dei bambini e dei ragazzi, o andando a trovare gli anziani, o intervistando i giovani a scuola, d’intesa con i loro insegnanti. In particolare, sottolinea il Papa, è importante ascoltare gli anziani, per rimanere in contatto con le nostre radici. Nella società di oggi, nella quale tanto spazio è dato alla tecnologia virtuale, rischiamo di essere individui liquidi o per meglio dire gassosi, persone cioè senza consistenza, perché sradicati.
2) Secondo compito: esercitare uno sguardo contemplativo sulle culture nuove che si generano nella città. Lo sappiamo, la città di Roma è un organismo che palpita: prendiamo consapevolezza che lì, dove le persone vivono e si incontrano, si produce sempre qualcosa di nuovo che va al di là delle singole storie dei suoi abitanti. In questo nuovo che nasce c’è del bene e del male. Il male è spesso sotto gli occhi di tutti: ...segregazione, violenza, corruzione, criminalità, traffico di droga e di esseri umani, abuso dei minori e abbandono degli anziani. Si generano così delle tensioni insopportabili. Come avete ricordato, ci sono in tanti quartieri di Roma guerre tra poveri, discriminazioni, xenofobia e anche razzismo ...Ma nella città c’è anche tanto bene, perché ci sono luoghi positivi, luoghi fecondi: lì dove i cittadini si incontrano e dialogano in maniera solidale e costruttiva, ecco che si crea «un tessuto connettivo dove persone e gruppi condividono diverse modalità di sognare la vita, immaginari simili, e si costituiscono nuovi settori umani, territori culturali invisibili» (EG, num. 74.).
E conclude: Il Signore benedica il nostro ascolto della città. E poi, ci diamo appuntamento a Pentecoste. Sarà per noi l’incontro con il volto del Signore nel roveto ardente. Ci toglieremo i sandali, ci veleremo il volto e diremo a Dio il nostro “sì”: Ti seguiamo mentre scendi in mezzo al popolo, per ascoltare il grido dei poveri.
A cura di Antonella
ATTIVITA’ DELLA DIOCESI
8 giugno 2019: veglia diocesana di Pentecoste. Alle ore 18,30 in piazza S. Pietro il Papa celebrerà la santa Messa. Al termine l’icona della Madonna del Divino Amore sarà accompagnata processionalmente da San Pietro a piazza di porta Capena, da dove poi partirà il pellegrinaggio notturno fino al Santuario.
24 giugno, ore 19: i sacerdoti e alcuni collaboratori pastorali si incontreranno nella Basilica di San Giovanni per celebrare i Vespri. In questa occasione saranno consegnati gli obiettivi essenziali e le linee pastorali per il prossimo anno pastorale.
Sul sito della diocesi a tutt’oggi non trovo notizie di celebrazioni riguardanti la festa del Corpus Domini che quest’anno cade domenica 23 giugno. L’anno scorso il Papa - interrompendo la tradizione per la quale il giovedì precedente la domenica del Corpus Domini veniva celebrata la santa Messa in piazza san Giovanni da dove poi partiva la processione verso santa Maria Maggiore - ha celebrato questa festa ad Ostia. Chi è interessato cerchi di informarsi in prossimità dell’evento.
N.B. : sono terminate il 13 maggio scorso le catechesi del cardinale vicario sulla Gaudete et exultate. Ne riferirò sui primi numeri del giornalino del prossimo anno