Tratto da Lutto proibito: il dolore taciuto dell'aborto
di Theresa Burke, Ph.D.
Appena iniziato il mio dottorato di ricerca mi venne affidato l'incarico di portare avanti un gruppo di supporto settimanale per donne con disturbi dell'alimentazione. E' stato lì che ho osservato per la prima volta quanto l'aborto sia un lutto "proibito".
Tutto cominciò con Debbie. Con cautela e timore confidò al gruppo che aveva dei flashbacks di un aborto accaduto diversi anni prima. Aveva anche degli incubi ricorrenti che riguardavano sempre un bambino.
Questi ricordi intrusivi erano di per sé sufficientemente sgradevoli. La sua ansia veniva aggravata, comunque, dal suo ex-marito. Lui le telefonava e lasciava messaggi sulla segreteria telefonica chiamandola assassina, descrivendo l'aborto con crudi e orribili dettagli. Debbie trovava questo estremamente fastidioso, non solo per se stessa ma per i suoi tre bambini che spesso si trovavano ad ascoltare il messaggio registrato.
Dopo queste telefonate Debbie diventava abbastanza agitata. In numerose occasioni aveva avuto pensieri di suicidio e si era già procurata delle ferite da taglio. Ripetutamente si era tagliata i polsi con la lama di un rasoio e spesso era finita al pronto soccorso dell'ospedale locale.
Debbie aveva sempre avuto problemi di peso, ma i suoi disordini alimentari si erano manifestati in tutta la loro gravità dopo il suo aborto. Era gravemente anoressica. La sua storia provocò una serie di confessioni all'interno del gruppo.
Beth Ann disse che lei sapeva come si sentiva Debbie, perchè anche lei si era sottoposta ad un aborto. "Io morirei se qualcuno costantemente mi riportasse alla memoria quell'esperienza. E' una cosa che cerco di dimenticare. Tuo marito è un uomo orribile" disse Beth Ann con disprezzo.
Diane immediatamente saltò su, con una smorfia irritata. "Che si f****! Abbiamo il diritto di controllare i nostri corpi e decidere se vogliamo la loro f****** interferenza con i nostri corpi. Che vada all'inferno!"
Le altre donne rimasero in silenzio.
"Diane, sembri abbastanza arrabbiata", osservai. " Qualcuno ti ha ferita in questo modo?"
Diane rifiutò quest'idea con certezza assoluta. "Nessuno mi ferisce!" sentenziò” Specialmente gli uomini! Ecco perchè ho abortito, così quello s****** non avrebbe avuto niente a che fare con me e non mi avrebbe rovinato la vita. E sai cosa? E' stata la cosa migliore che io abbia mai fatto. Nel prendere il controllo della tua vita non c'è niente di cui sentirsi colpevole. Che si f**** chiunque cerchi di dirmi che devo sentirmi diversamente. Si f****** tutti!".
In quel momento Judith, ovviamente molto irritata, si alzò e abbandonò la stanza.
Non appena Judith chiuse la porta, Sarah, normalmente calma e riservata, chiese cortesemente a Diana di non essere volgare. Le disse che il suo linguaggio volgare probabilmente era offensivo per alcune persone e mostrava davvero una mancanza di classe.
Diane rispose immediatamente" f****ti anche tu, puritana! Siete tutte una massa di presuntuose."
Iniziai a sentirmi decisamente inadeguata in questa situazione e mi chiedevo come proseguire l'incontro, che in quel momento sembrava una nave da guerra che affondava velocemente con lo scafo bombardato da una raffica di torpedo.
Settimana dopo settimana avevamo discusso questioni di grande impatto emozionale: madri, padri, relazioni problematiche, dinamiche familiari, dipendenze, divorzi, stima di se, stress, conflitti sessuali, lesbianismo, depressione, e uno spettro di altre questioni che provocano ansia. Ma mai avevo visto un argomento suscitare tanta ostilità, paura e dolore tra i membri del nostro gruppo. L'incontro stava diventando incontrollabile come un vulcano in eruzione, mentre i membri del gruppo buttavano fuori i loro tossici sentimenti con attacchi verbali reciproci. Desideravo solo che l'incontro finisse. Non vedevo l'ora di andare a casa.
Improvvisamente, Lasheera, che di solito sedeva in fondo e osservava le altre, aggiunse, "Controllatevi! State calme tutte quante!"
Il bianco intorno ai suoi occhi scuri brillava di un'intensità enorme sulla carnagione nera come raggi di luce segnalando un cessate il fuoco. "Vi piace il mio maglione nuovo?" chiese con sincera curiosità.
Finimmo presto l'incontro quella sera.
Quando arrivai a casa, chiamai Judith, che si era allontanata dall'incontro, per assicurarmi che lei stesse bene. Judith disse che si scusava per essere uscita così di botto, ma poi aggiunse, "odio l'argomento dell'aborto e vorrei che si potesse piuttosto focalizzare la discussione sui disturbi alimentari."
Le chiesi se anche lei aveva avuto un'esperienza di aborto. Dopo un prolungato silenzio mormorò: "è stato tanti anni fa. Davvero non ho voglia di parlarne."
Gli avvenimenti di quel pomeriggio occuparono la mia mente per l'intera settimana. Il nostro gruppo di discussione non aveva aiutato neanche lontanamente qualcuna di queste donne ad affrontare la loro tremenda ansietà riguardo i loro passati aborti. Avevamo solo grattato la superficie. Sei delle otto donne nel nostro gruppo avevano subito degli aborti. Le altre due erano state molestate sessualmente da bambine. Il denominatore comune nelle loro storie era un evento traumatico, aborto o molestia sessuale, che alcune non erano neanche in grado di verbalizzare.
Se i loro sentimenti riguardo i loro aborti erano talmente potenti, volevo sapere di più su di essi. Le emozioni inespresse sono la chiave del trattamento dei disordini alimentari. Poiché le donne con disordini alimentari sono concentrate oltremisura sull'immagine di se stesse e sul piacere agli altri, spesso negano e reprimono i loro reali sentimenti. Questo si realizza legando le loro emozioni e ansietà con comportamenti rituali. I loro disturbi alimentari sono una battaglia con il cibo, che è in realtà un surrogato di nemico, un simbolo di sentimenti negativi come dolore, tensione, rabbia, frustrazione, noia, paura. In questo senso un disordine alimentare serve a distrarre una persona da altri problemi che non riesce ad affrontare. Sapevo che era ragionevolmente sospettabile che il trauma dell'aborto fosse stato mascherato dai disordini alimentari. Come spiegò Sarah più tardi:
"Non ho fame quando mi abbuffo... mangio perchè sono piena. Piena di rabbia, di dolore, di tristezza, di solitudine. Vomito perchè è il modo in cui svuoto me stessa di questi sentimenti."
Entrare a contatto con tali sentimenti è fondamentale per il recupero. Comunque, questo può essere un percorso faticoso, perchè ogni discussione su queste emozioni sgradevoli genera tremenda resistenza, negazione e paura.
La questione dell'aborto era certamente un argomento minaccioso per il nostro gruppo. Quelle che riuscivano a parlarne ci riuscivano solo biasimando con rabbia gli altri. In una discussione seguente, tutte e sei le donne indicarono che i loro aborti erano state forse le decisioni più difficili che avessero mai preso. Allo stesso tempo, comunque, negavano che i loro aborti avessero avuto effetti significativi sulle loro vite. Questa asserzione che l'esperienza di aborto fosse una "piccola cosa," era in netto contrasto con le intense emozioni e i tentativi di evitare il discorso che io avevo notato. Era evidente che molti sentimenti inesplorati e irrisolti venivano repressi e soppressi.
Sfortunatamente, comunque, non mi fu permesso a quel tempo di andare più a fondo nelle ovvie difficoltà con i passati aborti del mio gruppo. Quando condivisi le mie impressioni con il mio supervisore, uno psichiatra, si irritò e si mise sulla difensiva. Mi disse chiaramente che non era affare mio indagare sugli aborti della gente. Puntai sul fatto che era stata Debbie a sollevare il tema a causa dei suoi flashbacks. Lui insistette che i flashbacks di Debbie erano una reazione psicotica prodotta dai farmaci che stava prendendo. Replicai puntando sul fatto che il suo aborto era stata una esperienza realmente traumatica e che i suoi flashbacks sembravano molto simili a un disordine da stress post-traumatico. Quando suggerii che avrebbe potuto essere di aiuto per lei parlarne, lo psichiatra mi guardò fissa negli occhi dicendo, "Questo è un supporto per disordini alimentari... non aborto." Mi istruì fermamente dicendomi di non riprendere più l'argomento.
(Continua al numero successivo)