Testimonianza di Julie
di Julie Schomp
Se solo avessi visto qualcuno alzarsi in Chiesa per dirmi che Dio desiderava perdonarmi per ciò che avevo fatto. Se solo qualcuno mi avesse detto che Dio non mi odiava. Se avessi sentito parlare di questo ritiro dal pulpito, mi sarei risparmiata sedici anni di vita d’inferno.
La Vigna di Rachele è un apostolato indirizzato alle donne e agli uomini che hanno bisogno di un aiuto per fare un cammino di ricupero spirituale ed emozionale dopo l’esperienza con l’aborto volontario.
Questo “cammino di ricupero” è, infatti, un cammino di pentimento nel senso più bello della parola. Offre l’opportunità di rivedere tutto il percorso della propria vita, soprattutto i momenti di più grande dolore e vergogna, tramite gli occhi di Dio e la Divina Misericordia. La Vigna di Rachele ci permette di fare precisamente ciò che ha ammonito Papa Giovanni Paolo II nel suo messaggio dell’ Evangelium vitae alle donne che hanno abortito, in cui ci chiede di “comprendere… ciò che si è verificato” e di interpretarlo “nella sua verità”.
Il veicolo principale che ha fatto possibile la mia guarigione è il ritiro spirituale intensivo della Vigna di Rachele, fatto durante un fine settimana che dura da venerdì pomeriggio a domenica pomeriggio. Questo percorso è stato sviluppato dalla psicoterapeuta cattolica Theresa Burke, PhD.
Troppo spesso il lutto provato da donne – e da uomini – dopo l’esperienza dell’aborto si tace e si tiene dentro, solo per emergere in un momento futuro, in modi autodistruttivi. Il weekend aiuta queste persone ad ammettere e ad apprezzare la realtà della vita del loro bambino mai nato, e aiuta ad analizzare le influenze e le pressioni che le hanno spinto ad abortire. Il ritiro impiega degli esercizi e delle meditazioni fatti in gruppo, e offre la celebrazione dei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia.
Ventisei anni fa ho abortito. Negli anni seguenti ho provato un vero e proprio tormento emozionale e spirituale. La mia sofferenza ha avuto un grande impatto sul mio matrimonio, sulla mia famiglia e sulla mia fede, insomma, su tutta la mia vita. Il ritiro della Vigna di Rachele mi ha offerto un’opportunità di incontrare, veramente, Gesù per la prima volta dal momento in cui Gli ho voltato le spalle scegliendo di abortire.
Dopo aver ricevuto il dono della pace interiore attraverso il ritiro, sapevo di voler condividere con gli altri quel dono. Ho fatto un periodo di discernimento e di formazione che è durato più di un anno, e ora servo come membro dell’equipe che offre i ritiri. Questo ruolo mi permette di vedere la resurrezione di ogni partecipante che avviene mentre riacquista un senso dell’amore di Dio, un amore per il proprio bambino abortito, e un amore per se stessa. Le donne e gli uomini arrivano venerdì dimostrando, spesso, ovvi segni di ansia. Sono quasi percepibili la disperazione e l’odio per se stessi. Durante il trascorrere delle ore del weekend, Gesù e lo Spirito Santo iniziano ad operare, in modo dolce ma potente, nelle loro anime.
La presenza dei sacerdoti nei weekend è vitale, e rappresenta un elemento integrante del processo di guarigione vissuto da ogni partecipante. Non posso mettere abbastanza enfasi sull’importanza di avere la presenza del sacerdote durante l’intero weekend (sempre che sia possibile). Oltre il fatto che, nel nome di Cristo e della Chiesa, fa possibile che i partecipanti si accostino ai sacramenti, il sacerdote “incarna” in un modo speciale Gesù, rendendo possibile che i partecipanti incontrino la persona di Cristo in lui.
Spesso i partecipanti, in passato, hanno avuto un’esperienza negativa con la Chiesa o con un sacerdote particolare, e tale esperienza ha creato un muro di separazione tra l’individuo e la Chiesa. La presenza di un sacerdote, per tutto il weekend e non solo nei momenti strettamente sacramentali, che si preoccupa per il loro dolore, che desidera la loro guarigione, di un sacerdote che gli sta accanto nei momenti difficili, in cui esprimono le loro emozioni di rifiuto, solitudine e perdita dell’autostima, offre loro un incontro “faccia a faccia” con Gesù, Colui che ama la loro anima e che desidera guarire le loro ferite.
Per alcuni, il ritiro potrebbe rappresentare la prima volta che hanno parlato, da adulti, con un sacerdote. Questa è una buona opportunità di smantellare i muri che li separano dalla Chiesa, e rappresenta un momento per reintrodurre la luce di Cristo nella loro vita. Molti sacerdoti commentano, dopo aver partecipato ad uno di questi ritiri, che non hanno mai testimoniato più visibilmente presente e più attivo il potere guaritivo di Cristo.
Durante il percorso del ritiro il sacerdote diventa veramente parte del gruppo. Tramite il raccontare le proprie storie e l’entrare in ogni esercizio e rituale, tutti i presenti sono uniti in un solo Corpo sofferente di Cristo, e tutti accolgono e consolano amorevolmente gli altri senza neanche rendersi conto di quanto la propria esperienza e la propria presenza aiuta le sorelle e i fratelli. Durante le pause e attraverso la condivisione dei pasti i partecipanti vengono a conoscere a livello più personale il sacerdote. Questo sviluppo di rapporti, in un contesto rilassato, aiuta coloro che, altrimenti, potrebbero sentirsi nervosi davanti alla prospettiva di parlare con un sacerdote, ad avere un’esperienza di una conversazione comoda con un prete.
Questa esperienza crea una fiducia che farà più probabile e più facile che la persona si rivolga a Cristo, attraverso il sacerdote, nel confessionale.
L’opportunità di tornare “nel gregge” del Signore è l’essenza del weekend. Dalla comprensione e dall’accettazione del perdono di Dio viene anche l’abilità di iniziare a perdonare se stessi. Mentre il sostegno che i partecipanti offrono l’un l’altro rappresenta un elemento importante del ritiro, il sacerdote gioca il ruolo importante di offrire loro, in un modo tangibile, la conoscenza che Gesù e la Sua Chiesa desiderano il loro bene e si prendono cura di loro.
Una parte importante della mia guarigione durante il ritiro è stato il gesto di consacrare ciò che era stato dissacrato, e che prendevo per scontato fosse perso per sempre, ossia, il rapporto con il mio bambino abortito. Riconoscere la realtà di questa perdita è stato dolorosissimo, quasi insopportabile. Nonostante ciò, il ristabilire la mia relazione con mio figlio, l’arrivare alla conoscenza che egli è tenuto nella Misericordia del Signore e che posso vivere nella speranza di incontrarlo di nuovo, un giorno, nel Paradiso (se Dio ce lo concede) mi ha aiutato a risanare e a trovare, finalmente, la pace.
La Chiesa offre ai peccatori un rifugio e, alle persone che hanno abortito, offre la possibilità di vivere un’esperienza del perdono sacramentale. Nonostante ciò, l’accettazione del perdono di Dio dopo l’esperienza dell’aborto spesso richiede tutto un percorso, un processo più elaborato, di cui la confessione rappresenta solo una parte. Le emozioni represse (il lutto, la rabbia, i sensi di abbandono e di colpa, i sentimenti ambivalenti verso il bambino abortito) devono essere tutte elaborate prima che un individuo sia veramente pronto a ricevere e ad accettare il perdono di Dio e la guarigione sacramentale.
La Chiesa deve rendersi conto che gli uomini e le donne ferite dall’esperienza dell’aborto poche volte sono capaci di elaborare e di risanare, da soli, il loro dolore. Molti di loro hanno bisogno di un aiuto da parte di varie persone, che include, ma non si limita alla, presenza sacramentale del sacerdote. E’ questo il vantaggio del percorso offerto dalla Vigna di Rachele: la possibilità di riunirsi con altre persone che hanno vissuto una simile esperienza e hanno sofferto simili conseguenze, in un contesto di fede, guidati da un’equipe composta non solo da “esperti” ma anche da persone che hanno vissuto lo stesso percorso. Questa dinamica aiuta ad andare oltre la solitudine schiacciante dell’aborto e delle sue conseguenze.
Concludo pregando tutte le parrocchie e tutti i confessori di far conoscere ai fedeli la Vigna di Rachele. Imploro le diocesi, i gruppi di preghiera e i movimenti ecclesiali di appoggiarla in tutti i modi possibili, iniziando, ma non finendo, con la preghiera. Nella nostra comunità cattolica ci sono molti come me che potranno trarne un grande beneficio così da rinascere come sono rinata io.