GESU' CORONATO DI SPINE (Mt 27,27-31)
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!». E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo .
Poveri soldati, che ammazzano la noia tormentando l'Innocente, mettendo in pausa la loro coscienza e giustificandosi col pretesto che tutti facevano così. Non esiste una coscienza di gruppo, esiste una coscienza individuale, della quale dovremo rendere conto a Dio. Molte volte l'euforia del gruppo stimola la fantasia a nuove trovate esilaranti; in questo caso i poveri soldati, costretti a vivere lontano da Roma gaudente, pensano di inscenare una commedia, prendendo a spunto il motivo della condanna: “Ha detto di essere re, e allora celebriamo l'incoronazione da burla” e non si accorgono i poveri soldati, che mai incoronazione fu più vera di quella da loro pensata per umiliare il Condannato!
Quelle spine diventano monito ai re della terra a considerare la regalità come servizio d'amore.
“ E gli davano colpi sulla testa ”: Povera testa sanguinante di Gesù, che paga per tutti i nostri “colpi di testa” superbi, per tutte le nostre presunzioni e vanità! Chi mai potrà giustificare quei colpi sulla testa del Figlio di Dio, che poté dire di sé: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”?...
Ma Egli era il “grande peccatore”, avendo accettato di prendere su di sé il peccato e le presunzioni di tutti gli uomini. Il Battista aveva messo in guardia i soldati dalla violenza gratuita, ma la lezione non era stata capita.
“Nessun episodio della vita di Gesù passa inosservato nella Chiesa, e così l'orribile spettacolo della flagellazione ha commosso milioni di cuori, colmandoli di vergogna e di dolore. «Gesù innocente soffre al mio posto, per colpa mia» esclamano pentiti. «Io sono colpevole!», e così dicendo sottopongono se stessi alla disciplina senza compassione. (…)
Pilato esce fuori di nuovo e dice ai giudei: «Ecco l'uomo!».
La flagellazione, la coronazione di spine e gli altri maltrattamenti hanno sfigurato orribilmente Gesù. Seminudo, ricoperto solo di una clamide romana stracciata, con la corona dello scherno conficcata nel capo, il volto pallido e rigato di sangue e di sputi, appare a tutti come un lebbroso, lui «che ha dichiarato di essere il Figlio del Dio vivente». Che dolorosa metamorfosi! Così Gesù viene presentato al popolo dall'alto della gradinata esterna. «Ecco l'uomo!»; come se dicesse: guardate che uomo, quale cumulo di dolori!
È tale la sua miseria, l'ignominia e l'abbattimento che dovrebbe suscitare la compassione della moltitudine. «Ecco l'uomo!» Cosa non racchiude questa frase! Ecco l'uomo!: guardate come vi ho compiaciuto. Ora basta, non chiedetemi di più. Ecco l'uomo! Vedete come è ridotto! Se l'avete invidiato, ora certo non può più essere oggetto d'invidia. Se lo odiavate, il vostro odio è così soddisfatto. Se ha sbagliato, ha pagato molto cara la sua colpa. Se si è spacciato per Figlio di Dio, guardate cosa rimane della sua presunzione. Tutto questo vuole esprimere Pilato per suscitare indulgenza e compassione verso Gesù.
Ma Pilato dimostra di non conoscere gli uomini. Si appella al giudizio e alla commiserazione di questo popolo volubile e passionale, nel quale ad opera dei principi dei sacerdoti si è già verificato un triste capovolgimento di idee contro Gesù. Infatti, tale presentazione produce l'effetto contrario. Vedendolo così orribilmente maltrattato, il popolo perde l'ultimo residuo di rispetto e di amore e prova per Lui soltanto avversione, disprezzo, odio e vendetta.
«Ecce homo!». Questa insolente esibizione non può distruggere il fatto che quest'uomo, nonostante la sua esteriore debolezza e umiliazione, pretenda ancora giustamente di essere più degli altri uomini: «Io sono di lassù, voi siete di quaggiù».
Anche oggi, come allora, la moderna incredulità con la sua esegesi razionalista ha sfigurato l'augusta immagine del Figlio di Dio, negando la sua divinità. Lasciandolo volutamente ricoperto di stracci, con uno scettro di canna tra le mani, lo presenta alle moltitudini ignoranti dicendo: «Guardatelo, non è altro che un uomo». Che meraviglia, pertanto, se tanta gente superficiale si allontana definitivamente da Gesù Cristo e grida con i giudei: via, crocifiggilo!” Madre Speranza