LE BEATITUDINI A CONFRONTO (Dada)
“Chi vuole cercare la Fonte della Saggezza deve prima imparare a distruggere l'io, ad apprezzare e a sentire la grandezza della vera amicizia, dell'amicizia che significa sentirsi UNO con tutte le cose” (Krishnamurti)
I nobili sentimenti di pace e giustizia devono essere la meta indispensabile da raggiungere per un proficuo dialogo fra uomini di buona volontà, qualsiasi fede professino.
Per favorire un dialogo interreligioso che disponga gli animi e apra la ragione ed il cuore alla verità, è ottima l'esperienza della meditazione in comunione con varie religioni, che già da qualche anno si pratica in varie parti del mondo.
Nell'autunno del 1994, a Londra, fu affidata al Dalai Lama la direzione di un seminario, patrocinato dalla “Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana”, in memoria di John Main, monaco benedettino irlandese, che insegnava meditazione secondo la tradizione di Giovanni Cassiano a dei Padri del deserto.
In quell'occasione Sua Santità il Dalai Lama fu invitato a commentare in pubblico, per la prima volta, alcuni brani del Vangelo da Dom Laurence Freeman, benedettino, laureato in letteratura a Oxford e monaco del monastero benedettino olivetano di Cokfosters, a Londra.
Ogni giorno, prima dell'inizio dei lavori, tutti i presenti si raccoglievano in silenzio interiore e iniziavano in questo modo la pratica della meditazione.
Questo momento così intenso di spiritualità, predisponeva gli animi, perché l'ansia svaniva cedendo il posto ad un rapporto di fiducia e di disponibilità amorevole per quanto sarebbe accaduto.
Particolarmente sentito fu, in quell'occasione, il commento che fece il Maestro spirituale Dalai Lama al discorso della montagna.
Fu impossibile per gli astanti non restare commossi e meravigliati dalla potenza delle parole familiari, cui la voce tibetana e la sensibilità buddista davano un ritmo nuovo e una nuova chiave di lettura.
Fu un'eco dolorosa ricordare la sofferenza inflitta dagli invasori al popolo tibetano ed alla sua cultura, rendendo il suo capo e centinaia dei suoi seguaci dei rifugiati e degli esiliati ormai da più di mezzo secolo.
Sua Santità chinava il capo rasato sul testo e, scorrendo lo scritto con il dito, come un rabbino, leggeva: “Beati i miti…. Beati i puri di cuore… Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia….”
“Leggendo questi versetti delle Beatitudini, mi viene in mente subito una cosa: il brano sembra indicare semplicemente che chi è disposto ad imboccare una via e ad accettare le difficoltà e le pene da essa derivanti sarà ricompensato per il suo impegno. Quando parliamo di un genere di tolleranza che implica accettare in concreto difficoltà, fatica e sofferenza, non dovremmo farci l'idea sbagliata che in base a questi insegnamenti spirituali soffrire sia bello, che dobbiamo assolutamente ricercare la sofferenza. Va da sé che non sono d'accordo con quest'opinione. Personalmente ritengo che lo scopo della nostra esistenza sia di cercare la felicità, di cercare la soddisfazione e l'appagamento. Tuttavia, poiché nella realtà le difficoltà e la sofferenza esistono, è essenziale sviluppare nei loro confronti un atteggiamento che ci permetta di affrontare in modo realistico le prove della vita, per riuscire a trarne qualche beneficio.
Se esaminiamo la natura della sofferenza, scopriremo che ve ne sono certi tipi per cui esiste una soluzione, e che quindi è possibile superare. Quando ce ne rendiamo conto, dovremmo cercare tale soluzione, e quindi i modi per vincere la sofferenza. Ma ve ne sono anche altri tipi che sono inevitabili e insormontabili. In questi casi, è importante sviluppare uno stato mentale che consenta di affrontarli in modo realistico. Comportandoci così, riusciremo ad accettare le difficoltà quando esse insorgono. Questo atteggiamento ci proteggerà, non necessariamente dalla realtà fisica della sofferenza, ma dall'inutile ed ulteriore fardello psicologico costituito dal non volerla accettare, se inevitabile.
Uno dei sistemi più efficaci per affrontare la sofferenza si trova in Guida allo stile di vita del Bodhisattva. Se il problema è tale da avere una via d'uscita, una soluzione, non c'è motivo di angustiarsi; se invece non esiste via d'uscita o soluzione, allo stesso modo non c'è ragione di provare un'inutile angoscia. (…..)
Per inciso, è anche molto interessante osservare certe straordinarie somiglianze stilistiche fra le Scritture cristiane e quelle buddiste. Nel preambolo alle Beatitudini, il Vangelo afferma che quando Gesù vide le folle salì sulla montagna, si mise a sedere e così via. Molti sutra, le sacre scritture dei buddisti, incominciano in modo assai simile. I sutra buddisti affermano che in un dato momento Buddha stava visitando un certo posto, era circondato da moltissimi discepoli, sedette e iniziò così a predicare. Insomma, esiste un'interessante analogia nel modo in cui si sviluppano questi brani.
Uno dei concetti più difficili presi in considerazione qui, soprattutto per i buddisti, è il concetto di Dio, l'essere divino. Naturalmente si può interpretare questo concetto nel senso di qualcosa di inesprimibile, qualcosa che va oltre il linguaggio e la concettualità. Ma si deve ammettere che, a livello teorico, le concezioni di Dio e di Creazione costituiscono un punto di divisione tra buddisti e cristiani. Tuttavia ritengo che alcuni aspetti del ragionamento grazie al quale si arriva a queste concezioni siano comuni a buddisti e cristiani.
Si potrebbe affermare che il Creatore è l'assoluto, e che la creazione è il relativo, l'effimero. In questo senso, il Creatore è la verità assoluta e suprema. Ma non so che cosa direbbero in proposito i teologi cristiani!
Personalmente, quando penso all'idea di creazione e alla fede in un Creatore divino, mi pare che l'effetto principale di questa fede sia di dare a ogni singolo praticante un senso di motivazione, un senso di sollecitazione all'impegno di divenire un buon essere umano, una persona con una disciplina etica. Una tale concezione, una tale fede, dà anche la sensazione che la nostra esistenza abbia uno scopo. E' molto utile per sviluppare principi morali.
Questa è la mia interpretazione della teologia cristiana!” (Dom Laurence Freeman)
Nota: Mentre si accingeva a leggere i testi del Vangelo, il Dalai Lama ha affermato che non voleva mettere in discussione o intaccare la fede che i cristiani ripongono in essi. In realtà il modo in cui li ha letti ha consentito ai cristiani di approfondire e chiarire la propria fede, e ai buddisti di provare maggiore simpatia e di comprendere meglio i cristiani. Il fine del dialogo non è di ottenere risposte definitive, ma di avere una visione più profonda e completa della Verità, che contiene e riempie ogni cosa, e che alla fine, come disse Gesù, ci libererà tutti dalla paura e dall'ignoranza.
(Dom Laurence Freeman)
E ora eccovi il contesto cristiano nel commento di Padre Laurence Freeman:
“Questo brano corrisponde alla prima parte del Discorso della montagna. Le Beatitudini costituiscono il passo in cui Gesù spiega la natura della beatitudine e della felicità. Sono conformi a tutta la tradizione biblica, in cui si sottolinea lo stretto rapporto che intercorre fra la virtù e la vera felicità. La parola greca makarios significa sia “benedetto” sia “felice”. In queste otto beatitudini Gesù spiega la vera natura del benessere umano. Esse hanno carattere paradossale e indicano una rivoluzione morale nella natura umana che ancora non si è compiuta del tutto. Perciò il Regno di Dio è tanto “qui” come “di là da venire”.
- L'espressione “poveri di spirito” si riferisce alle persone del mondo povere dal punto di vista materiale, di cui Gesù si preoccupava particolarmente, sia anche alla condizione umana universale di dipendenza da Dio. Quando sappiamo di non essere autosufficienti, ma interdipendenti e responsabili gli uni degli altri, allora “siamo consapevoli che abbiamo bisogno di Dio” ovvero siamo “poveri di spirito”. In questo senso il termine denota anche un atteggiamento particolare: quello di non essere possessivi e attaccati alle cose.
- Gli “afflitti” sono beati perché hanno affrontato l'essenza della separazione da Dio nel loro ambito di esperienza presente. Qui, l'afflizione non si riferisce soltanto alla sofferenza esteriore, ma alla natura stessa della condizione umana, che è di lottare per realizzarsi. La consolazione è lo stato di salvezza o di liberazione.
- I “miti” erediteranno la terra. L'arrendevolezza è il modo migliore per vincere il male. La “terra” non significa necessariamente questa vita. Il male è sempre autodistruttivo. La sua limitatezza ne determina il fallimento. La mitezza trionfa perché è infinita.
- L'amore per la rettitudine, per la giustizia, procura la vera felicità. La rettitudine consiste nell'unire la propria volontà con la volontà di Dio. Applicata alla vita reale, è inscindibile dalla COMPASSIONE.
- Mostrandosi misericordiosi verso gli altri, anche loro diventano misericordiosi. Due grandi opere di misericordia citate nel Nuovo Testamento sono: dare ai poveri e perdonare i propri nemici.
- I “puri di cuore” vedranno Dio. La purezza di cuore è la capacità di vedere la realtà com'è, senza la distorsione dell'egoismo. E' diversa dalla purezza religiosa rituale, e anche dalla “purezza morale” com'è comunemente intesa.
- Gli “operatori di pace” sono figli di Dio. La riconciliazione dei nemici è un atto cristiano spesso raccomandato nel Vangelo. Gli operatori di pace condividono la natura divina, come dice S. Pietro in una lettera, perché è la natura di Dio a portare pace e unità dove ci sono discordia e divisione. Un figlio ha la stessa essenza del genitore.
Nella massima successiva di questo brano, Gesù assicura ai suoi seguaci che saranno ampiamente ricompensati per la sofferenza accettata “per causa della giustizia”. Troviamo qui affermato un punto che riguarda la condizione di discepoli: la sofferenza individuale del cristiano istituisce un rapporto personale con Gesù. Anche i primi cristiani erano una minoranza perseguitata.
Per finire, Gesù spiega ai suoi seguaci quanto siano importanti per il mondo: essi sono il sale della terra e la luce della verità. La loro missione è di essere visti e uditi, grazie alle opere compiute in quanto consapevoli della bontà essenziale della natura umana: il cuore buono”.
Bibliografia:
“Ut unum sint” L'impegno ecumenico
Lettera enciclica di Giovanni Paolo II Roma,25 maggio 1995
Dalai Lama “Incontro con Gesù”
Una lettura buddista del Vangelo. Ed. Oscar Mondatori.
Ciò che conta è che noi tutti ci riconosciamo colpevoli di barbarie.
L'orrore di questa esperienza (le due guerre mondiali) dovrebbero scuoterci dal torpore
e orientare la nostra volontà e le nostre speranze verso un'era in cui non ci sia più guerra.
Volontà e speranza avranno un solo esito: il conseguimento, grazie a un nuovo spirito,
di una coscienza più elevata, che ci impedisca l'uso mortale del potere in nostro possesso.
Albert Schweitzer |
Da “Il maneggio del Signore”
II tabernacolo
Dice Maria:
Amati figli, amate quell'ancora di salvezza dove è celato il Mistero più Santo,
dove Dio si fa viatico per voi.
C'è un Dio affamato di anime lì dentro, c'è la salvezza per ogni peccatore,
chinatevi davanti a quella Porta Mistica dove vi aspetta il Perdono e la Pietà.
La Maestà di Dio vi santifica e vi protegge quando Lo cercate
in quel piccolo e grande suggello d'amore per voi.
Entrate in quel calore infinito dove il cuore trafitto di Cristo si fa per voi Pane e Vino.
Figli Miei. GESU' è solo nel TABERNACOLO,
perché pochi Lo credono in quel Piccolo Santuario.
Liberate i vostro cuori davanti a Lui, siate partecipi in quel Mistero e riguardevoli,
perché LUI è lì che VIVE.......
Figli Miei. la solitudine di Gesù nelle vostre chiese non fa nascere nulla di santo
se non Lo considerate PANE VENUTO DAL CIELO.
GESÙ', VIA. VERITÀ' E VITA. vi invita a raggiungerLo lì,
da dove esce per essere fiamma viva con voi... e da valore ad ogni vostra richiesta.
Esaltate il TABERNACOLO, FONTE VIVENTE del SUO CUORE!....
dove il Mistero donato da Dio vi invita a contemplare la SUA PASSIONE, ancora viva per voi.
La mortificazione, ogni vostro sfogo doloroso davanti al Tabernacolo
è un "rinascere", perché lì Dio vi fa eletti e vi santifica con le Sue Sante Mani.
E' un Mistero significativo per ogni cristiano fervente, è la Santità che si rinnova continuamente ogni volta che vi chinate lì dove Dio nella Sua Immensità,
si fa Piccolo in uno scrigno Santo e Silenzioso...»