IL VOLTO VERO DELL'INDIGENZA Maria Pia Lauri
Con il crac economico del mio secondo marito, mi ritrovai la casa
vuota: c'erano soltanto due reti, un cordino da parete a parete
per i vestiti, in un angolo, per terra, la biancheria
.
Che squallore, che sofferenza! Quando dalla mia finestra vedevo
le dirimpettaie che spolveravano e pulivano la casa, piangevo,
mi guardavo in giro: in cucina una tavola da stiro con tre sedie,
in camera da pranzo soltanto il letto di Piero
e mi chiedevo:
"Perché è successo tutto questo?" Non
lo so: la mia incoscienza, il mio non sapere che esisteva la miseria,
il non considerare che avrei potuto sposare solo in chiesa Lallo
e non avrei perduto la pensione di Turi
.
Ma dovevo reagire. Lallo conosceva un suo amico che vendeva latticini
nelle latterie, nelle trattorie, nel mercatini, perché
non fargli vendere i prodotti conservati della Ditta "Lauri"?
Di nuovo chiamo i miei genitori, insieme decidiamo di aprire un
magazzino in V. Zenodossio 53. Io stavo al magazzino, i miei mi
mandavano i prodotti da Priverno, mio marito con l'amico li vendeva
e si sopravviveva con il guadagno.
Quello con Lallo fu un matrimonio basato soltanto sul rispetto
e sulla comprensione; c'era in noi una certa serenità d'animo,
voleva molto bene ai miei figli, come io volevo bene al suo unico
figlio.
Anche questo matrimonio durò poco: un giorno una telefonata:
era stato raccolto per strada e portato all'ospedale: un ictus
cerebrale e dopo pochi giorni la morte.
Da quel momento la mia grande fede cominciò a vacillare,
mi sembrava assurdo che tutto questo potesse accadere solo a me:
il Signore anche la seconda volta mi aveva abbandonata. Anche
perché questo avvenimento era stato accompagnato dal tracollo
finanziario difficile da gestire.
Intanto avevo conosciuto un amico del secondo marito, si chiamava
Francesco: un povero derelitto, malato, malandato, sofferente,
ma molto buono. Frequentava la mia famiglia perché ci aiutava
a fare le consegne. Con il suo aiuto andavamo avanti.
Piero intanto aveva trovato un buon lavoro, cresceva bene. Nunzia
andava avanti alla meglio con il marito e le sue figlie.
Ma nel marzo 1984 anche Francesco si ammala: pancreatite: rimase
tra la vita e la morte. Lo curai con amore cristiano, si salvò
però aveva bisogno di tante cure, la famiglia non lo voleva
in casa perchè sarebbe stato di peso. Parlarono di ospizio.
Mio figlio, in un atto d'amore decise di portarlo a casa nostra.
Dopo soltanto 7 mesi Piero si sposò. Io rimasi insieme
a Francesco, stavamo benino perché Francesco era buono,
lo curavo e la vita andava avanti serenamente. Senonché
nel 1989 comincia a stare poco bene: una stupidaggine in apparenza!
In realtà si trattava di una grande malattia di cui non
ricordo il nome, so soltanto che nel 1991, il 31 gennaio, dopo
sofferenze terribili, con amputazione della gamba, Francesco muore.
Di nuovo la solitudine, lo sconforto, ma con l'aiuto dei figli
e il conforto della preghiera la vita continuò a scorrere.
In questo periodo avevo conosciuto una giovane signora, una vicina
al magazzino, spesso veniva da me e comperava qualcosina, mi portava
le sue amiche. Fra noi era nata un'amicizia, mi ispirava, aveva
una disponibilità unica. Lei mi parlava di un Dio grande
e misericordioso, di una Madre buona, che parlava al cuore delle
persone, di una suora, Suor Rifugio, con la quale potevi dialogare
Ma le mie sofferenze, la mia poca fede mi dicevano che erano chiacchiere,
la realtà della mia vita era diversa!
Dio mi stava
chiamando, ma io ancora non riuscivo a riconoscere la Sua voce.