SOLITUDINE, PERICOLI E PAURE
Al momento della morte di mio marito avevo 39 anni, due figli:
una signorinetta e un piccolino di 4 anni, un'attività
da portare avanti: la tabaccheria, ero sola a Torpignattara di
40 anni fa, il quartiere più malfamato di Roma. Non tardarono
a verificarsi furti al negozio, aggressioni, scippi; quando tornavo
a casa con quel piccolo incasso non avevo nessuno vicino, i clienti,
quasi tutti maschi, mi insultavano con parole poco belle, la mia
educazione non era capita
.
Ai miei genitori dicevo che andava tutto bene: Nunzia, i corteggiatori,
Piero, la scuola
. Avevo affidato il bambino alle Suore di
V. Coronelli ma non potevo seguirlo. Così non si poteva
andare avanti.
Da un po' di tempo frequentava il negozio un signore molto più
grande di me; mi dava fiducia, mi raccontava i suoi guai: era
vedovo con un solo figlio sposato da poco, la nuora non lo voleva
in casa, aveva un buon lavoro: era installatore idraulico. Stavano
costruendo un palazzo davanti al negozio e lui distribuiva il
lavoro ai suoi operai e si tratteneva in tabaccheria.
Parlando con lui non mi dispiaceva l'idea di farmi aiutare a guidare
i miei figli.
Chiamai i miei genitori e i miei due fratelli e parlarono con
Lallo. Lo giudicarono una buona persona, ma quando proposi loro
di fargli frequentare la mia casa come compagno, mi fu negata
l'autorizzazione: "Che esempio di educazione sarebbe stata
per i miei figli? O marito o niente!"