UN AIUTO INSPERATO Anna
(continuazione)
(Abbiamo lasciato il nostro Francesco nella strana situazione di una moglie sempre incinta e della cognata che organizzava la vita di tutta la famiglia).
Un giorno arrivò loro un'insperata somma di denaro: Salvatore, il fratello di Lucia e Silvana, avuto in seconde nozze dal padre, era emigrato anche lui in America e aveva trovato lavoro in una miniera: Un giorno la miniera esplose e lui perse la vita. L'assicurazione pagò agli eredi una somma considerevole. Francesco si appropriò delle quote spettanti alle due sorelle. Il proprietario del fondo terriero in cui loro risiedevano, venuto a conoscenza del fatto, gli offrì in vendita il suo terreno: questo sarebbe stato per loro un buon affare. Francesco rifiutò. Partì da solo e, nel giro di pochi mesi, dilapidò l'intera somma. Tornò poi in seno alla famiglia, ma stentavano a sopravvivere. Ripresero la vita a tre, continuando a spostarsi di contrada in contrada. Infine, trovarono lavoro in un podere, lì fu loro offerta anche una solida casa costruita in mattoni, la loro gioia fu immensa.
Lavorando sodo, compresi i bambini seppur piccolissimi, nel giro di pochi anni risparmiarono una piccola somma; con essa poterono acquistare un bel pezzo di terreno, situato su di un colle e ben esposto.
Di nuovo si trasferirono, tornando a vivere in una capanna. Avendo ancora una piccola somma di denaro, comprarono una coppia di robusti buoi; con essi aravano i terreni, ricavandone un buon guadagno. Finalmente ebbero la dispensa piena di alimenti, avevano grano e granturco in abbondanza, riuscirono ad acquistare anche qualche vitellino e dei maialini, di loro si occupava sempre Lucia, che viveva ormai solo in funzione degli animali da custodire; i suoi giovani figli erano stati abituati a rivolgersi alla zia per ogni loro necessità. Solo lei poteva decidere. Francesco, con la sua autorità non permise mai a nessuno di ostacolarlo.
Ancora una sorpresa: Seppe della legge che aiutava le famiglie numerose e si recò a Roma per espletare le pratiche; poi fu ricevuto nell'ufficio a ciò predisposto. Quando si accinse a il funzionario che l'aveva servito questi disse: “Io sono Benito Mussolini!” Francesco a quel nome quasi svenne dall' emozione. Si inginocchiò, gli prese le mani e le baciò e stordito non faceva che ripetere, Eccellenza illustrissima, grazie, grazie. Mai avrebbe pensato di essere un giorno in presenza dell'uomo che tanto ammirava.
Si apprestò a fare ritorno e strada facendo, decise di sostare in una locanda, per ristorarsi. All'interno c'erano degli uomini di sua conoscenza, li salutò e, felice di tutto ciò che gli era capitato in quel giorno, condivise con loro la sua gioia. Questi lo raggirarono, lo fecero bere più del dovuto: quel vino fresco invogliava Francesco. Un sonno pesante lo colse, si allungò su una panca, ma svegliandosi molte ore dopo, si avvide della scomparsa del denaro e degli "amici". Umiliato tornò a casa e raccontò la brutta avventura.
Trascorse del tempo, poi, riavviò tutta la procedura, per avere quel denaro. Ritornò nella capitale, fu nuovamente ricevuto dal Duce, gli raccontò sinceramente la sua disavventura, il Duce lo aiutò ancora, però inviandogli una squadra d'operai, che, in pochi giorni, costruirono sulla cima di quel colle, una bella casa, composta di due camere e cucina. La riconoscenza che Francesco provò nei confronti del suo benefattore, restò inalterata per tutta la sua vita.
Gli anni passarono; ed i figli erano ormai dei giovanotti, ora che essi, erano in grado di capire quella strana situazione, la ritenevano inaccettabile, perché creava loro vergogna e disagio, loro covavano un forte sentimento di rancore nei confronti della zia, ma, ancor più, per il padre; lo manifestavano apertamente, ma non erano in grado di cambiare quello stato di cose. Il vedere la loro mamma privata d'ogni rispetto e dignità, li portava a frequenti liti fra loro, pur restando Silvana, sempre lei, unica persona delegata a decidere per tutti loro.
(continua al numero successivo)