PASSIONE CHE ACCECA Anna
(continuazione)
Abbiamo lasciato Francesco a fare acquisti per il terzo figlio in compagnia di Silvana, la cognata.
Di ritorno verso la capanna, lui finse un forte dolore di testa e si accasciò a terra come svenuto. Silvana non sapeva cosa fare: erano in aperta campagna ed era impossibile sperare nell'aiuto di qualche passante. Si fece coraggio e lo trascinò faticosamente in un fienile abbandonato che era nei pressi. Faceva molto caldo, lei grondava di sudore, e si tolse la camicetta che indossava, restando con il seno coperto solo da una leggera sottana di cotone. Lui emise un gemito fingendo di riprendere i sensi, lei si avvicinò preoccupata, lui le cinse le spalle e lei, incapace di reagire, si lasciò andare, non riflettendo all'atrocità che stavano commettendo. La passione di lui la travolse, noncurante delle conseguenze. Quando si ravvidero era troppo tardi.
Presero la strada del ritorno con l'animo in subbuglio per sentimenti contrastanti: lui, trionfante, perché finalmente l'aveva fatta sua e nessuno gliel'avrebbe più portata via, lei, disperata, in preda ad un forte senso di colpa nei confronti della sorella.
All'insaputa di tutti, Silvana all'indomani partì, sperando che, allontanandosi da loro, avrebbe potuto ricostruirsi una nuova vita.
Giunta nella capitale, chiese aiuto e ospitalità presso un convento di suore. La Madre Superiora volle conoscere la sua storia e, vedendola sinceramente pentita, decise di aiutarla; una brava famiglia aveva bisogno di una domestica, lei acconsentì e la presero in casa.
Qualche mese dopo si accorse di essere incinta. Disperata non disse nulla, ma la signora capì il suo stato. Generosamente le offrì di restare con loro, insieme al bambino che sarebbe nato. Lei, piena di gratitudine, accettò e rimase in quella casa, dove aveva trovato affetto e protezione, inducendola a sperare in un futuro meno sfortunato per sé e per il bambino.
Lucia, ignara di tutto, si trovava a pensare alla sorella lontana e le mancava, inoltre era imminente l'arrivo del terzo figlio e la sua presenza le sarebbe stata di aiuto.
Anche Francesco da quel giorno non faceva che pensare a lei e ancor più la desiderava, faceva infinite congetture per la sua improvvisa partenza.
Lucia disse al marito che avrebbe voluto Silvana con sé, non sospettando cosa c'era stato fra i due. Lui si mostrò d'accordo di averla con loro e, immediatamente, si recò al più vicino comando di polizia ed espose il caso perché facessero le dovute ricerche.
Dopo soli cinque giorni, Francesco si rigirava fra le mani quel foglio con su scritto l'indirizzo tanto desiderato. Partì immediatamente; l'impazienza di rivederla non gli dava pace, poi fu assalito dal dubbio: e se lei non avesse accettato di andare con loro? Così gli balenò un'idea geniale: inscenò uno stratagemma diabolico….
Arrivava il treno in stazione e si diresse verso l'uscita. Lì chiese informazioni per raggiungere l'abitazione della famiglia Rossi dove viveva Silvana, chiamò un vetturino, gli diede il foglio con l'indirizzo e si avviarono. Lungo il percorso si fermò in un negozietto dove vendevano articoli di merceria e, all'anziana signora che stava dietro il bancone disse di aver perso la sua giovane moglie quella mattina, mentre dava alla luce il loro primo bambino, nell'ospedale che si trovava a due passi dal negozio, ed ora, mostrandosi affranto, voleva quei segni da indossare per mostrare il suo lutto. La brava donna gli porse la fascia nera da tenere al braccio, la cravatta nera e il bottone da attaccare al revoir della giacca; impietosita non volle essere pagata. Lui mise indosso il tutto, risalì sulla carrozza e si avviò all'indirizzo dato al vetturino.
Suonò a quella porta con il cuore che gli batteva a ritmi vertiginosi, l'ansia di quel momento tanto desiderato, lo faceva sudare copiosamente; la porta si aprì dopo pochi secondi, che a lui parvero secoli. Silvana, in evidente stato di gravidanza, con indosso un abitino nero e grembiule bianco gli era davanti. Lui intuì immediatamente di essere lui il padre di quel bambino. Lei, sorpresa, impallidì mortalmente nel vederselo davanti, intuendo brutte notizie al notare che era vestito a lutto. Lui, disperato, le raccontò che Lucia era morta nel dare alla luce il loro terzo figlio, ed ora lui, con voce supplichevole, la pregava di tornare fra loro, per occuparsi dei piccoli nipotini rimasti orfani e aggiunse che l'avrebbe presto sposata, riconoscendo che era suo il bimbo che portava in grembo.
Silvana si impietosì per i nipotini e, ripensando alla sua triste infanzia e al suo oscuro futuro, credette che quella era la cosa più giusta da fare. Così informò la signora Rossi della sua decisione ed essa, sia pure a malincuore, la lasciò andare.
Partirono immediatamente.
Arrivarono a notte inoltrata e via, spediti verso la capanna. Le quattro assi che fungevano da porta erano spostati. Silvana entrò per prima. Lucia era lì, seduta con in braccio uno dei bambini che non riusciva a dormire. Si alzò per andarle incontro e abbracciarla, ma la strana espressione che si dipinse sul volto della sorella la bloccò.
Silvana, vedendola, si scagliò verso Francesco che stava entrando, urlò delle frasi incomprensibili, poi, con un'agilità impensabile per il suo stato, raccolse un tizzone dal fuoco che era al centro della capanna e lo lanciò velocemente nella sua direzione. Gli sfiorò una spalla; nell'aria si diffuse un odore di bruciato: era la sua giacca. Lui le afferrò le braccia, scrollandola violentemente, la sollevò da terra, spostandola verso il pagliericcio che usavano come letto, lì lasciò la presa e lei cadde a sedere, provocando il rumore assordante delle foglie di mais che conteneva.
Per qualche secondo tutti stettero zitti, poi Silvana ruppe il silenzio e si disse intenzionata a ripartire immediatamente.
Lucia, impietrita, aveva assistito a tutta la scena in silenzio, quasi incapace di capire e di credere a ciò che stava succedendo.
Francesco capì che se andava via l'avrebbe persa per sempre e la minacciò dicendole che mai le avrebbe permesso di andare, non le avrebbe dato pace. Poi, con voce più calma, le prospettò il futuro che avrebbe avuto andando via.
Silvana si rese conto che la situazione era veramente compromessa e non ebbe il coraggio di insistere, cedette, non perfettamente consapevole di dove l'avrebbe condotta quell'ignobile decisione.
Lucia non provò neanche a reagire davanti alle minacce che seguirono e alle percosse di Francesco. Dopo pochi giorni nacque la terza figlia, Lucia venne sempre più relegata alla custodia dei figli e delle poche galline che avevano. Ad ogni suo tentativo di ribellarsi a quella situazione, dalle minacce si passava ai fatti, percotendola selvaggiamente.
Francesco e Silvana ormai da soli prendevano ogni decisione e lei prendeva sempre più potere nel gestire i loro interessi. Pochi mesi dopo quella infausta notte, anche Silvana partorì: era una bimba gracile che non sopravvisse a lungo, quando morì non era stata ancora registrata. Lucia, nottetempo, la avvolse in un telo e, accordatasi con il custode del cimitero, dietro un grosso compenso, la fece seppellire. Nessuno sarebbe venuto a conoscenza del fatto, così loro speravano. Ma le voci già circolavano sulla relazione anomala e non era passato inosservato lo stato di gravidanza di Silvana, da qui nacque l'equivoco che la bimba nata pochi mesi prima a Lucia, in realtà fosse la figlia di Silvana.
Con la speranza di nascondere lo scandalo, i due decisero di cambiare contrada, misero in vendita quel piccolo pezzo di terreno e si trasferirono.
Perché Lucia non pensasse di andar via, era sempre incinta, così nascevano bambini in continuazione. La poveretta era trattata come un oggetto e da tempo ormai era ridotta al silenzio.
Si spostavano da un paese all'altro, sempre con l'illusione di passare inosservati, ma di quello strano trio se ne parlava ovunque.