DENARO CHE DIVIDE Anna
(continuazione)
Alfio, il padre di Francesco, saputo che il figlio disponeva di quel denaro, fece progetti su di esso: avrebbe voluto che gli venisse affidato per farne ben altro uso. Ciò fu motivo di incomprensioni e di rancori, con scambi di insulti e liti violentissime.
Francesco non intendeva cedere a tali richieste.
Una sera, rientrati dal lavoro, si avviarono al loro podere, con l'intento di togliere ancora pietre. Fra i due si accese una lite violentissima. Alfio, in preda ad un 'ira incontrollata, furente si scagliò contro il figlio maledicendolo; gli disse che mai avrebbe avuto gioie da quel denaro e fortuna nel goderlo. Così dicendo lasciò cadere il masso che aveva fra le mani; questo, cadendo in terra, si sgretolò in più pezzi, schizzando in aria; uno di quei frammenti raggiunse il volto di Francesco, colpendolo in pieno e ferendolo all'occhio destro. Il dolore lancinante gli fece perdere i sensi. Quando rinvenne, molte persone gli erano intorno. Esse, richiamate dalle grida, erano accorse e, vedendolo ferito, gli avevano fasciato la testa con delle bende che avevano strappato dalla sottana di una donna lì presente.
Non si erano resi conto della gravità della ferita. Solo qualche giorno dopo, togliendosi la fasciatura, Francesco vide l'orrore dipinto sul volto dei presenti: la sua orbita appariva vuota. Lui, non avendo uno specchio, chiese ai bambini cosa avesse il suo volto, ma nessuno parlò, non avevano il coraggio di dire quello che vedevano.
Nelle credenze popolari si dava molta importanza all'efficacia degli intrugli che maghi e ciarlatani propinavano agli ingenui, in cambio di considerevoli somme di denaro. Francesco si rivolse ad essi per riavere la vista. Dopo innumerevoli tentativi con l'assunzione di pozioni magiche e impacchi di miscugli fetidi, non ebbe risultati positivi. Tutta la contrada partecipava, contribuendo con preghiere e riti, a detta di loro, sicuri della sua guarigione. Le formule segrete si susseguivano. Fu scomodato anche il vecchio parroco, perché presenziasse e officiasse preghiere rivolte al Santo Patrono. Per innumerevoli volte Francesco si sottomise a quegli strani riti; in uno di essi, preso dall'eccitazione e dall'euforia che nei presenti aumentava, man mano che gli inni si susseguivano, lui iniziò a gridare al miracolo, dicendo di sentire il suo occhio rientrare nella cavità orbitale, ma non era così: quella palpebra si chiuse definitivamente, rimarginandosi.
Per sua fortuna l'occhio sinistro non aveva subito danni. Da allora, meno che ventenne, il suo bel volto restò deturpato per sempre.
Quella estate Alfio era finalmente riuscito a raccogliere un discreto quantitativo di granturco dal loro campo. Per essi rappresentava una vera ricchezza. Ma, nottetempo, qualcuno, venutone a conoscenza, essendo più povero di loro, lo rubò.
La famiglia era disperata, molti sogni e speranze avevano riposto su quel raccolto. Per puro caso Silvana, sorella di Lucia, ascoltò, non vista, i genitori di Francesco che stavano tramando per accusarlo del furto subito, certi che, così facendo, avrebbero potuto impossessarsi dei suoi soldi.
Silvana corse alla ricerca di Francesco per avvertirlo, ma era troppo tardi, le guardie già lo avevano preso e arrestato. Lui rimase in prigione a lungo, subendo violenze e torture di ogni genere dai suoi carcerieri e aguzzini, con l'intento di estorcergli la confessione, benché lui continuasse a proclamarsi innocente.
Silvana non si arrese a tale ingiustizia. Riuscì a farsi ricevere dalle guardie militanti del Partito Fascista. Un gerarca di quella contrada le diede ascolto; questi, in men che non si dica, riuscirono a scoprire il vero ladro che fu arrestato. Francesco venne scagionato e rimesso in libertà, ma le torture ingiustamente subite, lasciarono segni indelebili sul suo corpo e nella sua psiche.
Messo al corrente di chi aveva contribuito alla sua scarcerazione, l'ammirazione per quel partito e lo spirito di emulazione verso di esso fu incondizionato. Nei confronti di Silvana capì che quella strana sensazione indefinita che provava, era amore. Tentò di ricacciare questo sentimento, sentendosi in colpa verso Lucia e, sperando che fosse dovuto solo alla riconoscenza che sentiva verso di lei e all'ammirazione nel vederla decisa e sicura di sé, l'esatto contrario di Lucia, che aveva un carattere mite e remissivo, lasciando che gli altri decidessero per lei.
Francesco comprò un piccolo pezzo di terra, vi costruì sopra una capanna e andò ad abitarvi per non avere più a che fare con la sua famiglia. Di lì a breve tempo sposò Lucia.
A lei quell'umile dimora sembrava una reggia, essendo poverissima e abituata a tante privazioni sofferte in seguito alla morte della sua giovane mamma: Il padre era anch'egli emigrato, tanti anni prima, in America, lasciando la donna e le sue tre bimbe a vivere in un'angusta cameretta, ricavata nel sottoscala che dava nella cantina di una vecchia casa colonica. L'uomo, partendo, sperava di trovare un lavoro che gli avrebbe, in futuro, permesso di mantenerle in maniera più dignitosa, per poi riunirsi ad esse; ma le tante privazioni sofferte da quella povera donna e la salute già cagionevole, non avevano permesso che ciò si avverasse. Venne a mancare in seguito ad una polmonite non curata, lasciando le tre bimbe sole, affidate alla pietà del circondario.
Il padre delle tre orfanelle fu rintracciato al momento del suo sbarco in America. Messo al corrente dell'accaduto, risalì sulla stessa nave dalla quale era appena disceso e fece ritorno più povero di prima. Una volta a casa prese con sé le bambine, si sedette in terra, con le spalle addossate al ciglio di un precipizio e pensò di farla finita insieme alle sue tre bimbe, ma i loro sguardi impauriti lo fecero ravvedere, scoppiò in disperati singhiozzi, lacrime irrefrenabili gli solcavano il viso scarnito e macilento e le abbracciò tutte e tre in un unico abbraccio disperato.
Ma non sapeva cosa fare……
Trascorso qualche tempo decise di riprendere moglie, pensando che le bimbe avrebbero avuto un'infanzia meno infelice con una donna che si sarebbe presa cura di loro. Quelle nozze si rivelarono subito un errore: la donna non si curava delle bimbe, anzi infieriva contro di loro, pretendendo lavori impossibili per la loro giovane età. Trascorso un anno la donna ebbe un figlio maschio, Salvatore e poi un secondo, Vincenzo. Da allora delle bimbe non volle più saperne e le abbandonò al loro destino. La primogenita, Santa, di fidanzò e in brevissimo tempo sposò il suo Nicola, trasferendosi in un altro paese e non diede più notizie di sé; Lucia sposò Francesco e insieme si misero a lavorare nei campi limitrofi, come braccianti; Silvana si stava fidanzando con un bravo giovane di una contrada vicina e ben presto anche lei si sarebbe sposata e sarebbe andata via dalla casa paterna, fonte di tante sofferenze.
Francesco però, mal sopportava quel giovane e, nel vederlo a fianco della cognata, riusciva a stento a nascondere la sua folle gelosia. Perfidamente, fece credere a quel giovane che Silvana aveva avuto già altri uomini e questi, credendogli, la abbandonò senza darle nessuna spiegazione e di lì a poco sposò un'altra donna.
Francesco esultava per l'esito della sua vile trovata, mentre Silvana, disperata, era sempre più depressa.
Lucia aveva avuto già due figli e stava per averne un altro; soffrendo i disturbi della prossima maternità, chiese a Silvana di accompagnare Francesco al paese per fare i pochi acquisti che loro si potevano permettere. Francesco gioiì per questa occasione insperata di andare con Silvana.
(Continua al numero successivo)