PATIERNO, IL MIRACOLO CHE RIPROPONE LA RESURREZIONE
di Gloria Riva20-04-2014
Correva il 1772 e nella Chiesa di San Pietro Apostolo a Patierno, un borgo in provincia di Napoli, c’era stato un furto. I ladri avevano asportato, tra i vari arredi della chiesa, anche una pisside contenente diverse ostie consacrate. A nulla avevano portato le ricerche fatte dal parroco e dai parrocchiani.
Un mese dopo circa, il 18 febbraio, il diciottenne Giuseppe Orefice, passò di buon mattino, mentre era ancora buio, accanto al campo del Duca di Grottelle e un luccichio strano catturò la sua attenzione.
Rincasato raccontò a casa lo strano fenomeno ma il padre, un po’ incredulo, non diede al fatto alcuna importanza. Il giorno seguente Giuseppe, questa volta in compagnia tanto del padre che del fratello minore, si trovò a passare di nuovo accanto al campo del Duca. Questa volta tutti e tre videro brillare nel campo stelle misteriose, come se un pezzo di cielo si fosse abbassato fino a terra. Allora Giuseppe corse a chiamare il parroco il quale, raggiunto il luogo indicato in compagnia del fratello sacerdote, rinvenne sotto le zolle umide un buon numero di ostie integre e perfettamente conservate. Altri sacerdoti vollero perlustrare il campo e vennero così rinvenute anche le altre particole mancanti.
Le ostie furono collocate, mediante una solenne processione, nella Chiesa di San Pietro Apostolo dove sono ancor oggi conservate e venerate.
La notizia del fatto prodigioso si diffuse rapidamente attirando l’attenzione del Vescovo di allora, il grande Sant’Alfonso Maria del Liguori, il quale certificò la veridicità del miracolo dopo una rigorosa inchiesta.
Il miracolo sembra riproporre gli eventi del mattino della risurrezione. Giuseppe uscito di buon mattino quand’era ancora buio, come la Maddalena, vede la luce di Cristo senza riconoscerla. Ha bisogno dell’arrivo degli altri membri della famiglia e poi dei sacerdoti per comprendere pienamente il mistero di cui è stato fatto oggetto. Così protagonisti del miracolo di Patierno sono i due capisaldi della società umana e cristiana: la famiglia e il sacerdozio. É una famiglia che “avvista” Gesù - anzi, considerate le precedenti infruttuose ricerche del parroco, si potrebbe più giustamente dire che è Gesù a manifestarsi a una famiglia -, ma sono i sacerdoti che in seguito lo riconoscono e lo trovano.
Inoltre le ostie sepolte in un campo addirittura sotto zolle e letame, rimandano alla volontà di conculcare la fede, la Chiesa e la sua stessa origine che è l’Eucaristia. Eppure anche qui abbiamo la dimostrazione che non può rimanere nascosta la verità che Cristo ha seminato nella terra della nostra umanità. Come queste particole erano fatte per la luce e per la grazia e, dunque, nulla ha potuto contro di esse l’umidità e il fango, allo stesso modo l’uomo è fatto per la vita e per l’eternità e dunque nulla possono le tante teorie di questa nostra cultura di morte.
Di fronti a simili miracoli che contraddicono le regole della fisica, vien da chiedersi quello che chiese un giorno Gesù a proposito del paralitico: è più facile dire a queste ostie risalite incorrotte dal fango in cui siete state sepolte, o è più facile dire all’uomo: tu non morirai?
Perché sappiamo che il nostro destino è l’eternità, Cristo ha disseminato la storia della chiesa di segni inequivocabili della risurrezione.
Questo tempo stenta a riconoscerli e nessuno più li racconta anzi, il reliquiario delle ostie di Patierno che riuscì a passare indenne attraverso la Rivoluzione Francese e il Risorgimento e i conseguenti moti anti cattolici, non riuscì a scampare dal livore del secolarismo attuale con la sua volontà di cancellare le tracce del mistero.
Nel 1978 il reliquiario con le prodigiose particole fu rubato senza che se ne riuscisse più a trovar traccia. Un fatto grave, quasi premonitore dello scempio che era in atto e che perdura a tutt’oggi. Proprio perché c’è stato e c’è tuttora il tentativo di cancellare tali memorie, rievocarle serve. È necessario, infatti, continuare a credere che i prodigi compiuti dal Signore in passato, possano ancora oggi ripetersi per condurre l’uomo a quella grazia che rende evidente e certa la sua grande dignità di creatura.