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MARZO 2018

     

 

STORIA DI UN’INFANZIA PERDUTA

 

            Tanti anni fa, dopo tre lunghi mesi trascorsi in ospedale per la mia asma allergica, a motivo della quale stavo per morire, mi consigliarono di andare in una clinica universitaria per ulteriori controlli in una località in provincia di Novara, esattamente a Veruno.

            In questa clinica c’era il reparto psicologico. Feci dei colloqui e alla fine la dottoressa mi consigliò di scrivere la mia storia e di farmi seguire in Sicilia per altre sedute.

            In passato avevo provato a scrivere tante volte ma non ci ero riuscita, ma quella volta ci riuscii. La feci leggere ad un editore di Catania, gli piacque ma per motivi economici non potei farla pubblicare. Poteva venirne fuori anche una bella”fiction” per la televisione. Ancora oggi ho questo desiderio nel cassetto.

            Ho il piacere di condividere con la meravigliosa famiglia dell’Amore Misericordioso, naturalmente in sintesi, la mia storia dal titolo. LUISA, STORIA DI UN’INFANZIA PERDUTA.

 

Immagine correlata            Non avevo nemmeno sette anni quando i miei genitori mi portarono, in un mattino d’autunno a farmi conoscere una signora, che avevano conosciuto subito dopo la guerra.

            Io sono nata nel 1941. Ero la penultima di nove figli: sei femmine e tre maschi. Questa signora era sposata. Il marito era malato di epilessia. Poverino! Mi faceva tanta tenerezza. Promisero ai miei genitori che mi avrebbero trattata come una figlia e da grande mi avrebbero fatto la “dote”. Ma … ahimè, non fu così. Mi fecero fare sin dal primo giorno i lavori di casa. Trattata male anche nel mangiare. Io piangevo da sola in silenzio, volevo la mia mamma e tutta la mia famiglia. Subivo passivamente rimproveri, botte e botte, ingiustamente. Spesso il marito combinava pasticci e, per paura della moglie, perché era succube di lei, accusava me. Io cercavo di fare del mio meglio per farmi voler bene. A volte mi diceva: “Luisedda, noi ti vogliamo bene, cerca di fare la brava”. Naturalmente era un bene tutto a modo loro. Al bisogno mi mandava dai suoi nipoti e dalla sorella ad aiutarli. Mi sfruttavano in tutti i modi. Ero il “tutto fare” per loro. Spesso mi ripeteva che la mia famiglia era povera, mio padre malato di asma. Io soffrivo tanto per tutte queste cose.

            La mia famiglia era povera ma pulita, onesta e di sani principi; era disagiata come tantissime famiglie subito dopo la guerra. Sentivo tanto la mancanza di mamma e papà. Pensavo alle mie sorelle e ai miei fratelli, mi chiedevo cosa facessero e mi chiedevo: “Mi penseranno?”

            Nello spazio dove dormivo era appeso un grande Crocifisso, spesso parlavo con Lui, gli dicevo; “Perché proprio io? Perché tutte queste ingiustizie?” Piangevo guardandolo,  e sembrava che mi rispondesse. Continuavo a piangere in silenzio e alla fine mi addormentavo.

            Pensavo spesso alla mia sorellina più piccola di me di due anni, si chiamava Graziella.

            Circa un anno e mezzo prima che mi portassero da questa signora, Graziella era con me, sfortunatamente cadde in una fontana vicino casa nostra, io cercai di alzarla ma non ci riuscii. Dopo due giorni la bimba morì. Era bellissima, sembrava un angioletto.

Durante i colloqui con la psicologa mi disse che io inconsciamente pensai che la mia famiglia mi avesse portato da quella signora perché mi riteneva responsabile della sua morte e per questo motivo soffrivo e subivo passivamente. In effetti, quei quasi otto anni che trascorsi in quella famiglia, segnarono la mia vita riguardo alla mia sensibilità emotiva. Chiusa in me stessa, tanto desiderosa di essere benvoluta da tutti.

            Infatti continuavo a subire senza reagire, ma tutto ha un limite.

            Gli anni passavano inesorabilmente. Quando andavo a casa mia nelle ricorrenze festive, mi sentivo quasi un’estranea, perché notavo che tra loro c’era una bella intesa: parlavano di cose che io non sapevo; anche con i vicini di casa le mie sorelle giocavano e scherzavano con tanta spontaneità. Mi sentivo un’intrusa.

            Quando morì il mio povero papà, avevo oltre 14 anni. Mio padre era un sant’uomo … Circa un mese dopo ci fu con la signora un altro diverbio con botte e rimproveri. A quel punto non ce la feci più. Dopo due giorni andai al cimitero, tentando di farla finita, avvelenandomi. Non mi successe niente, neanche un mal di pancia, anche se presi altre dosi, visto che non mi succedeva niente . E’ vero: Gesù protegge i bambini. Era già buio quando mi incamminai verso casa mia.

Da quel giorno rimasi sempre in casa mia felicemente.

Passarono gli anni. Con la grazia del Signore mi sposai con un uomo meraviglioso. Il buon Gesù volle che dopo diversi anni la signora mi cercasse e tramite lei conobbi Michele, mio marito. Abbiamo avuto due figli stupendi e due gioielli di nipoti. Nell’arco di questi anni, purtroppo, venivo spesso ricoverata in ospedale per la mia asma allergica. Ho subito anche diversi interventi chirurgici; con la grazia della Madonna e del Buon Gesù, mi riprendevo benino. Ho capito una cosa: Quello che ti capita nella vita, non viene a caso: il Buon Gesù aveva per me un progetto riguardo alla mia salute e al mio futuro. Devo dire che da più di dieci anni sto abbastanza bene riguardo alla salute e ho avuto tante grazie dal Buon Gesù. Testimonio anche che la signora, rimasta vedova, mi invitava sempre di più a starle vicino. Un giorno mi confessò che quando io me ne andai via da lei, capì chi era Luisa, si passò la mano sul cuore ribelle e duro e mi aiutò come aveva promesso a mia madre. L’ho seguita fino alla sua morte: aveva 92 anni. Dopo due anni morì anche la mia cara mamma. Se ne andò pronunciando il mio nome.

Il Buon Gesù mi fece anche una grande grazia, o meglio, mi chiamò: circa sei anni fa, tramite mio nipote Roberto e Mariella conobbi la grande famiglia dell’Amore Misericordioso. Fu come se me l’avesse detto fin da piccola, quando parlavo con Lui: “Vieni a Collevalenza!”..

Michele mi seguì in questo cammino meraviglioso. Insieme abbiamo conosciuto la stupenda storia della beata Madre Speranza. La cappella con il grande Crocifisso dell’Amore Misericordioso fu tanto emozionante da penetrare nel profondo del cuore. E poi la dolce cara e amata Suor Rifugio, col suo dolce sorriso, sembra una bambina, che ci segue con amore e dedizione.

Due anni fa facemmo la promessa nel maestoso santuario di Collevalenza: un giorno che non dimenticherò mai, come non dimenticherò mai la grande emozione che provai nell’immersione alle piscine del Santuario.

Nello stesso periodo abbiamo iniziato a fare volontariato per la Caritas parrocchiale. Il modo in cui si è verificato è stato una vera e propria chiamata di Gesù. Faccio anche le pulizie nella nostra parrocchia. Che bello!

Il 13 settembre 2017 abbiamo festeggiato le nozze d’oro, con la grande gioia di avere con noi la nostra cara Suor Rifugio Abbiamo voluto anche con noi l’equipe del nostro gruppo. In chiesa è stata una grande emozione.

Questa è stata per me una delle tante grazie che ho ricevuto. Non credevo, vista la mia precaria salute, di festeggiare oltre le nozze d’argento anche le nozze d’oro.

Non so come ringraziare il Buon Gesù, Maria Mediatrice, la nostra Madre Speranza e la nostra amata Suor Rifugio che continua a seguirci con tanto amore. Dio la protegga e la benedica.

 

Maria Luisa

ALAM Catania

P.S. Il manoscritto che tengo nel cassetto, l’ho dedicato

        alla mia sorella Graziella, morta innocente.

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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