Bangui,11 maggio 2014
Carissimi è con tanta sofferenza che vi scrivo queste righe per comunicarvi che siamo state obbligate a lasciare la missione sperando che la gente possa essere meno presa di mira dai gruppi armati.
Il 15 aprile, martedì santo, è arrivato a Bouca un gruppo di una trentina di militari armati a bordo di 2 macchine fuoristrada e hanno cominciato a sparare sulle forze internazionali della MISCA (missione internazionale di sostegno al Centrafrica) le quali hanno risposto e in poco tempo, meno di 3 minuti, hanno chiesto il cessate il fuoco. Dopo qualche ora sono ripartiti dalla parte opposta di dove sono entrati. Tutto sembrava essere tornato tranquillo. Il mercoledì santo è passato il nostro Vescovo (Mgr Nestor Nongo Aziagbia) dicendoci che stava andando nella parrocchia vicina dove da più di un anno non c’era nessuno per accompagnare i 2 sacerdoti celebrare la messa in Cena Domini benedire la chiesa che era stata profanata e che il venerdì santo l’avrebbe celebrato con noi. Dopo aver pranzato con noi, è ripartito con i tre sacerdoti con l’arrivederci per il giorno dopo. Alle 5,30 del pomeriggio il parroco della nostra parrocchia mi chiama per dirmi che i militari, che erano passati il giorno prima, avevano preso in ostaggio il vescovo con i 3 preti e che li stavano minacciando seriamente nella loro base nella città dove doveva celebrare la messa il giorno dopo. Dopo un interrogatorio sommario li hanno caricati in macchina e condotti verso una destinazione sconosciuta. La sera verso le 21,30 il capitano della MISCA mi ha chiamato per dirmi che avevano ritrovato il vescovo, i preti e la macchina in un’altra città più al nord, che stavano bene e che erano al sicuro.
Per noi è cominciato il momento più difficile da vivere perché era chiaro che oramai non avrebbero rispettato più nessuno e che erano pronti per cominciare una persecuzione contro la chiesa e in particolare contro i sacerdoti. Non avevamo perso la speranza di rivedere in vita il nostro vescovo perché doveva ripassare per Bouca per tornare in diocesi. Le notizie ci arrivavano in mille modi diversi e la sera del venerdì santo abbiamo ricevuto la notizia che in un’altra zona della diocesi hanno ucciso un giovane sacerdote che stava rientrando in Parrocchia dopo aver partecipato alla messa crismale. Questa notizia ci ha veramente spinto a vivere l’attesa dei giorni con tanta ansia e trepidazione perché sapevamo che se quei militari fossero tornati il loro obiettivo sarebbe stato la missione. Difatti il 22 aprile alle 3 del pomeriggio hanno fatto irruzione in città sparando. Interpellati dal capitano della MISCA, hanno detto che erano di passaggio su Bossangoa. Hanno fatto finta di partire, dopo una mezz’ora sono tornati indietro e si sono installati in città.
La gente aveva già cominciato a correre e a rifugiarsi alla missione perché aveva paura delle loro reazioni. La mattina dopo, alle sei circa, hanno cominciato a sparare in tutte le direzioni e ad avvicinarsi alla missione dove c’erano i militari della MISCA per proteggere il sito. Ci hanno fatto segno di entrare tutti in casa e di stenderci per terra. La tensione è stata forte ed è durata quattro, cinque ore. Non sapevamo quali potessero essere le loro intenzioni. Tutti coloro che riuscivano a raggiungerci al telefono ci dicevano di lasciare la missione ma non potevamo perché ormai la città era sotto il loro controllo. Il pomeriggio, verso l’una, abbiamo saputo che un colonnello della MISCA sarebbe passato da Bouca per andare a Bossangoa. In poco tempo abbiamo chiesto al capitano se poteva prenderci, la risposta dovevamo aspettarla solo quando il colonnello sarebbe stato a Bouca. Alle tre e quindici del pomeriggio il colonnello è arrivato, vista la situazione ha dato il suo accordo e in dieci minuti abbiamo fatto la valigia e lasciato la missione. Vi assicuro che mi sentivo male da morire al solo pensiero di lasciare la gente senza poter sapere cosa ne sarebbe stato di loro. Erano soprattutto donne, bambini e anziani. Ho avuto la sensazione di tradirli, di abbandonarli, ma qualcosa mi diceva che era la sola soluzione perché avessero una speranza di salvarsi.
Rileggendo a qualche giorno di distanza tutto questo vi dico che è stata l’esperienza della pasqua più forte che io avessi mai vissuto e il Signore mi ha ancora sorpreso con la Sua Pasqua, che non era quella programmata nemmeno pensata. Lui era lì per dirmi “Sono io non temere, va di ai tuoi fratelli di andare in Galilea, è là che mi incontreranno”. Continuate a pregare per questo popolo che sta pagando a caro prezzo l’ipocrisia di un mondo politico-economico in cui la vita non ha valore.
Vi abbraccio tutti con tanto affetto suor Angelina