IL BREVIARIO
Storia Di un prete dell’Istria
Eravamo in Avvento ed erano passati già sette anni dalla mia ordinazione sacerdotale. Ero un po’ annoiato e triste. Il 10 dicembre avevo scritto alcuni versi, come mi scaturivano dal cuore. Mi sentivo molto solo, per cui alla poesia avevo dato per titolo “Senza amici!” e l’argomento riguardava il Breviario amico: mai avrei immaginato che dopo dieci giorni quell’amico sarebbe ritornato a me e per sempre.
SENZA AMICI Jozko
Un unico tesoro prezioso avevo
che devoto mi accompagnava e
dovunque mi recavo, fedele mi seguiva.
Al mattino al mio risveglio,
sostegno e aiuto era per me,
vera luce all’anima e fuoco al cuor,
era sempre questo caro tesor.
Amico caro il Breviario mi era,
libro divino e prezioso tesor,
dei preti sempre sincero aiuto,
qual cibo forte, spiritual per tutti.
Manna che scende nei nostri cuor,
quando splendente di divino amor,
ornato di preci in cornici d’or.
Dentro di me mi sento dolente
perché non sempre ebbi stima e amor
per questo libro e mio caro tesor;
con pianto e preci la Vergine invocai
perché l’amico torni e non mi lasci mai:
allora il sol di nuovo splenderà
e d’esser solo il cuor mio si scorderà
LA CROCE NELLA CELLA Jozko
Era sfinito perché affamato e duro dal freddo.
Non avevo neanche la voglia di pensare, anche la preghiera mi stancava, mi deprimeva. Non avendo più il breviario, mi accontentavo di recitare il Rosario, adoperando uno spago sul quale avevo fatto dei nodi.
Un giorno riuscii a staccare un pezzo di legno dall’attaccapanni, aiutandomi con gli spigoli del letto di ferro, lo sminuzzai in dieci pezzettini, tolsi dalla scopa un poco di filo di ferro, lo tagliai sul radiatore e quindi mi accinsi a bucare i pezzettini di legno per fare i grani di una decina del Rosario. Lavoravo in modo che il guardiano non s’accorgesse e così passavo anche il tempo. Il legno però era duro e dovetti armeggiare non poco per poter fare i buchi. Sul davanzale della finestra trovai un pezzettino di vetro che mi servì per arrotondare i grani. Dal pagliericcio poi estrassi alcuni fili e così potei distanziare i grani l’uno dall’altro.
La decina del Rosario era fatta, me la passai fra le dita e scorreva bene. Mancava soltanto una piccola croce. Esaminai il pavimento se mi poteva dare qualcosa, ma era compatto, senza finiture. Mi ricordai allora del cassetto del tavolino, che non avevo mai esaminato con attenzione; infatti il fondo del cassetto era un po’ rovinato, anzi spaccato; ne staccai una scheggia, la lisciai per bene col vetro, poi la tagliai e sul lato più piccolo, sempre col vetro, feci un incavo per sistemarvi il lato lungo: la croce era bella e fatta, ero felice!