IL LIBRO DELL’ ESODO
(Riflessioni a cura di Antonio Turi)
Il libro dell’Esodo (Uscita) è il Vangelo dell’AT, il libro che è l’annuncio del Dio unico che ha eletto Israele suo popolo, lo ha liberato dalla schiavitù dell’Egitto e si è legato ad esso attraverso l’alleanza del Sinai. E’ dunque il cuore dell’AT, è il libro su cui poggia la fede degli Ebrei (ricchissima è la tradizione giudaico-rabbinica dell’Esodo).
Per gli ebrei la rivelazione di Dio è avvenuta con l’Esodo: la fede nel Dio che si è fatto conoscere con l’uscita dall’Egitto - il Dio della storia - precede la fede nel Dio creatore. L’Esodo è perciò l’evento fondamentale della fede ebraica e Israele ne ha sempre fatto memoria come storia di salvezza operata da Dio. Per noi cristiani l’Esodo troverà il suo compimento negli eventi messianici del NT (molti sono i commenti sull’Esodo da parte dei padri della chiesa).
Il libro dell’Esodo è il secondo libro del Pentateuco (la Torah degli ebrei narra il cammino dalla creazione alla conquista della terra promessa). L’Esodo prosegue il racconto di Genesi, partendo dai figli di Giacobbe in Egitto. Il rotolo dell’ Esodo (“Nomi” in ebraico) si apre infatti con «e questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto..» per dirci che quanto verrà raccontato continua quanto è stato narrato nel rotolo della Genesi. L’inizio della Genesi e l’inizio della storia con Abramo non sono dimenticati!
Non ci soffermeremo sulle varie ipotesi riguardanti le date di composizione, le diverse tradizioni, le fonti storiche, l’esistenza di Mosè..quel che importa è cogliere dallo scritto ciò che Dio vuole dirci.
Due sono i motivi della presenza degli ebrei in Egitto: la deportazione di servitori-schiavi provenienti da Canaan e la venuta di pastori che fuggivano la siccità e la carestia con i loro greggi. Si fermarono nella terra di Gosen (regione orientale del delta del Nilo), detta anche terra di Ramses.
I figli di Israele restarono in Egitto per 430 anni (Es 12,40), dall’ingresso di Giacobbe in Egitto fino all’uscita del popolo con Mosè: Dio conduce la storia secondo un suo piano!
Il racconto ha più un valore teologico che storico; sembra infatti che non tutte le dodici tribù scesero in Egitto con Giacobbe e che non tutte e dodici uscirono con Mosè. Il gruppo uscito con Mosè comprendeva la casa di Giuseppe e parte della casa di Levi. Altri gruppi avevano abbandonato l’Egitto prima di Mosè. L’esperienza del gruppo di Mosè resta comunque l’esperienza di tutto Israele.
Il libro dell’Esodo è un libro molto lungo che, con riferimento al Testo della CEI-Edizione 2008, possiamo dividere in tre parti narrative:
a - In Egitto (capitoli 1-15,21): gli ebrei oppressi e liberati
b - Nel deserto (capitoli 15,22-18): le tappe verso il Sinai
c - Al Sinai (capitoli 19-40): alleanza e santuario
Cominciamo a commentare la prima parte che ha come scenario l’Egitto e introduce i personaggi principali: gli Israeliti, il Faraone, gli Egiziani, Mosè, Dio e Aronne.
PRIMA PARTE : IN EGITTO
GLI EBREI OPPRESSI E LIBERATI
(Capitoli 1-15,21)
Traccia n. 1 Lacrescita degli Ebrei e l’oppressione da parte del faraone – Esodo 1
♦ La crescita degli Ebrei (vv. 1-7)
1Questi sono i nomi dei figli d'Israele entrati in Egitto; essi vi giunsero insieme a Giacobbe, ognuno con la sua famiglia: 2Ruben, Simeone, Levi e Giuda, 3Ìssacar, Zàbulon e Beniamino, 4Dan e Nèftali, Gad e Aser. 5Tutte le persone discendenti da Giacobbe erano settanta. Giuseppe si trovava già in Egitto. 6Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. 7I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto forti, e il paese ne fu pieno.
Continua la storia della presenza di Giacobbe e dei suoi dodici figli (tribù) in Egitto (Gn 46,8-27). Si ricordano i nomi (non sono per Dio degli uomini sconosciuti) degli undici figli di Giacobbe (avuti da Lea, Rachele e dalle loro serve) che entrarono in Egitto con Giacobbe, Giuseppe si trovava già in Egitto. L’ annuncio della loro morte e della morte della loro generazione chiude la storia di famiglia (epoca patriarcale, Genesi).
I discendenti di Giacobbe che vennero in Egitto erano in tutto settanta. Questo numero ha un valore teologico: indica tutti i popoli della terra che Israele rappresenta. In Gn 10 vengono infatti elencati i discendenti di Sem, Cam e Jafet in numero di settanta. Tutta l’umanità è così presente in quel «gruppo di Mosè» che ha vissuto l’esperienza dell’oppressione e dell’esodo.
I “figli di Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto forti e il paese ne fu pieno” (v. 7). Non sono più i dodici figli di Giacobbe, ma tutti gli israeliti, un “popolo”.
Si sono compiute due delle promesse patriarcali fatte ad Abramo (Gn 12,2-3; Gn 13,14-17; 15,5; 17,1-8), Isacco (Gn 26,3-5) e Giacobbe (Gn 35,11-12; Gn 46,3-4): la numerosa discendenza e la benedizione per coloro che accolgono la discendenza di Abramo (Gn 12,3), vedi l’Egitto con Giuseppe.
Dio compie dunque le sue promesse anche quando sembra aver abbandonato il suo popolo ed è presente e agisce ovunque, anche in terra straniera (l’Egitto per Israele).
Resta da compiere la promessa del dono di una terra-paese e di un’alleanza in cui Dio si impegna a diventare il loro Dio (Gn 17,7).
Ricordiamo che la promessa patriarcale della numerosa discendenza non è per i soli figli di Israele, ma è per tutta l’umanità, vedi la promessa fatta ad Adamo ed Eva e Noè (Gn 1,28; Gn 9,1).
I figli di Israele dovranno ritornare nella terra promessa ai padri (Canaan) perché Dio lo ha promesso ad Abramo (Gn 15,13-14) e Giacobbe (Gn 46,4). Lo stesso Giuseppe aveva parlato di un Dio che avrebbe fatto uscire i figli d’Israele dall’Egitto..(Gn 50,24-26). Ma non sappiamo quando e come la promessa di Dio si compierà. I figli d’Israele sembra abbiano dimenticato…e lo stesso Dio sembra assente!
Chiusa l’epoca patriarcale (1800-1600 a.C.), si apre un nuovo tempo (L’Esodo si colloca nel periodo 1250-1200 a.C.), quello di Israele, ed una nuova situazione che provocherà l’agire di Dio: ebrei oppressi dal nuovo faraone.
♦ L’oppressione degli Ebrei (vv. 8-14)
8Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. 9Egli disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. 10Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». 11Perciò vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses. 12Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva, ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. 13Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli con durezza.14Resero loro amara la vita mediante una dura schiavitù, costringendoli a preparare l'argilla e a fabbricare mattoni, e ad ogni sorta di lavoro nei campi; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
I figli di Israele, entrati in Egitto come un piccolo gruppo di nomadi, diventano ben presto degli schiavi al servizio del faraone, adibiti a lavori umili e faticosi (la schiavitù era ammessa presso tutti i popoli, anche in Israele). L’avvento di una nuova dinastia in Egitto segna l’inizio di un peggioramento delle condizioni di vita dei vari gruppi tribali. Tra costoro c’è il clan del futuro Israele, così numeroso, in una delicata zona di frontiera, da rappresentare motivo di instabilità per lo stato egiziano.
Il nuovo re d’Egitto, il nuovo Faraone, che non aveva conosciuto Giuseppe (non sa il bene che ha fatto Giuseppe in Egitto), avverte la presenza dei figli d’Israele non come aiuto, ma come una minaccia da eliminare subito e ne parla al suo popolo. Ricorda Caino che non coglie come benedizione e aiuto suo fratello Abele.
Il faraone non ha un nome, rappresenta colui che è contro Dio, lo stolto di ogni tempo, colui che si lascia dominare dallo spirito di questo mondo.
Potrebbe essere Ramses II (1290-1224), sotto il cui regno vennero costruiti monumenti grandiosi con il lavoro di prigionieri di guerra e schiavi.
Il faraone ha paura dei figli di Israele, ma vuole sfruttarli ancora e sceglie l’oppressione per impedire la loro crescita ed una loro fuga ed eventuale loro coalizione con altri popoli ai danni dell’Egitto.
L’incapacità di comprendere e controllare crescita degli ebrei ha fatto nascere la paura e la paura ha portato all’oppressione.
Ma più vengono oppressi, più i figli di Israele diventano numerosi e potenti (il piano di Dio avanza nonostante tutto).
Falliscono infatti (segno di benedizione divina!) i primi due tentativi di oppressione degli Israeliti : lavori forzati sotto il controllo di sovraintendenti (costruiscono le città- di Pitom e Ramses); oppressione disumana da parte degli Egiziani.
La schiavitù ha oltrepassato ogni limite: è molto dura, violenta, brutale.
Pitom e Ramses sono situate nel delta del Nilo, vicino al territorio dove dimoravano gli ebrei. Sono città-caserme o città-deposito per la presenza di truppe militari destinate alla difesa dei confini, e perché sono centri di approvvigionamento economico della corte faraonica, data la ricchezza dei commerci verso l’Asia.
♦ Lo sterminio dei neonati maschi di Israele (vv. 15-22)
15Il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: 16«Quando assistete le donne ebree durante il parto, osservate bene tra le due pietre: se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, potrà vivere». 17Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?».19Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità. Prima che giunga da loro la levatrice, hanno già partorito!». 20Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una discendenza.
22Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: «Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina».
Il faraone ordina infine lo sterminio dei neonati maschi di Israele, affidata prima alle due levatrici Sifra e Pua, e poi al popolo egiziano.
Le due levatrici - hanno un nome perché contano agli occhi di Dio più del Faraone - disobbediscono per timore di Dio. “Temere Dio” non vuol dire avere paura, terrore, ma vuol dire riconoscere che Dio è il signore della vita, e lavorare a favore della vita.
Se il Faraone vuol decidere lui ciò che è bene e ciò che è male (la sua sapienza è paura, oppressione, strage), le due levatrici egiziane (la loro sapienza nasce dal timore di Dio) decidono ciò che è bene per Dio e Dio le benedice.
Una menzogna (l’astuzia delle levatrici), serve al progetto di Dio (vedi “re magi/Erode”).
Il popolo d’Israele sta nascendo grazie al coraggio di due semplici donne egiziane che sanno contrapporsi al potere faraonico.
Al faraone non resta che ordinare ad ogni egiziano di gettare ogni figlio maschio che nascerà agli ebrei nel Nilo, che da fiume di vita per l’Egitto può trasformarsi in fiume di morte per Israele.
Finora, anche se Dio non è ancora presente in azione, la vita ha vinto grazie alla inefficacia dell’oppressione (nonostante l’oppressione, i figli di Israele crescevano) e alla disobbedienza delle due levatrici. Il timore di Dio delle due donne che si sono opposte concretamente alla morte ha portato il conflitto non più tra i figli di Israele e gli egiziani, ma tra il faraone e Dio stesso.
Ma ora cosa succederà? Il faraone ha davvero il potere di decidere della vita e della morte? Chi è il signore della vita? E le promesse di Dio? E Dio dov’è?
Siamo di fronte a delle domande che vanno al di là degli eventi che riguardano Israele in Egitto: sono domande attuali in ogni tempo.
Approfondimento personale
- I figli di Israele sono oppressi in Egitto dal Faraone. Siamo coscienti che forme di sfruttamento, schiavitù, oppressioni e genocidi sono presenti ancora oggi: dall’Olocausto… al terrorismo islamico…?
- L’immigrazione dai paesi poveri e/o in guerra ha assunto grandi proporzioni… come ci poniamo di fronte ai vari fenomeni di emarginazione, di razzismo e di pregiudizi?
- Come noi viviamo la convivenza con lo straniero, con il diverso, con l’altro? E’ per noi una minaccia o genera in noi gelosia e violenza?
- Riusciamo a non lasciarci affascinare dal “Faraone” nelle nostre relazioni (invidia, malvagità, paura, violenza, disprezzo, potere..)?
- Siamo capaci di vivere senza “paura”, convinti che Dio ci accompagna sempre e ovunque?
- Abbiamo il coraggio di lottare per la vita come le due levatrici contro il potere faraonico?
- Cosa significa per noi timore di Dio? Quale sapienza seguiamo: del Faraone o di Dio?