Traccia n. 7 La festa di Pasqua e la festa degli Azzimi – Es 12,1-28
(Riflessioni a cura di Antonio Turi)
Al racconto della “Pasqua” sono dedicati i capitoli dal 12,1 al 13,16 che comprendono:
- la festa di Pasqua (12,1-14)
- la festa degli Azzimi (12,15-20)
- la celebrazione della Pasqua (12,21-28)
- la morte dei primogeniti e la fuga in Egitto (12,29-42)
- le prescrizioni sui partecipanti alla Pasqua (12,43-51)
- la consacrazione dei primogeniti ed il rito degli Azzimi (13,1-16)
Cominciamo con l’occuparci dei primi tre temi.
Tra l’annuncio della morte dei primogeniti (Es 11), e la sua esecuzione nella notte dell’uscita dall’Egitto (12,29-34) troviamo il primo ordine-comandamento di Dio a Mosè ed Aronne: «Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno» (12,2). Non si vuole certo dare un ordine al calendario ebraico, ma si vuole annunciare che si entra in una nuova era: l’era della libertà, della liberazione di Israele dalla schiavitù.
E’ l’inizio del tempo di Israele, che al Sinai imparerà a «servire JHWH». Un tempo che non è più un tempo ciclico legato, come vedremo, all’avvicendarsi delle stagioni, ma un tempo che ha un’origine, un senso ed una direzione.
La Pasqua egiziana, celebrata per la prima volta la notte stessa della liberazione, diventa il memoriale del giorno della libertà, per sempre.
♦ La festa di Pasqua (12,1-14)
Al roveto ardente JHWH chiede a Mosè di dire al faraone : «Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto, a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio» (3,18). Questa richiesta è più volte ripetuta nel racconto delle «lezioni (segni) d’Egitto» (7,14 – 10,29). Ricordiamo poi il comando di Dio al faraone : «Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto» (5,1) ed ancora la risposta del faraone a Mosè: «Andate a sacrificare al vostro Dio, ma nel paese!» (8,21).
Tutto questo fa supporre che gli israeliti conoscevano già questa festa di primavera, una festa antichissima (pre-israelitica), una festa tipica dei pastori nomadi; pastori erano Abramo, Isacco, Giacobbe e le generazioni entrate in Egitto con i loro greggi.
La Pasqua (pesach in ebraico) risale alla tradizione delle tribù nomadi, dedicati alla pastorizia. Finito l’inverno, i pastori cambiano pascolo e inizia la transumanza. La festa si svolgeva al plenilunio di primavera. In quella notte di luna piena, la più luminosa di marzo-aprile, i pastori eseguivano un rito per proteggere il gregge da un demone «sterminatore» (in ebraico maskit) che passava, zoppicando, tra il bestiame, uccidendolo.
Per scongiurare i danni dello sterminatore veniva ucciso un agnello - è il «rito dell’agnello» - offerto alla divinità per ottenere la fecondità e la prosperità del gregge. Il sangue di questo agnello, alla vigilia della transumanza, veniva posto sui paletti della tenda, per allontanare dal gregge le potenze malefiche (lo sterminatore) che potevano insidiare il cammino verso nuovi pascoli.
Il nome Pasqua che sembra derivare dal verbo ebraico pasàch, significa proprio «passare oltre» (versi 12,13.23.27), ma anche «zoppicare, saltare, risparmiare».
L’agnello, senza macchia, nell’anno ed ancora tenero, veniva arrostito al fuoco, mangiato con focacce senza lievito (non c’era tempo per la lievitazione), accompagnate dalle erbe selvatiche del deserto. Il pasto si prolungava tutta la notte con i pastori stretti uno accanto all’altro nel banchetto sacrificale. L’abbigliamento dei pastori era quello più comodo per una pronta partenza. Il pasto veniva consumato interamente senza sprechi.
Tutti questi particolari mettono in luce l’aspetto nomade della festa.
Ritroviamo tutti questi dettagli nel rito prescritto in 12,1-14. Ascoltiamo:
1 Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d'Egitto: 2«Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. 3Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite: «Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. 4Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. 5Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre 6e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. 7Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case nelle quali lo mangeranno. 8In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. 9Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. 10Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. 11Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! 12In quella notte io passerò per la terra d'Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d'Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! 13Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d'Egitto. 14Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne.
La festa dei pastori, inizialmente legata al ciclo stagionale della primavera, riprende un nuovo significato con la fede in JHWH: è la Pasqua del Signore, cioè il passaggio di JHWH in Egitto che «passa oltre, risparmia» le case degli israeliti segnate dal sangue della vittima pasquale.
Il sangue è un segno per JHWH, i pastori sono vestiti in modo da essere pronti a partire, l’agnello deve essere mangiato in fretta, il pane senza lievito ricorda il pane di miseria mangiato in Egitto ed anche la fretta della fuga, le erbe amare sono il segno della dura schiavitù. La Pasqua è celebrata non più nel deserto, ma in casa, anzi in famiglia, in comunione.
Questo giorno – il giorno della libertà – cambia il calendario degli Israeliti: il primo mese dell’anno si sposta dall’autunno in primavera, al mese di Abib (13,4), in seguito chiamato Nissan (marzo-aprile). Ricordiamo che ogni mese del calendario ebraico ha inizio con la luna nuova e il quindicesimo giorno coincide con il plenilunio. La Pasqua è celebrata al tramonto del giorno quattordici del mese di Nissan, che dovrebbe corrispondere sempre al primo plenilunio successivo all’equinozio di primavera (21 marzo). Attualmente la Pasqua ebraica cade sempre tra il 26 marzo e il 25 aprile.
Potremmo chiederci: era proprio necessario porre il sangue sugli stipiti e architravi delle case? Certo che JHWH sapeva quali fossero le case degli israeliti. Perché allora lo chiede?
Forse fu un segno che si diedero gli ebrei prima di fuggire per riconoscersi, forse Dio voleva che gli ebrei manifestassero la loro volontà ad uscire dall’Egitto e la loro confidenza in Lui.
Può darsi che non tutti gli ebrei siano usciti dall’Egitto ed alcuni di loro non abbiano messo il sangue sulle case e perciò trattati come gli egiziani. Forse alcuni egiziani hanno fatto come gli ebrei e sono stati risparmiati. Sono partiti con gli ebrei, come vedremo al verso 38, che parla di una massa di gente promiscua che fugge dall’Egitto.
E’ JHWH stesso che vuole «questo giorno» - e non l’agnello - come «memoriale» (zikkaron in ebraico), il memoriale della liberazione. Memoriale non nel senso del ricordo di un evento passato, ma nel senso di far rivivere l’evento della liberazione a tutte le generazioni per sempre.
Un memoriale che fonde storia e rito, evento del passato e richiamo al futuro: il passato diventa presente nella celebrazione pasquale.
Il Dio a cui l’israelita crede è colui che in passato ha liberato, salvato il suo popolo dall’Egitto. Anche in futuro JHWH lo libererà dalle tante schiavitù: di questa speranza il credente vive e fa vivere i suoi figli.
Celebrare la Pasqua significa per ogni ebreo, di tutti tempi, di tutti i luoghi, finché il tempo dura poter dire: «oggi io esco dall’Egitto».
♦ La festa degli Azzimi (12,15-20)
15Per sette giorni voi mangerete azzimi.
Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato dal giorno primo al giorno settimo, quella persona sarà eliminata da Israele.
16Nel primo giorno avrete una riunione sacra e nel settimo giorno una riunione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; si potrà preparare da mangiare per ogni persona: questo solo si farà presso di voi.
17Osservate la festa degli Azzimi, perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dalla terra d'Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione come rito perenne. 18Nel primo mese, dal giorno quattordici del mese, alla sera, voi mangerete azzimi fino al giorno ventuno del mese, alla sera.
19Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato, quella persona, sia forestiera sia nativa della terra, sarà eliminata dalla comunità d'Israele. 20Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre abitazioni mangerete azzimi».
Anche la festa degli Azzimi (festa delle massot, pani senza lievito) è una festa antichissima, una festa agricola di tribù che facevano una vita sedentaria.
In primavera, quando iniziava la raccolta dell’orzo, il primo cereale che matura, si offriva il primo covone e si consumava tutto il pane vecchio e non si lasciava nulla del vecchio lievito. Si preparava il primo pane di quell’orzo in aperta campagna, senza lievito. Passati sette giorni, si dava inizio ad un nuovo impasto con la nuova porzione di lievito, da servire per un anno intero.
Ricordiamo che il lievito, a causa della fermentazione, per l’uomo antico, era segno di impurità, di corruzione.
I pastori israeliti, diventati agricoltori, hanno unito la celebrazione della Pasqua e l’osservanza della settimana degli Azzimi. L’inizio della festa, il «quattordici del mese», coincide così con il sacrificio dell’agnello pasquale (12,6.18). Anche per i Vangeli Pasqua e Azzimi son una unica festa (Lc 22,1).
Gli Azzimi si arricchiscono di un significato nuovo: gli azzimi non sono più il simbolo del ciclo naturale del lievito, ma sono diventati il segno-ricordo della fretta della notte di liberazione degli israeliti.
La festa comincia con una “riunione sacra” in cui ciascuno deve trovarsi in uno stato di purezza e termina con un’altra “riunione sacra”. L’astensione dal lavoro riconsegna il tempo a Dio.
Nel giorno di liberazione, l’Egitto sparisce dall’orizzonte di Israele. Potremmo dire che Israele è il pane azzimo (Israele è puro), mentre l’Egitto è il lievito che si gonfia di orgoglio (l’Egitto è impuro).
♦ La celebrazione della Pasqua (12, 21-28)
21Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua. 22Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l'architrave ed entrambi gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi esca dalla porta della sua casa fino al mattino. 23Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti; allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. 24Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. 25Quando poi sarete entrati nella terra che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. 26Quando i vostri figli vi chiederanno: «Che significato ha per voi questo rito?», 27voi direte loro: «È il sacrificio della Pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case». Il popolo si inginocchiò e si prostrò. 28Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; così fecero.
Mosè convoca gli anziani d’Israele e comunica loro l’ordine di Dio di «immolare la Pasqua». Un ordine dato senza spiegazione, che lascia supporre che fosse una celebrazione consueta per gli ebrei (la vittima è chiamata Pasqua). Si aggiunge che nessuno dei partecipanti alla Pasqua dovrà uscire da casa fino al mattino: ci sarà prima il passaggio di JHWH che colpirà l’Egitto e passerà oltre le case degli israeliti.
Il rito viene fissato per sempre: coinvolge «te e i tuoi figli per sempre». Ma cosa significa celebrare la Pasqua? E’ il figlio che pone questa domanda al padre. Significa riconoscersi con i padri, rivivere la stessa esperienza di libertà dalla schiavitù per una libertà al servizio di Dio.
Il popolo «si inginocchiò e si prostrò», obbedendo all’ordine del Signore.
Approfondimento personale
- Come viviamo l’evento della Pasqua e la celebrazione eucaristica, vista come banchetto pasquale?
- L’Eucarestia è per noi motivo di condivisione?
- Cosa potresti fare perché la festa del Signore sia completa?
- La tua Pasqua ha avuto un costo in termini di sofferenza, di attesa, di fede..?