SECONDA SESSIONE DEL CONCILIO VATICANO II
Laugero Giampaolo
La seconda sessione del Concilio, che a posteriori si rivelerà come la più importante si apre il 29 settembre 1963. È una sessione di "contestazione", di "tensione", ma anche di "pienezza” del Concilio stesso, che ha ormai assunto le sue definitive dimensioni, chiarito i suoi compiti, avviato il restauro dell’edificio ecclesiale. Proprio il documento sulla Chiesa diventa il "nodo gordiano” di tutta la sua complessa attività e rivela, anche in modo evidente, la presenza di due schieramenti interni, quello dei “conservatori” e quello degli “innovatori”.
Lo spauracchio della collegialità
Il nuovo schema del documento sulla Chiesa, presentato il 30 settembre dal card. Ottaviani e dall'allora ex generale dei Domenicani, Browne, ma preparato dal teologo Philips, si articola in quattro capitoli: la Chiesa come mistero, la sua struttura gerarchica, il popolo di Dio e i laici, la santità della Chiesa. La discussione si concentra sul secondo capitolo. Il punto controverso è quello della collegialità episcopale, per la quale ogni vescovo, operando in stretta connessione con il papa, condivide la responsabilità nei confronti di tutta la Chiesa. Gli oratori della minoranza vedono nella collegialità un pericolo per il primato del Papa e contestano il fatto che essa si possa fondare sulla Scrittura e sulla Tradizione. Inoltre c’è il pronunciamento del Vaticano I sul primato da tener presente e da rendere compatibile. Un'altra questione controversa è quella del ripristino del diaconato permanente. Su questi due problemi vengono votati il 30 ottobre cinque punti formulati dal cardinal Bea, espressamente orientati alla collegialità e al ricupero diaconato permanente. Questo voto risulta di capitale importanza anche se meramente orientativo: il Vaticano II sta diventando il Concilio dei vescovi, come il Vaticano I era stato il Concilio del papa. In positivo va anche annotato il fatto che, alla fine della sessione (4 dicembre 1963), possono essere promulgati due importanti testi: la Costituzione sulla liturgia (Sacrosantum Concilium) e il decreto sugli strumenti di comunicazione sociale (Inter Mirifica). Particolarmente importante si rivela la prima. Essa contiene il concetto di fondo della "piena e attiva partecipazione di tutto il popolo" al mistero pasquale, ovvero il concetto base di tutto il precedente movimento liturgico. La riforma liturgica così avviata rompe con l'irrigidimento rubricistico degli ultimi secoli. Inoltre nel corso della discussione sullo schema della Chiesa ne viene ideato uno, non previsto prima, sui rapporti Chiesa‑mondo (è il germe di quello che sarà la Gaudium et spes).
La Lumen Gentium: una nuova idea di Chiesa
La terza sessione si apre il 14 settembre 1964 con una novità assoluta: l’eucaristia celebrata secondo i dettami della Sacrosantum Concilium. Per la prima volta, dopo secoli, si rivede la concelebrazione. Questa sessione si presenta come la sessione della "crisi delle decisioni da prendere", crisi che interessa non solo le varie correnti dell'episcopato, ma anche i rapporti fra l'episcopato e il papa. È ancora lo schema sulla Chiesa a provocare i maggiori attriti. Quando finalmente la Lumen Gentium viene approvata (21 novembre 1964) si raggiunge il vertice del Concilio. E da due punti di vista. Da un punto di vista storico, perché si conclude la ricerca della Chiesa sulla propria natura. Una ricerca che, iniziata nel secolo XIII, aveva portato ai gravi contrasti del '500 e al Concilio di Trento, senza esaurirsi con il Vaticano I. Da un punto di vista intraconciliare perché alla sua luce andranno interpretati tutti gli altri documenti. Infatti essa è, come nessun altro testo conciliare, secondo la definizione di un teologo, "l'opera del Concilio stesso e dei suoi più attivi componenti" (Philips). La definizione della Chiesa come "popolo di Dio" rompe con il concetto tradizionale prevalentemente giuridico (Chiesa come società perfetta) e con la convinzione che essa si identifichi con il clero e che i laici vi esercitino un ruolo subordinato e passivo. Nella Lumen Gentium. è chiaramente affermato che tutti i cristiani possiedono la stessa dignità e sono chiamati alla santità, pur con modalità diverse. La Chiesa si sente più "pellegrina" che "trionfante" e con essa ha un particolare rapporto Maria.
Quando arriva la “settimana nera”
Non tutte le difficoltà sono però terminate con l’approvazione della Costituzione. Anzi, alcuni episodi fanno gridare allo scandalo ed affermare che la libertà del Concilio è “finita". Di cosa si tratta? In primo luogo dell’aggiunta alla Lumen Gentium, per ordine "dell'autorità superiore", di una "Nota esplicativa praevia" che sembra spingere la dottrina sulla collegialità su di un piano puramente teorico, limitandone la portata dottrinale. Ciò accade il 14 novembre. Cinque giorni dopo, in quello che verrà definito come "il giovedì nero" del Concilio, viene bloccata la votazione, già annunciata, sulla dichiarazione circa la libertà religiosa. Positivo risulta invece il dibattito sullo schema relativo alla rivelazione, rinviato due anni prima ed ora presentato in una veste rinnovata (vi aveva lavorato una sottocommissione di cui facevano parte Philips, Ratzinger, K. Rahner, Congar ed altri teologi). Esso unisce organicamente i concetti di Scrittura, Tradizione, Magistero, non parlando più di "fonti della rivelazione". Il concetto è quello della rivelazione che Dio ha fatto di sé agli uomini con la Parola e gli eventi della salvezza. Così tra fatiche, successi, rischi di crisi, il Concilio si avvia alla sua conclusione.