L’abbandono della metafisica
Se prescindiamo da quella corrente filosofica (rapidamente esaminata nel precedente articolo) chiamata ‘fenomenologia’, dobbiamo constatare che la riflessione dei filosofi e dei pensatori del Novecento si allontana da argomenti quali l’esistenza di Dio, il senso del mondo e della vita dell’uomo (si allontana cioè da problematiche metafisiche che considera ‘falsi problemi’ causati da incomprensioni e fraintendimenti linguistici) e si concentra su altre tematiche.
La riflessione sul linguaggio: filosofia analitica del linguaggio ed ermeneutica
Un nutrito gruppo di pensatori concentra l’attenzione sul linguaggio. Essi (soprattutto Russell, Wittgenstein e Austin) sono interessati a studiare le strutture del pensiero e il modo in cui gli uomini comunicano (filosofia analitica del linguaggio). Ritengono che la filosofia debba giungere ad usare un linguaggio capace di raffigurare il mondo senza possibilità di fraintendimenti ed errori linguistici, operando inoltre un’opera di chiarificazione dei significati dei diversi usi linguistici e riflettendo anche sull’efficacia del linguaggio: ciò che il parlante dice è una vera e propria azione che ha il potere di provocare cambiamenti nel comportamento di chi ascolta. Ciò significa, di conseguenza, che ciò che diciamo –sia a livello della vita di relazione di tutti i giorni, sia, a maggior ragione, a livello di comunicazione del pensiero- ha una valenza morale della quale il parlante e l’ascoltatore dovrebbero essere consapevoli.
Nella seconda metà del Novecento la riflessione dei filosofi gradualmente si allarga: dall’analisi del linguaggio si passa ad esplorare i problemi dell’interpretazione e della comprensione (ermeneutica) dei testi linguistici (scritti e parlati) ma anche delle opere d’arte figurative, musicali e teatrali. L’accento viene quindi posto sulla relazione tra chi vuole comprendere e l’oggetto della comprensione, che può essere non solo un testo o un’opera d’arte, ma anche gli altri uomini, le altre culture, le altre civiltà: comprendere significa quindi stabilire un dialogo nel quale l’identità culturale del soggetto che vuole conoscere interagisce con il mondo “altrui”, cioè con ciò che è diverso da sé (Gadamer). Le differenze non vengono annullate, ma l’interazione (il dialogo) favorisce la conoscenza della verità. Questa “apertura all’altro” è un tema trattato in particolare da Paul Ricoeur, che riprende il concetto di ‘persona’ che si caratterizza per la presenza dello spirito (secondo la definizione che ne dà il filosofo cattolico E. Mounier, cui Ricoeur fa riferimento): la persona che si apre all’altro, nel momento in cui si dispone a comprenderlo, comprende meglio anche sé stesso, “si comprende” di fronte all’altro e attraverso l’altro… L’uomo, cioè, si rivela come essere fondamentalmente dialogico: nel dialogo fa esperienza di sé e dell’altro”.Nel rapporto con l’altro, si evidenzia e “si mette in gioco la straordinaria complessità del suo essere” (Domenico Massaro). Ci sembra, che nel mondo multiculturale nel quale oggi viviamo, questa nozione di dialogo -fondata sulle necessità di una interazione che, per essere fruttuosa, non deve annullare le diversità– sia particolarmente interessante. “Vivere bene con e per l’altro all’interno di istituzioni giuste” è la frase che Ricoeur adopera per indicare quello che egli ritiene essere l’impegno etico dell’uomo. Questa ‘apertura verso l’altro’ nel pensiero del protestante Ricoeur, comprende anche la possibilità di aprirsi verso la trascendenza e quindi verso Dio.
La riflessione sulla scienza: epistemologia
Oltre che di linguaggio e comunicazione, i filosofi del Novecento si occupano di scienza: la riflessione sui metodi e le strutture della scienza (epistemologia) è l’oggetto del più importante tra essi, Karl Popper. Egli supera l’impostazione dei positivisti che consideravano le conoscenze scientifiche come assolute e afferma che in realtà non esistono teorie scientifiche assolutamente certe. Gli scienziati, in altre parole, avanzano ipotesi che cercano di corroborare con osservazioni ed esperienze: l’unico scopo raggiungibile però è quello di eliminare le teorie false. Le teorie non eliminate si può sperare che siano vere, ma non se ne ha la certezza (teorema dell’incompletezza dei sistemi di Gödel, logico cristiano che analogamente diceva: l’esistenza di Dio è certa, ma non dimostrabile). Popper definisce questa sua posizione razionalismo critico perché alla base di esse c’è una grande fiducia nella ragione. E’ appunto la ragione critica che -pur essendo fallibile e quindi necessariamente sottoposta a verifica- è alla base di ogni conoscenza, non solo scientifica, anche se la conoscenza potrà solo avvicinarsi alla realtà (verosimiglianza). Popper inoltre sostiene che attraverso l’esercizio della ragione critica che si esplica nella discussione (libero confronto di idee) si può costruire una società aperta e democratica, basata appunto sulla libertà di pensiero e sulla libera discussione, valori supremi della civiltà occidentale, contro ogni forma di totalitarismo (E’ da tener presente che Popper ha messo a punto questa teoria negli anni in cui l’Europa viveva l’esperienza devastante del comunismo e del nazismo).
Interessante è la posizione che Popper assume nei confronti della televisione e dei mass media in genere: in essi egli vede presente il pericolo di un nuovo totalitarismo, ancor più pericoloso, perché minaccia le menti corrodendo la libertà e la ragione critica. La televisione ha un’ enorme potenza di suggestione e –sovrapponendo realtà e finzione- piuttosto che educare all’uso critico della ragione può indurre chi ne usufruisce a scambiare l’una per l’altra. Analoga critica verso la televisione si trova in M. Mc Luhan, il fondatore della scienza dei mass-media.
A cura di Antonio e Antonella
Vurria
Maria Rosaria (Comunità di Napoli)
Vurria sunnà.
Manc ‘u saccio che cosa.
Vurria cantà.
No, nun me va’ e cantà.
Vurria guardà cu ll’uocchie’ e l’innocenza
o munno ce ce sta.
O pèietto e mamma vurria allattà
E a chelle braccia farte cunnulià.
Ma ‘o core mo me dice
si tu che ssi sbagliata.
adeguati al sistema
perciò votta a campà.
Sienteme buono core
vire ‘e nun te scetà,
tenimmece abbracciati
e turnammo a sunnà.