I liberi pensatori del ‘700
Nell’Inghilterra del XVIII secolo si sviluppa una critica alla rivelazione ebraico-cristiana che manifesta i suoi effetti fino ai nostri giorni, perché i suoi principi sono diventati la cultura comune delle classi dirigenti europee, prima aristocratiche e poi borghesi, anche quando venivano a patti con l’autorità della Chiesa.
Una prima corrente, atea, libertina (nel senso del “libero” pensiero) e materialistica, vedeva un’origine tutta umana della religione, riconducendola o a una risposta irrazionale alle paure e ai bisogni dell’uomo (così in Hobbes, Spinoza e altri) o all’impostura dei preti affermatasi sull’ignoranza dei fedeli (così Bayle e altri). Le opere di questi autori spesso circolarono in forma anonima e solo manoscritte per motivi di censura, e venivano lette in riunioni di liberi pensatori nei caffè1 in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, influenzando largamente le élites culturali, e furono combattute dai deisti della seconda posizione, come Voltaire. Tralascio, come poco interessante, questa prima posizione, (che però era ancora rispolverata dagli agit-prop negli anni ’50 del Novecento per chi non poteva arrivare all’impostazione di Marx), e mi soffermo sull’altra.
Per i deisti della seconda corrente, Dio ha dato all’umanità una rivelazione primitiva unica, e ha impresso originariamente nella mente degli uomini un’idea monoteistica di Dio. Questo comportava necessariamente una critica della contraddittorietà delle varie religioni storiche (viste come una degenerazione della religione naturale originaria), che ormai erano sempre meglio conosciute: nel 1698 fu pubblicata una traduzione del Corano di Ludovico Marracci, dei Chierici regolari della Madre di Dio, che fu conosciuta (e anche plagiata) in tutta Europa; e anche l’induismo e il buddismo erano sempre meglio conosciuti. Queste idee saranno diffuse in tutta Europa da Voltaire.
Il titolo stesso dell’opera di Matthew Tindal, Il cristianesimo antico quanto la creazione (1730), ci fa capire la sua posizione: la presunta necessità di una rivelazione contraddice la priorità della legge e della religione naturale voluta da Dio fin dall’inizio e sufficiente: “Se Dio ha dato dal principio una religione agli uomini, tale religione era perfetta”. “La religione cristiana, essendo la sola religione vera e assolutamente perfetta [questo lo ammetteva sia per la censura, sia per far passare meglio le sue idee], era quella che Dio ha stabilito fin dal principio per tutta l’umanità”. La rivelazione storica del Vangelo – considerata non necessaria - viene quindi sostanzialmente svuotata di fronte alle verità universali conquistate con la ragione: “Niente che non sia ragionevole al massimo grado può provenire da un Dio dalla razionalità universale ed eterna”. Anche nel campo della morale, soprattutto in rapporto all’economia, (che era particolarmente rilevante nell’ Inghilterra che in quegli anni stava costruendo il suo impero in contrapposizione con quello spagnolo cattolico), le norme universali del Vangelo devono “essere adeguate alle particolari situazioni degli uomini”; e come interpretarle “dobbiamo apprenderlo dalla ragione delle cose e dalle leggi del paese”, tenendo presente il principio utilitaristico: “Le azioni che sono rivolte a promuovere la felicità umana sono sempre buone”. Chiara Giuntini parla di “esigenze della «società civile» (borghese) di ordine politico ed economico più che morale”. Il deismo infatti non ammette un Dio personale che si rivela, ma un garante dell’ordinamento dell’universo, e della possibilità di un ordine morale naturale che si fonda sulle leggi naturali (Voltaire scrive un Poema sulla legge naturale nel 1756).
Anthony Collins pubblicò nel 1713 un Discorso del libero pensiero (già il titolo è eloquente!), in cui fra l’altro si sostiene che le norme assolute del Vangelo (Ama i nemici, non preoccuparti per il domani, a chi ti toglie il mantello da’ anche la tunica, ecc.) “non indicano le limitazioni o restrizioni necessarie implicite in esse, e tali restrizioni e limitazioni possono essere dedotte solo dalla legge naturale”, e più in generale “nessun dovere contenuto nella Scrittura può essere compreso con esattezza e certezza senza la comprensione della legge di natura”. Questo era anche pregevole rispetto al letteralismo del biblicismo protestante, ma mostra comunque come questo giurista, che poi fu anche giudice di contea, esprimesse il bisogno della classe dirigente inglese di fondare una morale laica e razionale.
John Toland è più interessante degli altri. La sua opera più famosa è Il cristianesimo senza misteri (1697), altro titolo eloquente!, in cui alle “superstizioni assurde” attribuite dalla Bibbia a Mosè sono contrapposti “i semplici e convincenti insegnamenti di Cristo”. La rivelazione viene ridotta a “un mezzo d’informazione”, ma ‑scrive Toland‑ “non credo a nulla se manca l’evidenza nelle cose stesse”: i criteri del ragionamento sono dunque evidenza (ricordiamo qui Cartesio) e possibilità, il che porta all’eliminazione del concetto di mistero e di miracolo. La nascita della religione (lui dice “di ogni superstizione”, ma ci siamo capiti!) viene collegata al culto dei morti, o alla divinizzazione di uomini benemeriti; Toland interpreta il cristianesimo in un modo che si avvicina alla riduzione umanitaria e pacifista di oggi: “lo scopo degli apostoli era... la devozione verso Dio e la pace dell’umanità... Persuadevano la mente; erano impegnati nel compito di bandire l’ignoranza, di sradicare la superstizione, di diffondere la verità e il rinnovamento dei costumi; di predicare la liberazione ai prigionieri, cioè il godimento della libertà cristiana agli schiavi del clero ebraico e di quello pagano, e a proclamare la salvezza per i peccatori pentiti...”. I sacramenti e la vita di grazia sono eliminati.
Nel 1730 Toland scrisse il Pantheisticon, in cui dice che “Tutte le cose nel mondo sono Uno, e uno è il Tutto in ogni cosa. Il Tutto in ogni cosa è Dio...”. Capovolgendo le precedenti condanne, egli si richiama adesso alle dottrine esoteriche (cioè segrete) delle correnti magico-ermetiche del Rinascimento e alla sapienza egiziana reinventata dal leggendario Ermete Trismegisto, sempre contro le religioni ebraica e cristiana. Addirittura progetta delle sette filosofiche segrete, “società socratiche” di cui elabora una “liturgia filosofica”; per es. il moderatore proclama: “Questa riunione sia sacra alla Verità, alla Libertà, alla Ragione...“, e i “fratelli” rispondono “Ora e sempre”. Sono gli anni in cui nasce (ufficialmente nel 1717) la Libera Muratoria o Massoneria: anche lì contro la comunità di fede dei cristiani i “fratelli” massoni proclamano che tutte le religioni sono di pari (dis)valore, ed elaborano una loro ritualità iniziatica e segreta, che in qualche modo scimmiotti e sostituisca i riti cristiani.
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1 Il critico letterario G. Steiner, in Una certa idea di Europa, pone i caffè come primo elemento caratteristico dell’Europa. Non compaiono affatto i monasteri e i santuari, anche se perfino il neopagano W. Goethe scrisse che l’(idea di) Europa si è costruita nei pellegrinaggi.
Antonio e Antonella