OTTO DOMANDE E OTTO RISPOSTE SUL GLOCO D'AZZARDO IN LTALIA
Maurizio Fiasco - Intervista a "EticaNews", ottobre 2015
1.. Quanto è esteso il mercato del gioco d’azzardo?
ll consumo si va stabilizzando su un volume lordo di circa 85 miliardi di euro, distribuiti nell'arco di dodici mesi. Dopo l'anno di "picco" Il 2012) i valori registrati successivamente si fissano su livelli più contenuti di 4-5 punti percentuali. Sembrerebbero esser destinati a rimanere tali per un medio periodo a seguire. Tuttavia per comprendere il peso di tali numeri occorre raffrontarli con il volume del totale dei consumi privati in Italia. Ebbene, l'offerta autorizzata e registrata di gioco d'azzardo (ma ricordiamoci che vi è anche una quota di "nero") supera nettamente il 10 per centro degli 830 miliardi che l'ISTAT stima rappresentare la spesa familiare annua degli italiani: dagli alimenti all'abitazione, dai trasporti alle vacanze ecc. Un dirottamento della domanda di beni e di servizi verso il mercato dell'alea davvero impressionante, che non è raffrontabile a quanto avviene in nessun altro paese dell'UE.
Se tale è la "contabilità" dell'azzardo offerto con la concessione statale, vi è nondimeno da proporre una lettura etica di queste cifre, laddove si tratta di un'offerta commerciale di gratificazioni e di speranza "aleatoria". Come si giustifica - alla luce dei valori dell'ordinamento costituzionale - un monopolio dello Stato sui giochi con posta in denaro che consegue tali cifre aggregate? Un monopolio, intendo dire, che non è esercitato (come avveniva fino agli anni Novanta del secolo scorso) per contenere la propensione a dissipare reddito personale. Ieri s'autorizzavano poche modalità (lotto, ippodromi, quattro casinò, lotteria "stagionali"...) mantenendo fermo l'obiettivo di limitare un comportamento socialmente disapprovato.
Da almeno tre lustri, in un crescendo "rossiniano" è invece proprio lo Stato che inducendo un intero popolo, composto di persone di ogni età e sesso, a versare somme crescenti del loro budget in slot machine, lotterie, casinò on line. Come si può dichiarare la legittimità di tale operazione?
Occorre, in primis, procedere a una ristrutturazione-manomissione linguistica e retorica. A iniziare dalla stessa parole che designa l'oggetto. A rigore si tratta di gioco "con denaro" e "per denaro", rivolto a perseguire un fine di lucro dal risultato casuale di una "macchina" o di un "meccanismo". Dall'estrazione al rinvenimento di una combinazione. Con una decisione ontologicamente "a rischio". Azzardo e rischio sono un'endiadi. E cosi che impieghiamo quotidianamente le due parole. Dunque, in passato lo Stato era molto prudente nel lasciare aperta la porta del versamento rischioso di reddito personale. Gli effetti collaterali - esplicitamente evocati - erano dannosi per I'"ordine", sia nella sfera personale (la dignità e la sussistenza della famiglia) e sia in quella sociale (l'economia, l'ordine pubblico).
ll tabùr sopravvive ancora oggi, ma riguarda solo la impossibilità di impiegare - nei testi normativi dello Stato - proprio la dizione "gioco d'azzardo". Tranquillamente perciò si replica, ogni giorno. nei documenti ufficiali, una marchiana impostura. i strutturalmente gioco d'azzardo, è reddito privato destinato a un irnpiego a altissimo rischio. Ma non è denominato di conseguenza.
Per parlare infatti di azzardo devono aversi tre elementi: il rischio, il denaro, e il risultato ottenuto attraverso il caso, in modo totale o assolutamente prevalente. È chiaro che l'alea, in diversa dove è presente nell'alchimia di ogni attività umana. Ma nel gioco "con denaro" e "per denaro", è presente in maniera schiacciante. Impostura terminologica che si combina con un altro vulnus alla vita democratica, al principio di pubblicità.
Ebbene, se lo Stato ha il monopolio del gioco così inteso, dovrebbe rendere accessibili le informazioni e i dati su tale attività, perché si formi un'opinione pubblica, una valutazione o una critica, invece i dati sono forniti in ritardo, in modo aggregato, senza l'elenco delle variabili fondamentali e con aggregazioni che non reggono. Ed è paradossale che nessuno, nelle sedi del controllo politico sull'operato delle amministrazioni dello Stato, cioè in Parlamento, imponga il rispetto di tale elementare dovere da parte dell'ente di scopo - i Monopoli - che "gestiscono" 85 miliardi annui (sempre restando alla quota ufficialmente registrata e escludendo il "nero"),