5. Quali sono le lacune più grosse del nostro sistema legislativo?
La prima è data dalla mancanza di responsabilità civile diretta dei concessionari. Essi infatti, dal momento che esercitano con finalità di lucro lo sfruttamento di un bene pubblico di monopolio (il gioco con denaro e per denaro, cioè d'azzardo) ne siano esonerati. Infatti formalmente è lo Stato che dovrebbe essere responsabile nei confronti dei cittadini, poiché concede in outsourcing la distribuzione dell'offerta di gioco con denaro e per denaro. Così coloro che si ritenessero danneggiati da tale attività, ad esempio i familiari di un giocatore compulsivo, per sperare di essere risarciti dovrebbero reclamare direttamente con lo Stato, nonché citarlo in giudizio: con gli esiti che possiamo prevedere.
In secondo luogo, non vengono fissate localizzazioni precisi dei punti (negozi, sale, installazioni ecc.) dove si commercia il gioco d'azzardo. Ricordo che un tempo tali strutture erano volutamente collocate "fuori" dalle città. Ippodromi in periferia, casinò in comuni ai confini nazionali (Sanremo, Campione, Saint Vincent, Venezia in laguna).
Anche sul tema della pubblicità ci sono delle riflessioni mirate da proporre, Essa non è solo uno strumento per stimolare la voglia di gioco, ma è piuttosto la creazione di una vera e propria "narrativa" sul gioco, una drammaturgia che veicola nella persona un pensiero o una "visione'' interiore del gioco. È la pubblicità che si risolve in una sorta di fecondazione in vitro della propensione a giocare, con risultati efficaci anche su persone che non risultano "predisposte" a versare somme importanti di denaro nella macchina dell'alea.Infine, vorrei puntualizzare che il gioco d'azzardo nel nostro paese si è esteso non per una lacuna nella legislazione vigente tale da favorire il conseguente mercato, ma al contrario il boom dell'economia dei giochi venali è avvenuto grazie a una lunga serie di provvedimenti promozionali, a mio parere adottati dal legislatore pur essendo essi in conflitto con i principi costituzionali.
Dunque i danni che ne derivano sono ancora peggiori dei semplici effetti collaterali dell'azzardo (estendersi della platea dei giocatori patologici, corruzione, reati contro la proprietà e l'economia, violenze). Non ho dubbi che in Italia ormai siamo di fronte ad un'antinomia tra la commercializzazione eccessiva del gioco d'azzardo, alla quale ancora non si pongono limiti, e la democrazia. Tutto ciò è avvenuto in modo strisciante; senza che nessuno se ne accorgesse. Per i primi cento anni lo Stato ha considerato il gioco d'azzardo un disvalore, benché autorizzasse alcuni giochi d'alea: purché stessero fuori dai luoghi della vita quotidiana. In questo modo si riteneva essersi prodotto un equilibrio contenitivo di un'attività pur considerata minacciosa per la società.
Poi negli anni 90 - quando si verificò un serio rischio di default dei conti finanziari dello Stato e dunque fu necessario reperire entrate aggiuntive -- il governo incrementò l'offerta di "gioco pubblico" per far fronte alla situazione economica generale e far rientrare i conti del bilancio dello Stato nei parametri europei. Così si è cominciato a promuovere alcune tipologie di gioco per sfruttarne le potenzialità come leva fiscale non coercitiva e invece "volontaria" (ad esempio aumentarono le giocate al Lotto, venne introdotto il Gratta e Vinci, nacquero le lotterie e scommesse legate ad eventi, sportivi e non). Questa sequenza di decisioni fece da volano per indurre gli italiani a spendere nei giochi. Seguì tuttavia una diversa e mai conosciuta stagione in Italia, quella contrassegnata dall'obiettivo non di incrementare le entrate fiscali, ma di "promuovere l'economia dei giochi", Può sembrare paradossale, ma per perseguire l'obiettivo si sono dovute ridurre le aliquote tributarie applicate sui vari giochi. Risultato: aumentava vertiginosamente il consumo di alea, ma le entrate fiscali che ne derivavano si incrementavano molto poco. ll fatto è stato ed è che per elevare il numero di consumatori partecipanti si doveva aumentare la massa di denaro destinata a montepremi dei giochi, ma frazionando i relativi importi delle vincite, Insomma, occorreva gratificare i giocatori, in modo che inseguissero ulteriori premi (con il risultato di uscire perdenti, alla fine della giornata). Tutto questo comporta di ridurre il margine erariale per lo Stato e il profitto per le concessionarie, Fatto l-00 l'ammontare del denaro impiegato dal popolo di giocatori, negli anni Novanta se ne tratteneva oltre il 40 percento (lasciando ai concessionari pochi punti di margine), mentre nell'anno 2014 di quel 100 la quota trattenuta media è stata di meno di 20 punti percentuali. Sempre a voler non calcolare la quota di "nero".