EVOLVER Dada Prunotto
Cambiare modo di vita non è semplice e richiede coraggio. Vivere senza troppi cambiamenti ci dà più sicurezza e un certo equilibrio, anche se precario. Si opta per una vita all’insegna della mediocrità e della tiepidezza, perché le novità e le sorprese possono mettere in crisi. C’è una certa paura di fondo, per paura di fare un viaggio nell’io – inevitabile – che sicuramente apre antiche ferite e una certa diffidenza nei confronti della vita stessa.
Paure e sofferenze patite nel tempo stesso obbligano ad uno stile di vita artificiale, protetto da maschere, che ci pare difendano dagli attacchi della vita. C’è come base a questo comportamento un falso senso della realtà, ovvero una errata visione dell’esistenza. E’ difficile pensare a un cambiamento, quando ci si sente attanagliati da molti condizionamenti.
Reagire alla sofferenza può portare a costellare la propria vita di errori reiterati. Qualcuno soccombe, aprendo la strada alla depressione; altri diventano vittime passive di un forte dolore. Eppure il dolore è grande maestro di vita, se lo si vive con consapevolezza e in modo attivo, senza lasciarsi sopraffare.
E’ la sofferenza, quella concreta, quella che arriva inattesa, quella che ti fa sentire mutilato di una parte di te. Il dolore che genera ferite profonde e a lungo sanguinanti. Il dolore per una perdita, un tradimento, una malattia, può aiutare a cambiare direzione, a scoprire finalmente quale è la verità della nostra esistenza. Allora si passa dal desiderio autentico di realizzarsi come persone, a scoprire la nostra identità nascosta e per tento tempo mortificata. Si comincia un nuovo percorso, sotto l’impulso di un cambiamento radicale, che lascia cadere le maschere e, con esse, antiche abitudini, affetti effimeri, pensieri utilitaristici, il consumismo delle cose e delle persone, a partire da noi stessi.
Il grande dolore ci allontana definitivamente da tante paure e da tante ambizioni, riduce all’essenziale la visione della vita. Si passa dai complessi, - che imprigionano dentro a comportamenti compulsivi - a una sobrietà, che segna il primo passo verso l’umiltà e la mitezza. Si inizia a vivere finalmente liberi, avvertendo una certa pace interiore.
Ci si comincia ad amare veramente, l’egoismo si scioglie come neve al sole, e lo sguardo si apre alla vita e al mondo intero con spirito d’amore universale. Si inizia ad evolvere finalmente: non più gli altri da manipolare e da imbrogliare con maschere di ipocrisia, ma il prossimo da amare, perché è una parte di noi, con debolezze, contraddizioni, incoerenze che ci accomunano. Poco per volta gli occhi dell’anima si fanno strada e vedono oltre il contingente. Sappiamo finalmente, che dietro l’immagine, c’è un “altro sé”, quello autentico che non può mentire.
Siamo tutti avviati a cercare in noi quell’ “altro sé”, che ci fa sentire finalmente liberi e desiderosi di capire a che cosa serviamo e perché stiamo in questo mondo.
Allora viene forte la voglia di tornare bambini, guardando con tenerezza ed amore alla nostra infanzia, perché è forse in essa il segreto della nostra esistenza, lì ci sono le risposte; lì si annida il germe di una profonda spiritualità: in un piccolo cuore che batte e che è in grado di capire e di dimostrare, più di tanti studiosi, che Dio c’è ed è in noi.
E’ evidente che l’uomo progredisce e si evolve nella misura in cui si rende capace di uno stile di vita consapevole del tempo in cui vive; e del fatto che corpo ed anima, materia e spirito non possono che interagire, per dare equilibrio all’intero universo, uomo compreso.
Propongo alla vostra attenzione uno stralcio di uno scritto di Teilhar de Chardin, con il commento di Annamaria Tassone Bernardi (“Teilhard de Chardin – La poesia del cosmo” Ed. Studium – Roma)
Se l’universo ha sempre camminato in avanti, continuerà a farlo nella direzione di quella che Telhard de Chardin definisce una “super-vita”, il suo ottimismo si basa sul senso dell’assoluto radicato nell’uomo.
“C’è per noi nel futuro, sotto qualche forma almeno collettiva, non solo sopravvivenza ma super-vita. Per immaginare, scoprire e raggiungere questa forma superiore di esistenza, non abbiamo che da pensare e camminare, sempre più oltre, nella direzione in cui assumono la massima coerenza le linee proprie dell’evoluzione nel passato”.(Teilhard de Chardin)
In questa affermazione troviamo tutta la saggezza che Teilhard ha tratto dallo studio della storia del mondo e la parola di sprone di cui la nostra generazione, affetta in gran parte dalla perdita del gusto di vivere, ha bisogno,
L’umanità, per condizioni fisiche dell’astro su cui si è sviluppata, è costretta a vivere gomito a gomito su una superficie ormai troppo ristretta. Questa moltitudine spaventa ed è inaccettabile nella misura in cui si organizza in strutture che spersonalizzano l’uomo, dimenticando, come abbiamo visto, che la caratteristica nuova dell’essere diventato capace di pensare è lo scoprirsi persona, dotato della possibilità di sviluppare sempre più la propria personalità. Ma per diventare sempre più persona, l’inserimento sociale è indispensabile. L’alterità è uno strumento di sviluppo da cui non si può prescindere. Ciò è la verifica a livello della Noosfera, delle “due equazioni gradualmente stabilitesi davanti a noi (…..). Evoluzione – Ascesa di coscienza = Effetto di unione” e quindi di crescita. Socializzarsi sì, perché significa imboccare una delle inevitabili linee direttrici dell’Evoluzione, ma non collettivizzarsi, secondo il metodo dei regimi totalitari, ricadendo così in dietro nella scala evolutiva, tornando ad essere “cristalli anziché cellule”. L’evoluzione è stata una lunga marcia verso la coscienza, verso una crescita nella zona dello Spirito (Noosfera). Solo proseguendo in questo senso, verso una crescita delle forze di personalizzazione, il fenomeno umano, ormai planetizzato, può sperare di raggiungere il suo nuovo punto critico che, estrapolando lucidamente la ricorrente legge comportamentale osservata nel passato, è legittimo pensare debba verificarsi. Le singole coscienze pensanti, sempre più organizzate tra di loro, dovranno necessariamente essere spinte dallo spirito a sintetizzarsi in un Punto che Teilhard chiama “Omega”.
Esso è innanzitutto punto di arrivo naturale dell’umanità, l’essere totale in cui sarà concentrata tutta la coscienza maturata sulla Terra. In questa “somma di coscienza” si concentreranno non “le nostre opere”, ma “l’opera delle opere” che ciascuno compie, cioè il nostro centro intimo unico e irripetibile, il nostro io, la nostra personalità. Nell’abbandonarsi a questa somma di coscienze, proprio per rimanere tale, dovrà rimanere cosciente di se stessa, mentre sintetizzandosi in Omega, diventerà ancora più persona.