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GIUGNO 2016

     

LA SAPIENZA Dada Prunotto

 

            Cambiare lo stile di vita è un processo evolutivo non semplice perché bisogna innanzitutto imparare a conoscere se stessi. Il cammino è lungo e inevitabilmente anche doloroso poiché ammettere i propri errori e le proprie debolezze, le compulsioni  che apparentemente sentivamo fare da scudo alla nostra insicurezza, può portare ad una crisi di identità profonda.

            Intraprendere un cammino di consapevolezza, guardando in faccia la falsa realtà in cui ci siamo crogiolati per tanto tempo, ci fa vergognare di noi stessi e ci addolora.

            Ci vuole tempo, coraggio e pazienza. Superata la crisi inevitabile, vivremo finalmente in una nuova prospettiva, dove verità, libertà e amore saranno compagne di una vita veramente autentica, aperta ad una intelligenza illuminante.

            Quanto si è detto negli scorsi articoli è auspicabile per tutti, perché si inizia ad imparare una via preferenziale e a stabilire rapporti autentici con noi stessi, col prossimo, con l’ambiente e con Dio.

            Umiltà e volontà, unite alla cultura, ci porteranno lontano, senza scoraggiarci.

            Ogni cambiamento porta in sé momenti di crisi. E’ necessario fare uno sforzo di volontà, perché, tra una caduta e l’altra, si arriva alla meta prefissata.

            Si è detto che la vita è un cammino che deve guardare avanti e in Alto, con spirito libero da preconcetti e con coraggio, nella certezza che a momenti bui, si alternano spiragli di luce che ci infondono forza e ci rendono pronti a procedere.

            Cultura.  Si è visto che la lettura di autori dello spessore intellettuale di Teilhard de Chardin aiuta a capire meglio e a rispondere alle eterne domande che l’uomo si pone: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”.

            Conoscere poi la vita dei Santi è la certezza di avere delle colonne portanti a cui appoggiarci senza timore.

            Voglio aggiungere che la conoscenza dell’Enneagramma può apportare un tassello utile al nostro processo di trasformazione; comunque non dobbiamo farne l’unico punto di riferimento. Soprattutto è indispensabile saper scegliere i libri adatti sull’argomento, scritti da autori seri e preparati. Le edizioni S. Paolo ne hanno pubblicati parecchi nel tempo. Mi permetto di suggerirne uno: “L’enneagramma – un itinerario alla scoperta di sé”. Gli autori sono tre: un teologo, una suora domenicana e un religioso, che oggi dirige una casa di esercizi ignaziani a Cleveland (Ohoro – USA). Mi limiterò in questa sede ad introdurre alla lettura del succitato libro, facendo riferimento all’ultima parte dell’introduzione, e alla parte terza (Paragrafo 5 e 6) di cui riporto alcuni stralci, citando testualmente:

 

Introduzione (ultima parte)

            Questo libro intende aiutare le persone a vedere se stesse nello specchio delle proprie menti, e in particolar modo a vedere come le immagini della loro personalità siano distorte dai comportamenti tipici dell’io. Identificare e ammettere l’esistenza di questa “compulsione” generale significa vedere la vita in modo più completo e profondo.; ciò è però possibile solo se l’individuo desidera opporsi a questo “peccato nascosto” del proprio comportamento e si rivolge direttamente a Dio per riuscirvi. Anche se l’enneagramma non può essere considerato una panacea per diventare santi, un suo studio approfondito, preferibilmente integrato con dei seminari, può condurre a una nuova comprensione di se stessi e all’acquisto di linee di condotta che permettono di eliminare la compulsione. Tutto ciò dà all’individuo una maggiore libertà personale sotto la guida dello Spirito. L’enneagramma è in realtà il viaggio che ogni persona intraprende quando scopre il sorprendente acume e la saggezza nascosti nel suo semplice diagramma.

 

Agire contro la compulsione Dal libro “L’enneagramma” un itinerario alla scoperta di sé” Ed. S. Paolo

 

            Chiunque sia sottoposto ad un processo compulsivo ha bisogno di aiuto. Questo aiuto può venire da tre parti: se stessi, gli altri e Dio. Coloro che hanno una personalità compulsiva possono aiutare se stessi cercando di capire i propri problemi e di trovare una soluzione grazie ai propri sforzi. Possono essere aiutati dagli altri, specialmente da un caro amico che comprenda la loro compulsione e di conseguenza possa aiutarli a liberarsi dei suoi effetti. Possono essere aiutati anche da Dio, che offre la salvezza a tutti mediante la fede.

            Tutte e tre queste forme di aiuto costituiscono aspetti della redenzione. Il termine “redenzione” deriva dal pagamento di un riscatto per la liberazione degli schiavi.. La compulsione è una sorta di schiavitù. Essa prevarica gli impulsi interni di un individuo, impedendogli così di vivere la libertà di un’umanità completamente integrata. Si deve pagare un riscatto o un prezzo per questa liberazione. Gesù ha pagato il prezzo della redenzione di tutta l’umanità con la sua passione e morte ma non lo ha fatto da solo. Egli chiama a sé tutti coloro che vogliono perdere la propria vita per ritrovarla (Mt 16,25) e accoglie i suoi discepoli nell’amicizia affinché, con il suo amore, portino frutto (Gv 15,16ss). Insiste continuamente anche sulla necessità di vivere con fede se si vuol essere salvati dall’azione diretta di Dio, vale a dire se si vuole entrare nel regno dei cieli.

            Questo capitolo sull’agire contro la compulsione riguarda gli sforzi che bisogna fare per abbandonare lo stato della compulsione e raggiungere quella della redenzione.

 

La conversione Dal libro “L’enneagramma” un itinerario alla scoperta di sé” Ed. S. Paolo

 

            Oltre a cercare di redimere l’io compulsivo con le proprie risorse, muovendosi in direzione contraria alla freccia della compulsione e con l’aiuto di un amico che capisca la situazione, ciò che riveste un’importanza fondamentale per un profondo risanamento interiore dell’io è un rapporto diretto e personale con Dio. Tale rapporto è meglio definito come santo abbandono, poiché costituisce l’unico modo adeguato e autentico di stabilire un’unione con Dio in quanto sorgente creatrice di tutto e quindi in quanto restauratore e redentore di tutto. L’azione di abbandono a Dio può influenzare e rettificare tutte le energie del proprio essere, a cominciare da quelle intellettive. L’abbandono a Dio è innanzitutto una conversione intellettiva, un modo di vedere tutta la realtà  e come si è parte di essa secondo il disegno divino. La conversione intellettiva porta quindi ad una conversione affettiva, che concerne il centro dell’emotività. La conversione affettiva può essere seguita, infine, da una conversione dell’energia istintiva della natura umana.

            La conversione ha luogo poiché l’essere radicati in Dio attraverso la fede – accettando Dio come tale -  porta ad accrescere sia la fiducia nel suo potere, sia l’amore per la propria vita. Mediante questa fiducia in Dio ci si può avvalere dell’energia interiore delle parti meno conscie del proprio essere, senza che l’io si senta minacciato da una qualsiasi perdita di controllo o da qualche altro pericolo.

 

Ovviamente, per loro fortuna, non tutti sono appesantiti dai problemi della compulsione e il loro rapporto con il trascendente è equilibrato e sereno. Essi saranno di esempio e magari di aiuto amichevole a chi, come me, invece è in via di guarigione.

 

            Auguro a tutti i lettori buone vacanze e buone letture. Dio ci benedica e ci aiuti a procedere sereni, nonostante la vita si presenti sempre più piena di ostacoli e di difficoltà. Andiamo avanti guardando a Dio con totale fiducia.

                                               Un caro saluto. Dada.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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