L'EVANGELO COME MI E' STATO RIVELATO - M. Valtorta (a cura di Rita)
Abbiamo lasciato la Vergine neonata tra le braccia di Anna e la ritroviamo, quando avrà compiuto i tre anni, per mano di Anna e Gioacchino i quali, adempiendo alla promessa fatta al Signore, si recano al Tempio per lasciarvi la piccola Maria , vergine della stirpe regale di Davide, consacrata al Tempio prima ancora della nascita. Soffrono i poveri genitori nel separarsi dal loro "fiore", e sono appena confortati dalle parole di Elisabetta e di Zaccaria, sacerdote nel Tempio, che li accompagna dal Sommo Sacerdote che accoglie Maria . Maria cresce nel Tempio e giunge ai quindici anni, età in cui le donne della stirpe di Davide per legge debbono sposarsi; essendo morti i suoi genitori, sarà il Sommo sacerdote ad occuparsi del suo sposalizio.
Maria confida il suo voto al Sommo Sacerdote (11.3)
Anna di Fanuel, la maestra, la chiama: "Maria. Il Sommo Sacerdote ti attende" e Maria lievemente stupita "Mi affretto a lui".
Maria fa un profondo inchino sulla soglia e non avanza fin ché il Sommo Sacerdote non le dice: "Avanzati, Maria. Non temere". Maria rialza persona e viso e viene avanti lentamente, non per malavoglia, ma per un involontario che di solenne, che la fa parere più donna.
Anna le sorride per incoraggiarla e Zaccaria la saluta con un: "La pace a te, cugina".
Il Pontefice la osserva attentamente, e poi a Zaccaria: "E' palese in Lei la stirpe di Davide e Aronne".
"Figlia, io so la tua grazia e bontà. So che ogni giorno tu crescesti in scienza e grazia agli occhi di Dio e degli uomini. So che la voce di Dio mormora al tuo cuore le sue parole più dolci. So che sei il Fiore del Tempio di Dio e che un terzo che- rubino è davanti alla Testimonianza da quando tu vi sei. E vorrei che il tuo profumo continuasse a salire con gli incensi ad ogni nuovo giorno. Ma la Legge dice altre parole. Tu non sei più una fanciulla ormai, ma una donna. Ed ogni donna de-ve esser sposa in Israele per portare il suo maschio al Signore. Tu seguirai l'ordine della Legge. Non temere, non arrossi-re. Ho presente la tua regalità. Già te ne tutela la Legge, che ordina che ad ogni uomo sia data la donna della sua stirpe. Ma, anche ciò non fosse, io lo farei, per non corrompere il tuo magnifico sangue. Non conosci alcuno della tua stirpe, o Ma ria, che possa esserti sposo?"
Maria alza un viso tutto rosso di pudore e sul quale, a ci glio delle palpebre, splende un primo brillio di pianto, e con voce trepida risponde: "Nessuno".
"Non può conoscere alcuno, poiché entrò qui nella pueri zia, e la stirpe di Davide è troppo percossa e dispersa per permettere che i diversi rami si riuniscano come fronda a far chioma alla palma regale" dice Zaccaria. - "Allora daremo a Dio la scelta".
Le lacrime fin lì trattenute sgorgano e cadono sino alla bocca tremante, e Maria getta uno sguardo supplice alla sua maestra. "Maria si è promessa al Signore per la sua gloria e la salvezza d'Israele. Non era che una bambina che compitava appena, e già si era legata da voto... " dice Anna in suo aiuto. "Il tuo pianto è per questo, allora? Non per resistenza alla Legge". "Per questo... non altro. Io ti ubbidisco, Sacerdote di Dio". "Questo conferma quanto sempre mi fu detto di te. Da quanti anni sei vergine?". "Da sempre, io credo. Non ancora ero in questo Tempio e già al Signore m'ero data". "Ma non sei tu la piccola che venisti, or sono dodici inverni, a chiedermi d'entrare?". "Lo sono".- "E come, allora, puoi dire che eri già di Dio allora?". "Se guardo indietro io mi ritrovo vergine... Non mi ricordo dell'ora in cui nacqui, né come cominciai ad amare la madre mia e a dire al padre: "O padre, io son la tua figlia"... Ma ricordo, né so quando ebbe inizio, d'aver dato a Dio il mio cuore…. Ma dimmi tu come io devo agire... Non ho padre e madre. Sii tu la mia guida". "Dio ti darà lo sposo, e santo sarà poiché a Dio ti affidi. Tu gli dirai il tuo voto". "E accetterà?". "Lo spero. Prega, o figlia, che egli possa capire il tuo cuore. Vai, ora. Dio ti accompagni sempre ". Maria si ritira con Anna. E Zaccaria resta col Pontefice. (La visione cessa così.)
Giuseppe prescelto come sposo della Vergine. ( 12.4)
"Uomini della stirpe di Davide, qui convenuti per mio bando, udite. Il Signore ha parlato, sia lode a Lui! Dalla sua Gloria un raggio è sceso e, come sole di primavera, ha dato vita ad un ramo secco, e questo ha fiorito miracolosamente mentre nessun ramo della terra è in fiore oggi, ultimo giorno del1'Encenie, mentre ancor non è sciolta la neve caduta sulle alture di Giuda ed è l'unico candore che sia fra Sion e Betania. Dio ha parlato facendosi padre e tutore della Vergine di Davide, che non ha altro che Lui a sua tutela. Santa fanciulla, gloria del Tempio e della stirpe, ha meritato la parola di Dio per conoscere il nome dello sposo gradito all'Eterno. Ben giusto deve essere costui per esser l'eletto del Signore a tutela della Vergine a Lui cara! Per questo il nostro dolore di perderla si placa, e cessa ogni preoccupazione sul suo destino di sposa. E all'indicato da Dio affidiamo con ogni sicurezza la Vergine, sulla quale è la benedizione di Dio e la nostra. Il nome dello sposo è Giuseppe di Giacobbe betlemita, della tribù di Davide, legnaiolo a Nazareth di Galilea. Giuseppe, vieni avanti. Il Sommo Sacerdote te lo ordina".
Molto brusio. Teste che si volgono, occhi e mani che accennano, espressioni deluse ed espressioni sollevate. Qualcuno, specie fra i vecchi, deve esser stato lieto di non avere questa sorte. Giuseppe, molto rosso e impacciato, si fa avanti. E' ora davanti al tavolo, di fronte al Pontefice che ha salutato reverente.
"Venite tutti e guardate il nome inciso sul ramo. Prenda ognuno la propria verga, per essere sicuro che non vi è frode".
Gli uomini ubbidiscono. Guardano il ramo tenuto delicatamente dal Sommo Sacerdote, prendono ognuno il proprio, e chi lo spezza e chi lo conserva. Tutti guardano Giuseppe. Vi è chi guarda e tace, e chi si felicita. Il vecchiotto, col quale egli parlava prima, dice: "Te lo avevo detto, Giuseppe? Chi meno si sente sicuro è colui che vince la partita!". Ora tutti sono passati.
Il Sommo Sacerdote dà a Giuseppe il ramo in fiore, e poi gli pone la mano sulla spalla e dice: "Non è ricca, e tu lo sai, la sposa che Dio ti dona. Ma ogni virtù è in Lei. Siine sempre più degno. Non vi è fiore in Israele vago e puro al par di Lei. Uscite tutti, ora. Resti Giuseppe. E tu, Zaccaria, parente, conduci la sposa"…. "Vieni Maria, ecco lo sposo che Dio ti destina. E' Giuseppe di Nazareth. Tornerai perciò alla tua città. Dio vi dia la sua benedizione".
Giuseppe: "Ti saluto, Maria. Ti ho vista bambina di pochi giorni, ero amico del padre tuo quando sei nata lavoravo già. Chi me lo avesse detto che io ti avrei avuta a sposa! Forse sarebbero morti più lieti i tuoi, perché mi erano amici. Ho seppellito il padre tuo piangendolo con cuor sincero, perché mi era maestro buono nella vita." Maria alza piano il viso, rinfrancandosi sempre più, gli tende una mano e dice: "Grazie, Giuseppe". "Lavorerò all'orto della tua casa, per la primavera voglio che sia in ordine per la tua gioia. Guarda, questo è un ramo del mandorlo che sta contro casa. Ho voluto coglierlo pensando che, se fossi stato il prescelto, avresti avuto gioia ad avere un fiore del tuo giardino. Eccotelo, Maria. Con esso ti dono il mio cuore, che come esso è fiorito sino ad ora solo per il Signore, ed ora fiorisce per te, sposa mia".
Maria prende il ramo e guarda commossa Giuseppe con un viso sempre più radioso. Si sente sicura di lui, quando poi egli dice: "Sono nazareo", il suo volto si fa tutto luminoso, ed Ella si fa coraggio." Io pure sono tutta di Dio, Giuseppe. Non so se il Sommo Sacerdote te l'ha detto". "Mi ha detto solo che tu sei buona e pura, e che hai un tuo voto, e d'esser buono con te. Parla Maria, santa fanciulla che Dio mi dona!……. "
"Fin dall'infanzia mi sono consacrata al Signore. So che questo non si fa in Israele. Ma io sentivo una Voce chiedermi la mia verginità in sacrificio d'amore per l'avvento del Messia. Da tanto l'attende Israele!…Non è troppo rinunciare per questo alla gioia d'esser madre!".
Giuseppe la guarda fissamente come volesse leggerle nel cuore e prendendole le mani dice "Ed io unirò il mio sacrificio al tuo, e ameremo tanto con la nostra castità l'Eterno che Egli darà più presto alla terra il Salvatore. Vieni, davanti alla sua Casa e giuriamo di amarci come gli angeli…."
Sposalizio della Vergine con Giuseppe ( 13.4)
Nel Tempio Maria, aiutata dalla sua maestra Anna, si prepara ad accogliere Giuseppe, che la condurrà nella sua casa natia a Nazareth dove trascorrerà l'attesa fino al giorno dello sposalizio.
"Pace a te, sposa mia!" saluta Giuseppe. "Pace a tutti". E, avuto il saluto di risposta, dice: "Ho visto la tua gioia quel giorno che ti ho dato il ramo del tuo orto. Ho pensato portarti il mirto, colto presso la grotta a te tanto cara. Volevo portarti le rose, che già mettono i primi fiori contro la tua casa. Ma le rose non durano in più giorni di viaggio. Sarei arrivato con sole spine. Ed io a te, diletta, voglio offrire solo rose, e di fiori morbidi e profumati spargere il cammino, perché su essi tu posi il piede senza incontrare sozzura o asprezza". "Oh! grazie a te, buono! Come hai potuto farlo giungere fresco così?". "Ho legato un vaso alla sella e dentro vi ho messo i rami dei fiori in boccio. Lungo il cammino sono fioriti. Eccoteli, Maria. La tua fronte si inghirlandi di purezza, simbolo della sposa, ma sempre, sempre tanto minore a quella che t'è in cuore".
Elisabetta e le maestre ornano Maria della fiorita ghirlandetta, che si forma fissando al cerchio prezioso i ciuffetti candidi del mirto, e intersecano piccole, candide rose, prese da un vaso posto su un cofano.
Maria fa per prendere il suo ampio manto candido per metterlo puntato sulle spalle. Ma lo sposo la precede nel gesto e l'aiuta a fissare con due fibbie d'argento l'ampio mantello a1 sommo delle spalle. Le maestre dispongono le pieghe con amore e grazia.
Tutto è pronto. Mentre attendono non so che, Giuseppe dice (lo dice appartandosi un poco con Maria): "Ho pensate in questo tempo al tuo voto. Io ti ho detto che lo condivido. Ma più vi penso e più comprendo che non basta il nazareato temporaneo, sebbene rinnovato più volte. Ti ho compresa, Maria. Non ancora merito la parola della Luce. Ma un murmure me ne viene. E questo mi fa leggere il tuo segreto, almeno nelle linee più forti. Sono un povero ignorante, Maria. Sono un povero operaio. Non so di lettere e non ho tesori. Ma ai piedi tuoi metto il mio tesoro. In perpetuo. La mia castità assoluta, per esser degno di starti accanto, Vergine di Dio, "sorella mia sposa, chiuso giardino, fonte sigillata", come dice l'Avo nostro che forse scrisse i1 Cantico vedendo te... Io sarò il guardiano di questo giardino d'aromi, in cui sono le più preziose frutta da cui sgorga una polla d'acqua viva con impeto soave: la tua dolcezza, o sposa che col tuo candore mi hai conquiso lo spirito, o tutta bella. Bella più di un'aurora, sole che splendi poiché ti splende il cuore, o tutta amore per il tuo Dio e per il mondo, a cui vuoi dare il Salvatore col tuo sacrificio di donna. Vieni, mia amata" e la prende delicatamente per mano guidandola verso la porta.
Li seguono tutti gli altri, e fuori si uniscono le compagne festanti e tutte in bianco e con veli, e si avviano verso il Sommo Sacerdote per la promessa.
L'annunciazione
Nota: Maria si trova nella sua casetta di Nazareth in attesa delle nozze decise per il suo sedicesimo compleanno. Sta tessendo nella sua stanzetta che si affaccia con la porta sul piccolo orto recintato che delimita un lato della proprietà.
La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con qualcosa o la scuotesse per scostarla. E una luce bianca di perla fusa ad argento puro fa più chiare le pareti lievemente gialline, più vivi i colori delle stoffe, più spirituale il volto sollevato di Maria. Nella luce, e senza che la tenda sia scostata sul mistero che si compie - anzi non palpita più, pende ben rigida contro gli stipiti, come fosse parete che isola l'interno dall'esterno - si prosterna l'Arcangelo.
Deve necessariamente assumere aspetto umano. Ma è un aspetto trasumanato. Di quale carne è composta questa figura bellissima e folgorante? Di quale sostanza l'ha materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine? Solo Dio può possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta. E' un volto, è un corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre. Ma non sono la nostra opaca materia. E' una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla:
"Ave, Maria, piena di Grazia, ave!".
La voce è un dolce arpeggio come di perle gettate su un metallo prezioso. Maria trasale e abbassa lo sguardo. E più trasale quando vede la fulgida creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita. Maria balza in piedi e si stringe alla parete. Diviene pallida e rossa alternativamente. Il suo viso esprime stupore e sgomento. Si stringe inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva quasi per nascondere il più possibile il suo corpo. Un atto di pudore soave.
"No. Non temere. Il Signore è teco". Tu sei benedetta fra tutte le donne".
Ma Maria continua a temere. Da dove è venuto quell'essere straordinario? E' un messo di Dio o dell'Ingannatore?
"Non temere, Maria!" ripete l'Arcangelo. " Io sono Gabriele, l'Angelo di Dio. Il mio Signore mi ha mandato a te. Non temere, perché tu hai trovato grazia presso Dio. Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome "Gesù". Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo (e tale sarà in vero) e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo Regno non avrà mai fine. Comprendi, o santa Vergine amata dal Signore, Figlia benedetta di Lui, chiamata ad esser Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai ".
"Come può avvenire questo se io non conosco uomo? Forse che il Signore Iddio più non accoglie l'offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor di Lui?".
"Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria. Tu sei 1'eterna Vergine, la Santa di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà. Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio. Tutto può il Signore Iddio nostro. Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio che sarà il Profeta del tuo Figlio, colui che ne prepara le vie. Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la sua memoria resterà nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la Grazia del Signore venuta a voi ed a te specialmente; venuta alle genti per mezzo tuo. Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio, e più la solleverà quando conoscerà la tua gioia. Nulla è impossibile a Dio, Maria, piena di Grazia. Che devo dire al mio Signore? Non ti turbi pensiero di sorta. Egli tutelerà gli interessi tuoi se a Lui ti affidi. Il mondo, il Cielo, l'Eterno attendono la tua parola! ".
Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo inchino, dice: "Ecco l'ancella di Dio. Si faccia di me secondo la sua parola ".
L'Angelo sfavilla nella gioia. Adora, poiché certo egli vede lo Spirito di Dio abbassarsi sulla Vergine curva nell'adesione, e poi scompare senza smuover tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.
Maria annuncia a Giuseppe la maternità di Elisabetta e affida a Dio il compito di giustificare la sua.
Maria è nella sua casa paterna impegnata nel ricamo e nella tessitura di ciò che manca al corredo preparato amorevolmente dalla sua mamma. Giuseppe la sera, dopo il lavoro, passa da lei e si trattiene un po' con Maria; in una di queste visite :
Maria, come chi prenda una decisione, posa in grembo il ricamo e dice: "Giuseppe, anche io ho qualche cosa da dirti. Non ho mai nulla, perché tu sai come vivo ritirata. Ma oggi ho una notizia. Ho avuto notizia che la parente nostra Elisabetta, moglie di Zaccaria, sta per avere un figlio... ".
Giuseppe sgrana gli occhi e dice: "A quell'età?".- "A quell'età" risponde sorridendo Maria. "Tutto può il Signore. Ed ora ha voluto dare questa gioia alla parente nostra". "Come lo sai? E' sicura la notizia?". "E' venuto un messaggero. Ed è uno che non può mentire. Vorrei andare da Elisabetta, per servirla e dirle che giubilo con lei. Se tu lo permetti". "Maria, tu sei la mia donna ed io il tuo servo. Tutto quanto fai è ben fatto. Quando vorresti partire?" "A1 più presto. Ma starò via dei mesi". "Ed io conterò i giorni aspettandoti. Va' tranquilla. Alla casa e al tuo orticello penserò io. Troverai i tuoi fiori belli come se tu li avessi curati. Soltanto... aspetta. Devo andare prima della Pasqua a Gerusalemme per acquistare degli oggetti per il mio lavoro. Se attendi qualche giorno ti accompagno sin là. Non oltre, perché devo tornare sollecito. Ma fin là possiamo andare insieme. Sono più quieto se non ti so sola per le strade. A1 ritorno, me lo farai sapere, ti verrò incontro". "Sei tanto buono, Giuseppe. Il Signore ti compensi con le sue benedizioni e tenga lontano da te il dolore. Lo prego sempre per questo". I due casti sposi si sorridono angelicamente. Il silenzio si ristabilisce per qualche tempo. Poi Giuseppe si alza. Si rimette il mantello, alza il cappuccio sul capo. Saluta Maria, che si è pure alzata, ed esce.
Maria lo guarda uscire, con un sospiro come di pena. Poi alza gli occhi al cielo. Prega certo. Chiude la porta con cura. Piega il ricamo. Va in cucina. Spegne o copre il fuoco. Guarda che tutto sia a posto. Prende il lume ed esce chiudendo la porta. Fa riparo con la mano alla fiammella che trema al vento freddino della notte. Entra nella sua stanza e prega ancora. La visione cessa così.
Dice Maria:
"Figlia cara, quando, cessata l'estasi che mi aveva fatta piena di inesprimibile gioia, io tornai ai sensi della terra, il primo pensiero che, pungente come spina di rose, mi punse il cuore fasciato nelle rose del Divino Amore, a me Sposo da qualche istante, fu il pensiero di Giuseppe. Io l'amavo, ormai, questo mio santo e previdente custode. Da quando il volere di Dio, attraverso la parola del suo Sacerdote, mi aveva voluta sposata a Giuseppe, io avevo potuto conoscere ed apprezzare la santità di questo Giusto. Congiunta a lui, avevo sentito cessare il mio smarrimento d'orfana, né avevo più rimpianto il perduto asilo del Tempio. Egli era dolce come il padre perduto. Presso a lui mi sentivo sicura come presso il Sacerdote. Ogni titubanza era caduta, non solo caduta. Ma anche dimenticata, tanto si era allontanata dal mio cuore di vergine, perché avevo capito che non avevo da titubare, da temere di nulla rispetto a Giuseppe. Più sicura di un bambino nelle braccia della mamma, era la mia verginità affidata a Giuseppe.
Ora come dirgli che ero Madre? Cercavo le parole per dagli l'annuncio. Difficile ricerca. Ché non volevo lodarmi del dono di Dio, e non potevo in nessuna maniera giustificare la mia maternità senza dire: "Il Signore mi ha amata fra tutte le donne e di me, sua serva, ha fatto la sua Sposa". Ingannarlo, celandogli il mio stato, non volevo neppure.
Ma, mentre pregavo, lo Spirito di cui ero piena mi aveva detto: "Taci. Affida a Me il compito di giustificarti presso lo sposo". Quando? Come? Non l'avevo chiesto. Mi ero sempre affidata a Dio come un fiore si affida all'onda che lo porta. Mai l'eterno mi aveva fatto rimanere senza il suo aiuto. La sua mano mi aveva sorretta, protetta, guidata fin qui. Lo avrebbe fatto anche ora.
Figlia mia, come è bella e confortevole la fede nel nostro eterno, buono Iddio! Ci raccoglie nelle sue braccia come una cuna, ci porta come una barca nel luminoso porto del Bene, ci scalda il cuore, ci consola, ci nutre, ci dà riposo e letizia, ci dà luce e guida. Tutto è la fiducia in Dio, e Dio tutto dà a chi ha fiducia in Lui. Dà Se stesso.
Quella sera portai la mia fiducia di creatura alla perfezione. Ora lo potevo fare, poiché Dio era in me. Prima avevo avuto la fiducia di povera creatura quale ero. Sempre un nulla, anche se la Tanto Amata da esser la Senza Macchia. Ma ora avevo la fiducia divina, perché Dio era mio: mio Sposo, mio Figlio! Oh! gioia! Esser Una con Dio. Non per mia gloria, ma per amarlo in un'unione totale, ma per potergli dire: "Tu, Tu solo che sei in me, opera con la tua divina perfezione in tutte le cose che io faccio"……..
E per mesi, da quel momento, ho sentito la prima ferita insanguinarmi il cuore. Il primo dolore della mia sorte di Corredentrice. Ho offerto e sofferto per riparare e per dare a voi una norma di vita in momenti analoghi di sofferenza per una necessità di silenzi, per un evento che vi pone in luce cattiva presso chi vi ama. Date a Dio la tutela del vostro buon nome e dei vostri interessi affettivi. Meritate con una vita santa la tutela di Dio, e poi andate sicuri. Anche tutto il mondo vi fosse contro, Egli vi difenderà presso chi vi ama e farà emergere la verità". "Riposa ora, figlia. E sii sempre più figlia mia.".