L’esercizio del perdono Dada
“Bisognerebbe pagare colui che ci fa del male, perché in quel caso c’è la tua occasione… che i tuoi peccati vengano perdonati”. (Madre Speranza).
Se il perdono è un’opportunità per ricucire rapporti a rischio di estinzione, abbiamo la possibilità di esercitarci già in famiglia, piccola società, dentro la quale spesso si vivono conflitti per gelosie, tradimenti, rifiuto di collaborazione pacifica, mancanza di rispetto di certi valori, per distrazione, latitanza di genitori nel confronto dei figli o, al contrario, di figli verso genitori anziani e bisognosi di cure. La famiglia è una società nella quale l’esercizio del perdono reciproco si impone, e molto più sovente di quanto si possa immaginare, quando ancora si è fidanzati e non si può capire che prima di tutto si dovrà fare i conti con questo valore, e pure nel quotidiano! Perché per saper perdonare, più delle parole, valgono i fatti e non c’è nulla che possa sostituire l’esperienza. Il perdono non si può banalizzare, né improvvisare: ci tocca fare esercizio come si fa in tante altre situazioni della vita, che di materiale hanno poco, ma che comunque sono legate a fatti concreti, a esperienze dolorose; l’esercizio è un passo molto importante per imparare a perdonare.
Possiamo intanto porci una domanda che ritengo fondamentale: “Che cosa voglio io dalla vita?” Se voglio la ricchezza, sicuramente per me sarà più difficile perdonare chi, nella mia vita, attenta ad essa. Se voglio una bella casa perfetta e in ordine, sentirò nemico chi lascia disordine e sporcizia. Se non sono disposto all’umiltà e a lasciar fare a chi mi prevarica, tenta di sminuirmi, a chi non mantiene le promesse fatte, a chi mi vuol lasciare un’eredità, che mi spetterebbe, e invece, poi, provvede a non lasciarmi nulla, perché altri intanto hanno pensato a privarti del tuo buon giusto. Chi non ha provato almeno una volta nella vita certi tipi di ingiustizia? Se non ci si esercita al distacco, si corre il rischio di rimanere schiavi rancorosi delle cose materiali e del proprio EGO, che è così forte da diventarci nemico. Sì, il nostro EGO, nell’intento di emergere e di farsi valere su tutto, ci schiavizza con le passioni ignobili; in sostanza ci rende infelici.
Al perdono dunque ci si deve anche abituare, come al distacco, e con umiltà, per gettare le basi alla riconciliazione. Senza umiltà rimaniamo prigionieri del nostro stupido orgoglio e di conseguenza il perdono diventa praticamente impossibile.
Alla domanda: “Io cosa voglio dalla vita?”, sarebbe bello rispondere: “Voglio la pace, mia, interiore, e poi quella fondamentale, grande, con gli altri”.
La Madre Speranza diceva che chi ci fa del male è per noi un benefattore, perché ci aiuta nel cammino verso la santificazione.
L’aiuto in questo percorso ci viene dall’esempio dei Santi e da Gesù, che è venuto sulla terra per unire e perdonare tutti e che può farci la grazia di guarire l’odio e il rancore, basta che ci poniamo umilmente all’ascolto della nostra coscienza.
“E’ misericordioso chi cerca misericordia, esercita il perdono: la misericordia nasce dalla coscienza della nostra povertà, del nostro debito, di un debito impagabile; se non fossimo nella verità, se noi, semplicemente quelli che siamo qui, fossimo nella pura e semplice verità, oggi chi ci incontra incontrerebbe solo tenerezza, solo misericordia, solo benevolenza…” (Madre Speranza).
Recitando il “Padre Nostro” siamo continuamente tenuti a rispondere alla domanda: “Come posso non perdonare gli altri, dal momento che a mia volta ho bisogno di essere perdonato?
Perdonare e ottenere il perdono: solo così potremo guardare alla nostra coscienza, interrogarla ed ascoltarla, guardandola come ad una grande opportunità per riuscire a capire che la pace interiore, conquistata perdonando, è l’unico tesoro, la vera ricchezza che ci fa vivere sereni e in pace con tutti.
Il perdono che ci dà la pace, è un gesto che dà vigore alla nostra vita, la rigenera, la libera dall’egoismo e comunica agli altri i frutti della nostra generosità.