Marco, un bambino santo (Parla la mamma di Marco)
(Continua dal numero precedente)
Come ho scritto all’inizio, Marco ha una sorella maggiore di quattro anni, Claudia, che è stata il suo sostegno più grande, la persona che lo faceva ragionare quando nessuna ragione era più accettabile e lo faceva ridere quando motivi per ridere ce n’erano ben pochi!
Le probabilità di compatibilità sono del 25%, c’era un bambino con otto fratelli e nessuno compatibile…e noi facciamo sottoporre Claudia ai test necessari.
Passano i giorni e le speranze aumentano…arrivano i risultati e…sì, Claudia è compatibile, in modo perfetto: i medici vogliono il suo consenso. Le spiegano tutto e, alla fine, le dicono che può fare tutte le domande che vuole e lei ne fa solo una: “Se io non gli do il mio midollo, Marco può morire?” e il medico le dice: “Sì, può morire, come può morire anche se tu gli dai il tuo, ma gli offri l’unica possibilità che ha di farcela!”.
Claudia scoppia a piangere disperata e acconsente, distrutta dal dolore…
Una delle mie sorelle, Lory (è così che la chiamiamo in famiglia!), mi fa presente che il Signore ci ha fatto dei doni straordinari che noi spesso non prendiamo neanche in considerazione, un po’ per ignoranza nella fede e un po’ per timore…Mi parla dell’unzione degli infermi ed io ne parlo a Marco.
Marco accetta entusiasta, dicendo che così sarebbe stato “il soldatino di Gesù”, sarebbe diventato più forte e avrebbe potuto combattere le “celluline malate”.
A dicembre i due bambini sono in ospedale, a Bologna, uno pronto a ricevere e l’altra pronta a donare…si salutano attraverso un vetro che li separa, perché Marco era in isolamento…le loro mani si toccano, le loro guance si avvicinano, divise da un vetro, si guardano a lungo, si sorridono…Claudia va in sala operatoria e, dopo un po’, arriva il suo midollo, che viene dato a Marco…Marco era felice, stava ricevendo il sangue di sua sorella (dirà sempre, poi, che loro ormai erano uguali, avevano lo stesso sangue!)…il trapianto è avvenuto…ricomincia l’attesa…
Oltre ogni aspettativa dei medici, ma in risposta alla nostra CERTA SPERANZA, riusciamo ad uscire dall’ospedale il giorno della vigilia di Natale…a casa ci sono Claudia e la nonna Teresa, come sempre in trepida attesa, Claudia ha preparato degli striscioni di bentornato per Marco con le loro foto ed hanno imbandito la tavola come quella di un re, nonostante in tavola ci fossero le due o tre cose che Marco poteva mangiare e noi insieme con lui…
Che bel Natale…il Signore ci ha donato di vivere una felicità così grande e piena, insieme, ancora insieme, con il cuore che scoppia di gioia!
I bambini crescono e, così, la nostra fede e la presenza del Signore, che si fa sempre più forte e concreta!
Si prega da nord a sud, la catena si è estesa sino in America (dove aveva lavorato per diverso tempo la mia sorella maggiore, Cinzia, la dottoressa, che, appena possibile, prendeva l’aereo da Bari e volava dal suo amato nipotino Marco), in Francia…neanche i cattolici stessi sono pienamente consapevoli della vera potenza della preghiera e, purtroppo, nella nostra esperienza, neanche alcuni religiosi…
A settembre 2003 una nuova recidiva, terapie, trasfusioni, viaggi, Marco ha una forza straordinaria, preghiamo insieme e la nostra preghiera è il Rosario.
Un giorno, a tavola, Marco si ferma e mi dice: “Ma tu lo sai che non sei la mia vera mamma?”.
Io rido e gli chiedo: “Ah sì? E chi sarebbe?”.
“La mia vera madre è la Madonna e tu sei la mia mamma adottiva!”.
Rimango un attimo in silenzio, non conosco i suoi pensieri, ma vedo nei suoi occhi una profondità superiore alla sua età, che non è sua, che gli viene da Altro…
Le terapie lo indeboliscono.
Un pomeriggio, mentre eravamo da don Giovanni, il suo padre spirituale, gli chiede di ricevere la Prima Comunione perché è certo che così Gesù lo guarirà da dentro.
Don Giovanni è stupito, lo ascolta, lo guida con stupore sempre nuovo e lo asseconda.
Il 12 giugno 2004 Marco riceve per la prima volta il corpo e il sangue di Gesù, di quel Cristo che lui ama tanto e di cui si fida ciecamente.
Marco è sereno, sempre sorridente, nonostante le terapie gioca, corre, va in bici con i suoi amici.
Anche il suo papà gli è sempre accanto, sempre presente, ottimo inventa-storie e compagno di giochi elettronici (di cui io non capisco nulla neanche adesso!).
I medici lo considerano un campione, un bambino con una forza fuori dal comune (sebbene i piccoli malati oncologici siano tutti dei piccoli eroi…).
Ad aprile 2005, in concomitanza con la nascita di Chiara, il 6 aprile, ci dicono che per Marco non c’è più niente da fare, che avrebbero tentato un’ultima terapia “bomba” e, poi, si sarebbero fermati per non cadere nell’accanimento terapeutico.
Marco sa che sarà un’esperienza dura, c’è già stato nel “buncher”, cosi come lo chiamavamo noi, e chiede di ricevere ancora l’unzione degli infermi perché sa che Gesù lo renderà forte e non avrà paura.
A luglio si sottopone a questa terapia, la MIBG ad alte dosi.
Ad agosto, entrando in chiesa, la mia attenzione viene catturata da una locandina; ero passata di lì decine di volte, ma non mi ero mai soffermata: era una locandina dell’UNITALSI che pubblicizzava uno dei tanti viaggi a Lourdes.
Sento un richiamo fortissimo, quella immagine della Madonna sembrava avermi ipnotizzata.
Torno a casa, ne parlo con mio marito e con Marco e, alla fine di agosto, eravamo lì, a Lourdes, davanti alla Madre Santa a deporre nelle Sue mani i nostri cuori.
Non sapevamo, però, che qualcosa di veramente straordinario stava per accadere!
Dopo l’immersione nell’acqua delle vasche, Marco cambia espressione del volto, non potrei descriverla: aveva lo sguardo rapito, quasi assente, gli occhi tra meravigliati e impauriti e mi chiede: “Mamma, cos’hai provato?”.
Ed io : “Beh, una grande emozione…”.
“Sì, ma cos’hai provato veramente?”.
“Un gran freddo. Perché, tu cos’hai provato?”.
“Io ho sentito un fuoco alle gambe…la Madonna mi ha guarito!”. (Nella gamba in particolare le terapie non erano riuscite a mandar via la malattia e gli esami davano sempre captazioni!).
Io scoppio a piangere.
La sua fiducia è totale e mi chiede: “Perché piangi?” ed io - che però sapevo che per lui non c’era più niente da fare e che presto ci avrebbe lasciati, al vedere questa sua estrema certezza - ho risposto: “Piango perché sono felice, sarà sicuramente come dici tu, la Madonna ti ha guarito”.
Ma non era finita…
Durante la messa internazionale, al momento della Consacrazione, mi sento toccare il braccio, mi volto…di nuovo quello sguardo e Marco mi dice: “Mamma, la vedi?”.
“Chi?”.
“La Madonna”.
“Dove?”.
“Lì, sugli ammalati.”.
Io mi giro e lui mi dice sconsolato: “Ah, è andata via.”.
Ci siamo abbracciati, in silenzio e non me abbiamo più parlato fino a quando a settembre Marco esegue la PET di controllo e…niente, non c’era niente! Il miracolo.
(Continua al numero successivo)