ANNUNCIATE CORAGGIOSAMENTE IL VANGELO (Ef 6,10-20)
"Dopo la risurrezione Gesù apparve agli undici, mentre
stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità
e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli
che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: "Andate
in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi
crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma
chi non crederà sarà condannato. E questi saranno
i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno
i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano
i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro
danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
(Mc 16:14-18)
"Andate in tutto il mondo". Il Signore, alla fine della
sua missione sulla terra, ci passa il testimonio. Egli è
venuto, ha lasciato il cielo per annunziare la buona novella della
salvezza, l'ha messa in pratica dando letteralmente la vita per
noi. E' stato Maestro e Modello. Ora manda noi. Ma come ci manda?
"Come agnelli in mezzo ai lupi" (Mt 10,16), ci indica
la mitezza come didattica efficace, ma soprattutto ci dice: "Venite
a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono
mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".
(Mt 11:28-30)
La Parola, infatti, non è efficace se non diventa visibile,
se non s'incarna; l'uomo moderno è distratto da tante parole,
non è molto capace di ascolto, inoltre non ha una buona
educazione alla fede e alla fraternità, può anche
commuoversi sentendo un messaggio di pace e d'amore, ma solo l'esempio
lo conquista.
Ebbene, Gesù, che è il Verbo del Padre, la Parola
per eccellenza, si è rivestito di carne per farsi modello:
"In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il
Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è
stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato
fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la
vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.(
.) A quanti però
l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli
che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da
volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo
a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal
Padre, pieno di grazia e di verità. (
.) Dio nessuno
l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel
seno del Padre, lui lo ha rivelato.
(Cfr Gv 1,1-18)
Il segreto di Gesù è quello di farsi Parola incarnata,
parola trasformata in vita. E, nonostante tutto l'uomo dal cuor
indurito non comprende, anzi si carica di sospetti, di sentimenti
negativi, di odio. Se questo è successo a Lui, immaginate
quale speranza di far presa abbiamo noi, se vogliamo fidarci solo
delle nostre paroline, prese a prestito da questo o quello!
Convertire i cuori non è opera nostra ma è opera
dello Spirito Santo; noi potremo solo, se il Signore ci accetta
e ci manda, farci interpreti di quella Parola, farci ripetitori,
strumenti visibili dello Spirito invisibile, ma questa è
grazia.
La grazia dell'apostolato è un dono e un premio. Il nostro
darci da fare, se non è Lui che ci manda, potrebbe essere
presunzione o un mero fatto filantropico e culturale, ma non apostolato
fruttuoso. Ora però c'è da dire che Dio chiama e
manda tutti ad evangelizzare, sia pure in modalità diverse
e in ambiti diversi, semmai la defezione è da parte del
chiamato, il quale può non ascoltare la chiamata, rifiutarla
o scegliersi lui l'ambito, invadendo campi altrui e lasciando
vuoto il suo ambito proprio. Occorre perciò molta vigilanza,
molto ascolto, molta umiltà e molta generosità.
QUALITA' E MODALITA' DELL'ANNUNCIO
Innanzitutto, perché l'annuncio risulti efficace, è
necessario che chi lo fa sia stato raggiunto da Dio, ne abbia
fatto esperienza, sia stato conquistato da Lui. Se questo è
avvenuto e avviene, le parole passano in second'ordine, l'essere
tutto dell'apostolo parla e annuncia. La sua fede, la sua fermezza,
la passione con cui annuncia le verità che esprime sono
un annuncio più eloquente delle parole stesse. Colui che
ha scoperto la "Perla preziosa" non può non esprimere
la gioia di possederla, essa trapela dai pori della sua pelle,
ed è una gioia contagiosa, che genera curiosità,
interesse in chi la nota. Questa è una premessa indispensabile
per chi vuole comunicare qualcosa.
Il come, quando, dove, a chi annunciare, dipende dalla chiamata
vocazionale, che ci viene rivelata dall'azione dello Spirito e
dalle circostanze della vita.
LA CHIAMATA VOCAZIONALE
La Madre Speranza, parlando della comunione dei santi, già
presente fina da ora, ma che riceverà il suo coronamento
nella Chiesa eterna, quando Dio sarà tutto in tutti, dice:
"La comunione dei santi, che è il risultato finale
di tutta l'opera creatrice di Dio, il suo coronamento e completamento
è la Chiesa eterna, cioè la società degli
angeli e dei santi uniti nell'unità del grande corpo di
Gesù Cristo, essendo Egli, Dio e Uomo, loro capo, ed essi
solamente angeli o uomini. Questo corpo di eletti canterà
la grande lode voluta dal nostro Creatore. Ognuno di essi, angeli
o uomini, ha il proprio posto e la funzione corrispondente alla
propria vocazione. Dalla realizzazione da parte di ciascuno del
compito assegnatogli risulta quell'armonia che forma l'incanto
dell'eternità e la beatitudine del cielo.
A questa società siamo ora incorporati per la grazia, poi
lo saremo definitivamente per la gloria ed avremo nel cantico
eterno la nostra parte specifica. Però è necessario
che prima, qui sulla terra, ci prepariamo ed esercitiamo per divenire
capaci della lode beatifica. Loderemo Dio con tanta maggiore pienezza
e perfezione, quanto più qui sulla terra avremo cercato
di impegnare la nostra vita per Dio, in conformità al suo
volere. La gloria dell'unione si realizza per mezzo di Gesù
Cristo, con Lui e in Lui. Per Lui deve essere reso ogni onore
e gloria a Dio nell'unità dello Spirito Santo.
(El Pan 7,11-14)
Per gli sposati la prima forma di annuncio è rendere visibile
il loro sacramento, che è sacramento d'amore, a unirli,
infatti, è stato l'amore. Rendere visibile il sacramento
significa renderlo esemplare, non per esibizionismo ma come fatto
naturale, come dovere vocazionale. Chi vede una coppia che si
ama, si rispetta, si aiuta, si sostiene, si incoraggia, si dona
generosamente
deve essere portato a dire. "Dio c'è
ed è amore". Chi vede una coppia feconda, che con
fiducia si apre alla vita, che si prende cura dei figli, rispettandone
l'innocenza e la fragilità psicologica, li nutre, li assiste,
li educa, li orienta a inserirsi nel mondo senza lasciarsi travolgere
dal mondo, che apre davanti ai loro occhi l'orizzonte sconfinato
delle verità eterne
, deve poter dire: "Dio c'è
ed è Vita". Dio ha istituito proprio il matrimonio
per custodire, rivelare e propagare l'amore sulla terra.
Per ciò che riguarda il compito specifico di trasmettere
la fede ai figli, questo compito non è facoltativo ma è
intrinseco al matrimonio cristiano stesso. I primi ad aver bisogno
di un Vangelo vivo sono proprio i figli; sono essi i primi a vedere
come i genitori si amano e come si rispettano e da loro imparano
il modo di amare e di rispettare gli altri. Naturalmente i figli
sono spugne vergini e si impregnano di quello che vedono, se vedono
la mancanza di rispetto, la mancanza d'amore, se sentono urlare
invece di dialogare serenamente, se vedono e sentono imposizioni,
incomprensioni, prepotenze e quant'altro la discordia sa inventare,
il danno che ne ricevono è grande, i messaggi verbali e
le regole che i genitori pretendono impartire, cozzeranno con
la contro testimonianza pratica e il risultato sarà una
confusione enorme.
I coniugi cristiani, inoltre, devono rendere visibile la relazione
di carità nel rapportarsi con i parenti. Essa si traduce
in attenzione a coltivare i sentimenti di affetto familiare, nonostante
le diversità di vedute e le normali difficoltà,
nella disponibilità all'aiuto e all'assistenza se ce n'è
bisogno.
I figli hanno bisogno di sperimentare tutte le forme di amore:
l'amore dei fratelli e sorelle, l'amore dei nonni, degli zii,
dei cugini, dei parenti acquisiti. Più le relazioni parentali
sono buone, fluide, senza retroscena ambigui, più il bambino
cresce ricco psicologicamente, sicuro, forte. Se manca l'esperienza
di una o alcune di queste componenti parentali, il ragazzo viene
più debole e più egoista, morbosamente attaccato
ai genitori, più invidioso.
Il condividere con gli altri i beni e l'amore dilata il cuore,
lo apre alla fiducia. La certezza di essere circondato da amore
lo rende sicuro. La ricchezza economica non può essere
l'unico criterio per accogliere o non accogliere la vita: un solo
figlio debole, senza esperienze relazionali, con un egoismo cresciuto
a dismisura, può essere molto più pesante da allevare
che una famiglia più numerosa, ricca di relazioni affettive
solide, aperta all'amore fraterno.
E' inutile criticare il fatto che oggi in cima alla gerarchia
di valori predomini l'"avere", se noi stessi ne siamo
condizionati al punto da chiudere il cuore all'accoglienza della
vita.
I coniugi cristiani sono chiamati soprattutto ad incarnare la
fede in Dio, la fiducia nella Provvidenza, l'accoglienza della
vita, la capacità di donare generosamente la vita, lavorando
e soffrendo per i propri figli senza lamentarsi. Questo è
Vangelo incarnato ed è l'unico vangelo che i figli leggono
e incidono nella loro mente, nel loro cuore.
La conoscenza sistematica della Parola di Dio e dei sacramenti
si può ottenere anche con l'aiuto della Parrocchia e della
scuola, ma nessuno può sostituirsi ai genitori nella trasmissione
esistenziale della fede.
EVANGELIZZARE IL MONDO DEL LAVORO
Altro compito riservato ai laici è anche l'evangelizzazione
del mondo del lavoro. Anche questo aspetto della vita sociale
ha bisogno di essere impregnato dei valori evangelici. Tutti sperimentiamo
la difficoltà a vivere con gli altri, a lavorare con colleghi
che non condividono gli stessi ideali. Tutti sappiamo che imbattersi
con un impiegato statale poco sensibile e attento alle difficoltà
dell'utente, significa esaurire tutte le proprie riserve nel continuo
rimando da un ufficio all'altro. Un cristiano, allo sportello
di un servizio pubblico, è una benedizione. Lo si vede
da come ascolta il fratello, da come lo serve, da come lo informa,
da come gli parla, da come lo rispetta. Gli utenti sono per lui
il suo Cristo da amare e da servire, e questo fa la differenza.
Sicuramente un cristiano che fa coscientemente il suo dovere,
può anche divenire bersaglio di colleghi senza scrupoli,
che non accettano la diversità per non essere messi in
crisi, ed allora si burlano di lui, gli lanciano epiteti sgraditi,
se sono proprio lontani da ogni tipo di valori, possono fargli
anche del male. Ma se i primi cristiani furono capaci anche di
dare la vita per la fede, noi saremo così deboli, così
timorosi, da non sopportare neanche le parole di un povero collega
sfortunato?
L'onestà nel lavoro si manifesta anche nell'assolvere responsabilmente
il proprio compito, senza cedere alla pigrizia, praticando la
giustizia nel ricompensare gli operai, nell'assolvere agli obblighi
fiscali: "Date a Cesare ciò che è di Cesare
e a Dio ciò che è di Dio". Questa è
la norma dataci da Gesù, il quale, pur non essendone obbligato,
pagava il tributo al tempio. Per il resto affidiamoci alla Provvidenza
senza cedere all'avidità e il necessario non ci mancherà.
EVANGELIZZARE L'AMBIENTE SOCIALE
Per "ambiente sociale" intendiamo ogni luogo e ambito
in cui gli uomini vivono e si esprimono: lo spettacolo, i mezzi
di comunicazione, la partecipazione alla vita sociale e politica,
lo sport, i luoghi di villeggiatura, le scuole, gli ospedali,
le case per anziani, per disabili, gli stessi ambienti parrocchiali
e tutte le forme di aggregazione.
In questi ambienti non è improbabile che vi sia spazio
anche per la testimonianza verbale, per l'esposizione sistematica
del proprio pensiero, ma a prescindere da questa forma articolata
di testimonianza, questi ambienti hanno bisogno di essere evangelizzati
dalla presenza di persone che sanno condividere idee, problemi,
ideali senza crearsi nemici e senza contrapporsi violentemente
a chi la pensa diversamente, anche se il suo pensiero sia inequivocabilmente
sbagliato e contrario al vangelo. Gesù ha sempre proposto
la buona novella non l'ha mai imposta. Il rispetto è alla
base del comportamento cristiano. E' l'esempio che deve convincere
i lontani e non la prepotenza o la forza. Dio non vuole forzati
nel Suo Regno. La gentilezza di modi, la cortesia, la capacità
di ascolto, la misericordia sono più eloquenti di ogni
discorso. Nei momenti difficili della vita, anche chi ha sempre
rifiutato il pensiero cristiano, al cristiano fa ricorso per trovare
aiuto e comprensione. Ed è proprio questa coerenza misericordiosa
che tutti si aspettano dai cristiani.
Oggi la passione per lo sport, la passione partitica, la sete
di supremazia anche in ambiente medico, prevalgono spesso sul
buon senso e sulla tolleranza; gli stadi sono diventati campi
di battaglia, i centri sportivi luoghi di scontro, i parlamenti
sale da pettegolezzo, i tribunali luoghi di veleni, anche le scuole
sono luoghi incontrollati, le stesse parrocchie possono diventare
luoghi in cui si lotta per la supremazia, per cui non è
difficile assistere al boicottaggio di progetti evangelici solo
per invidia e rivalsa.
Quando la corruzione è arrivata a questo punto non è
più tempo di parole ma di azione. Il cristiano che vuole
collaborare alla ricostruzione della "civiltà dell'amore",
deve saper perdere se stesso, come ha fatto Gesù, che ha
preso a modello la sorte del chicco di grano che, per dare la
spiga, deve svuotarsi completamente in un servizio umile, sotto
terra, in un dono di sé non visto, non apprezzato ma estremamente
indispensabile. Solo quando i cristiani avranno capito il loro
ruolo di semi, la chiesa e il mondo vedrà "la nuova
primavera" che tutti attendiamo.
Questo significa annunciare coraggiosamente il Vangelo. Il Vangelo
si annuncia con la vita. Certo, la vita è anche parola,
ma la sola parola senza le opere non è sufficiente, sono
più efficaci le opere senza parola che le parole senza
le opere. Le opere buone Dio le vede e le benedice e non saranno
senza il loro frutto, le parole senza le opere sono fariseismo
vuoto e superbo, che produce vento.
"Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi
la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi
tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi la carità, niente mi giova.
La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa la carità, non si vanta, non si
gonfia,
non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà
mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà
e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta
e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò
che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo
da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho
abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa;
ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza
e la carità; ma di tutte più grande è la
carità!". 1Cor 13,1-13)
1. Ho capito che il mandato di evangelizzare è stato dato
anche a me?
2. Ho individuato il modo specifico di evangelizzare, che mi compete
in forza della mia vocazione?
3. Vivo il sacramento del matrimonio come espressione dell'amore
trinitario?
4. Vivo la fecondità come dono e come annuncio?
5. Mi sono impregnato di vangelo sì da poterlo trasmettere
ai figli con la vita?
6. Vivo da cristiano il lavoro, qualunque sia il mio compito?
7. Esprimo tolleranza e buon senso in tutte le forme di partecipazione
che sono chiamato a vivere?
8. Ci sono ancora passioni che mi travolgono e non mi permettono
di esprimere l'amore?
9. Dove e quando sono chiamato ad esprimere anche con la parola
il mio credo? lo faccio?
10 Mi premuro di educarmi a vivere, partecipando a cammini di
formazione permanente?