Da “La Via Crucis di Gerusalemme” ed. Centro Studi Leopardiani
DEVOZIONE DE CORDA PIA (continua dal numero precedente)
È una devozione nata per commemorare le stimmate di Gesù e di S. Francesco. Ebbe origine nell’Ordine francescano, nel santuario di Assisi, che contiene il sepolcro di san Francesco, intorno al 1337, dopo l’istituzione della festa liturgica delle stimmate del Santo; ed è ancora oggi praticata.
E’ una devozione particolare perché è l’unica che accomuna Gesù e Francesco nelle sofferenze della Passione.
Il devoto che la pratica deve fissare e contemplare una per una le ferite delle mani, dei piedi e del costato di Gesù e di Francesco e cantarne il valore salvifico. Fino a non molto tempo fa, veniva celebrata tutti i venerdì dell’anno, esclusi quelli che precedono Pasqua e Natale.
La contemplazione della Passio Christi veniva supportata da una relativa predicazione.
La denominazione “Corda Pia” deriva dalle parole che aprono l’inno professionale iniziale.
I libretti di devozione
Alcuni fedeli di intensa spiritualità, in genere persone consacrate, contemplando mentalmente la Passione nelle loro abitazioni, si immedesimavano nelle sofferenze di Gesù come, e magari anche più, di quelli che partecipavano alle celebrazioni nelle chiese.
II primo asceta che, ai piedi di un Crocifìsso, trascorreva ore di profonda meditazione e tenera partecipazione alle sofferenze di Gesù fu san Bernardo, all'alba del secolo XII: i suoi biografi raccontano che più di una volta Cristo staccò le mani dalla croce per attirarlo a sé ed abbracciarlo".
La stessa compartecipazione infiammata d'amore animò anche san Francesco, che ne fu ricompensato con le stimmate.
Il domenicano renano Enrico Suso, nella prima metà del ‘300, percorreva di notte con una croce sulla spalla il suo convento, meditando tra sé gli episodi della Passione, dall'Ultima Cena fino alla Crocifissione; e lo chiamava cammino della croce.
Santa Rita da Cascia, all'inizio del '400, praticava lo stesso esercizio di pietà all'interno della sua cella. (…)
LA SACRA SINDONE
La Sindone stessa può essere considerata una Via Crucis schematica, perché documenta tutte le violenze subite da Gesù dal momento della flagellazione a quello della crocifissione.
Tali testimonianze sono fornite dalla posizione e dall'andamento delle macchie di sangue, evidenziate chiaramente dalla macchina fotografica, grazie alle moderne tecnologie.
Gli episodi rivelati dalla Sindone corrispondono perfettamente alle descrizioni dei Vangeli, e quindi possono dimostrarne ulteriormente la veridicità.
1) La flagellazione: il grande numero di ferite, che ricoprono quasi interamente il dorso, le spalle, le braccia, le gambe, il petto, il ventre, dimostra che Gesù fu colpito a lungo e con regolarità con due flagelli terminanti con palline appuntite; e che, durante la flagellazione, si trovava legato a un palo o a una colonna in posizione curva con le mani bloccate protese in avanti.
2) L'incoronazione di spine: l'abbondanza e la confusione delle macchie sul cuoio capelluto e sulla fronte prova che i capelli erano completamente intrisi di sangue.
3) L’imposizione della croce: le ferite visibili sulle spalle sono quelle prodotte prima dai flagelli e, successivamente, al di sopra di un indumento, da un corpo pesante, che altro non può essere che il patibulum, il braccio trasversale della croce.
4) II viaggio verso il Calvario: le tracce di polvere trovate in corrispondenza delle ginocchia attestano la veridicità delle cadute. Le ecchimosi e le enfiagioni del volto furono causate nelle cadute dall'impossibilità di ripararsi con le mani., essendo queste ultime legate al patibulum.
5) La crocifissione: risulta chiara la posizione dei piedi sovrapposti e trapassati da un unico chiodo. L'andamento dei rivoli di sangue dei polsi e della pianta del piede destro, che toccava il legno del palo verticale, dimostra che il Crocifisso tentò ripetutamente di sollevarsi facendo forza sui piedi e sui polsi: questi movimenti, pur provocandogli inauditi dolori, gli permisero di respirare per un po' di tempo, di parlare e di lanciare il forte grido dell'agonia, come descritto nei Vangeli.
6) La ferita nel costato: le caratteristiche della colata di sangue post-mortale confermano che, coerentemente con il racconto evangelico, il corpo fu colpito quando era già morto.
La Sindone, che consiste nel lenzuolo di lino in cui Giuseppe d'Arimatea avvolse il corpo di Gesù deposto dalla croce, fu venerata dapprima a Gerusalemme nella chiesa del Sepolcro fatta edificare da Costantino. Quando nel 1007 il califfo El Hakem perseguitò i cristiani e distrusse il Santo Sepolcro, questi abbandonarono Gerusalemme portando con sé le reliquie, tra cui probabilmente era compresa anche la Sindone che, infatti, in seguito fu custodita a Costantinopoli.
Nel 1353 essa si trovava m Francia, nel 1452 Margherita di Charny la cedette ai Savoia, che la conservarono racchiusa in una cassetta d'argento in una cappella appositamente costruita nel loro castello di Chambéry; nel 1506 papa Giulio II ne permise il culto; nel 1532, in seguito ad un incendio scoppiato nella cappella, una goccia di argento fuso bruciò un angolo del telo ripiegato su se stesso; due anni dopo le suore Clarisse di Chambéry eseguirono il rattoppo, tuttora visibile.
Nel 1578 Emanuele Filiberto trasferì la Sindone a Torino, per abbreviare il viaggio all'anziano cardinale Carlo Borromeo, che voleva venerarla. Nel 1939, in occasione della seconda guerra mondiale, fu nascosta a Montevergine, in provincia di Avellino; nel 1946 fu riportata a Torino. Nel 1983, per volontà testamentaria di Umberto II di Savoia, passò alla Santa Sede, che ne nominò custode pro tempore l'arcivescovo di Torino.
DRAMMI LITURGICI
I drammi liturgici si svilupparono nei secoli XI e XII dal rito della messa, interpretato come simbolica ricostruzione della vita di Cristo e in seguito alleanza di interpolare il testo liturgico con aggiunte drammatiche.
Pertanto si svolgevano all'interno delle chiese, attorno all'altare, o anche nel coro, ed erano celebrati dai sacerdoti in abiti liturgici o al massimo con accessori e costumi presenti comunque nelle sacrestie. Essi interpretavano anche i ruoli femminili: i diversi personaggi erano stilizzati, e si tendeva ad accentuarne un attributo esteriore attraverso il quale i fedeli potessero riconoscerli.
Erano rappresentazioni molto brevi, della durata di pochi minuti: solitamente erano espressi in lingua latina, e sfruttavano volentieri inni o antifone della celebrazione liturgica.
Praticamente il dramma liturgico anticipa le paraliturgie: anche le processioni sono azioni drammatiche.
I drammi liturgici sono legati soprattutto alle cerimonie della Settimana Santa, nate sotto l'influsso dei pellegrinaggi a Gerusalemme; ed è naturale questa preferenza per la Passione, in quanto la Resurrezione, che ne rappresenta la conclusione, è l'avvenimento fondamentale della religione cattolica, più importante ancora dell'Incarnazione e della Nascita.
Già dal secolo II si effettuava la lettura drammatizzata a più voci della Passione secondo i quattro Vangeli.
Con il passare del tempo, furono aggiunti anche gesti ed azioni spiccatamente teatrali.
Azione drammatica, sia pure di piccola entità, era quella che si svolgeva il Venerdì Santo nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, quando si spegnevano successivamente tutte le luci della chiesa, per significare che, morto Gesù, luce del mondo, le tenebre scendevano sulla terra.