SALMO 102
E’ sorprendente ed anche molto bello pensare al popolo ebreo di millenni fa, che già sapeva di avere un solo Dio e che, pur nelle cadute e ricadute, quel Dio pieno di misericordia gli annunciava instancabile la Sua alleanza.
Era un Dio che si chinava sulle miserie umane; ne era certo l’ebreo errante, che pieno di fede, camminava sicuro, perché il Suo Dio sceglieva per lui un capo carismatico il quale, facendosi ministro, interpretava obbediente la Sua Parola. C’era nell’animo di quella gente un Dio forte. Forte era la voce del Signore, forte si faceva sentire nei momenti più cruciali della sua storia.
Intanto, di alleanza in alleanza, passano i millenni con ricadute e riprese storiche. Il piccolo popolo delle dodici tribù aumenta di numero; le tribù diventano dinastie. E Dio si china ancora sull’uomo, ne assume umilmente tutta l’umanità, fino a quando giunge il momento di grazia, il grande evento che trasformerà per sempre il destino dell’umanità: entra nella storia il Figlio. Dio consegna al mondo il Figlio per unirsi a noi e mescolarsi alla vicenda di ogni uomo. E’ in questo modo che il Padre ci fa capire che questo suo Figlio è la salvezza dell’uomo: Dio consegna il Cristo all’uomo e Cristo si consegnerà al Padre per salvarlo. E’ una trinità d’amore, dove Padre e Figlio si fondono in un unico Spirito. E la storia continua; i suoi ben noti corsi e ricorsi ci portano intanto ai giorni nostri, al secolo del “pensiero debole”, della post-modernità, con contrasti e incertezze, timori ed esaltazioni. Certa scienza vuole sostituirsi a Dio, il solipsismo porta ad una comunicazione distorta e frammentata, la politica perde contatto con la “polis”, ecc. In sostanza le diverse sfere della società pare abbiano acquistato una loro autonomia in un contesto culturale profondamente mutato. Stiamo camminando verso una secolarizzazione sempre più radicata. La fede è debole, il pensiero è debole e il volto di Dio si sfuma sempre più con l’umano… Ma il Dio del post-modernismo è debole? Il Dio dell’uomo di oggi è forte o debole? Il volto di Dio rivelato in Cristo, è quello di un Dio umile, dove forza e debolezza stanno insieme. Gesù dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”: è il piccolo sentiero che c’introduce nella grandezza di Dio. Gesù sempre si piegherà verso il più piccolo: qui sta la grandezza e la forza di Dio. E noi ci sorprendiamo sempre nel comprendere che, da millenni, dal tempo del nomade ebreo, all’ebreo schiavo, fino all’homo tecnologicus del terzo millennio, Dio non è mai cambiato perché Egli, nella sua immensa misericordia, per venire incontro alla nostra pochezza, ci appare sempre umile e condiscendente.
I salmi ci raccontano tutto ciò, là dove il salmista invoca aiuto e protezione contro il nemico, sicuro di essere ascoltato; oppure dove rivolge lodi al suo Signore, riconoscendo che Egli è buono e “la sua tenerezza si espande su tutte le creature” (sal.145), o dove chiede misericordia e perdono.
Vediamo per esempio il salmo penitenziale N° 102 (libro IV)
Salmo 102
1 Preghiera di un misero che viene meno
e davanti al Signore effonde il suo lamento.
2 Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3 Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me il tuo orecchio.
Nel giorno in cui ti invoco:
presto, rispondimi.
4 Come fumo sono svaniti i miei giorni
e come brace sono riarse le mie ossa.
5 È abbattuto come erba e inaridisce il mio cuore,
perché ho dimenticato dì mangiare il mio pane.
6 Per la voce del mio gemito,
hanno aderito le mie ossa alla mia pelle.
7 Sono divenuto come il pellicano del deserto,
simile al gufo fra le rovine.
8 Nel continuo vegliare
ero come un passero solitario sopra un tetto.
9 Tutto il giorno mi insultavano i mici nemici,
giuravano contro di me coloro che mi deridevano.
10 Mi nutrivo di cenere come dì pane,
la mia bevanda mescolavo al pianto,
11 dinanzi alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi hai sollevato e scagliato lontano.
12 I miei giorni sono come ombra che declina
e io come erba inaridisco.
13 Ma tu. Signore, rimani in eterno.
il tuo ricordo dì generazione in generazione.
14 Tu sorgerai e avrai compassione di Sion,
perché è tempo di farle grazia, sì, è giunta l'ora.
15 Poiché i tuoi servi amano le sue pietre
e hanno pietà della sua polvere,
16 Le genti temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria
17 Quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso nella sua gloria.
18 Egli si volgerà alla preghiera dell'esiliato
e non disprezzerà la sua supplica.
19 Questo si scriva per la generazione futura
e il popolo che sari creato loderà il Signore.
20 Poiché si è affacciato dall'alto del suo santuario,
il SIGNORE dal cielo ha guardato la terra,
21 per ascoltare il gemito del prigioniero,
per sciogliere i ceppi dei condannati a morte,
22 perché si annunzi in Sion il nome del SIGNORE
e la sua lode in Gerusalemme,
23 quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il SIGNORE.
24 Ha fiaccalo lungo i! cammino il mio vigore,
ha abbreviato i mici giorni.
25 Io dico: - Mio Dio,
non portarmi via a metà dei miei giorni!
I tuoi anni durano di generazione in generazione.
26 In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani;
27 essi periranno ma tu rimani
e tutti come uni veste si logoreranno;
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.
28 Ma tu sei sempre lo stesso
e i tuoi anni non avranno fine.
29 I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza”.
Divisione del testo
Il salmo è composto di 29 versetti e si può suddividere in 4 parti:
vv. 2-3: invocazione;
vv. 4-12: prima lamentazione;
vv. 13-23: preghiera per la restaurazione di Sion;
vv. 24-29: seconda lamentazione e preghiera alla luce della divina eternità.
vv. 2-3: Nell’invocazione di apertura, fatta con formule stereotipe, vi è un richiamo alla divina “attenzione”, il salmista è un fedele che si sente venir meno nell’angoscia (v. 3b) ed effonde davanti a Dio il suo lamento (v. 1).
vv. 4-12: Nello stile della lamentazione, il salmista presenta a Dio il “caso” personale, descrivendo il suo stato interiore di prova per i colpi dell’ira divina da una parte (v.11) e per gli insulti dei suoi nemici dall’altra (v. 9). Viene descritta la sofferenza del salmista con le immagini tipiche della lamentazione: l’orante sente venir meno i suoi giorni per la debolezza, osa riarse e cuore inaridito esprimono il venir meno del vigore, della linfa che mantiene l’uomo in vita (vv. 4-5). Questo stato provoca inappetenza (v.5b), mancanza di sonno (v. 8), in particolare il v. 6 descrive l’indebolimento fisico: a forza di gridare l’orante è ridotto pelle e ossa. Le immagini degli uccelli notturni richiamano il suo grido solitario rivolto a Dio nelle lunghe notti di veglia (vv. 7-8). A tutto ciò si aggiunge lo scherno dei suoi avversari i quali lo deridono per la prolungata penitenza e per il lutto rituale a cui egli si sottopone (w. 9-10). L'orante riconosce esplicitamente nella sua sofferenza la collera divina, come se Dio lo sollevasse e lo scagliasse lontano (v. 11).
vv. 13-23: Il v. 13 collega fra loro la lamentazione (vv. 4-12) e la preghiera per la restaurazione di Sion (w. 13-23): l'orante, dopo aver constatato la precarietà della sua situazione, considera ora la realtà eterna di Dio volgendo lo sguardo alle grandi promesse della futura salvezza che JHWH opererà in favore di Gerusalemme. Si ha qui un passaggio decisivo nel movimento del salmo, si passa infatti dal tema dell'orante isolato dalla comunità (vv. 7-8) a quello della salvezza che sarà di tutto il popolo e si estenderà a tutte le genti (v. 16); allora JHWH si mostrerà nella sua gloria (v. 17) e di nuovo ascolterà le preghiere del suo popolo afflitto e prostrato di cui il salmista è portavoce. Si tratta di un vero e proprio oracolo che deve rimanere scritto per le generazioni che verranno, esse saranno un popolo nuovo che si aprirà alla lode di JHWH (v. 19). L’orante vede con gli occhi della fede la salvezza prossima a realizzarsi. Dio già si è volto verso il suo popolo (w. 20-21) e sta per attuare il suo piano in favore della comunità dei fedeli e di tutto il mondo (vv. 22-23).
w. 24-29: L'ultima sezione del salmo riprende il tono della lamentazione (vv. 24-25) dove però la debolezza del salmista e la precarietà degli esseri viventi (e della creazione stessa; vv. 26-27) vengono messe in contrasto con la divina eternità (vv. 27-28). Si tratta di un motivo di persuasione con cui l’orante, a nome della comunità dei fedeli e della comunità umana, chiede una dimora stabile e sicura per i servi di Dio di tutte le generazioni {v. 29), per coloro per i quali sono state scritte le promesse salvifiche di questo salmo (v.19).