Salmo 51 Dada
La nostra società, nello stato di confusione in cui vive, tende a perdere la propria individualità, priva com’è di ordine e di chiarezza; tuttavia possiamo avere ancora uno spiraglio di speranza, facendo riferimento al “bello” ( “Il bello salverà il mondo” …). Nonostante tutto anche ai giorni nostri c’è chi non ha perso l’anima, come fanno coloro che corrono affannosamente verso il nulla. Sono gli artisti, quelli che sanno attingere dallo spirituale che hanno in sé la giusta ispirazione creativa.
Anche oggi, infatti, c’è chi compone inni eccelsi e opere d’arte di grande valore artistico. Sono eccezioni, è vero, che purtroppo confermano una regola che esalta l’avere, l’apparire a scapito dell’essere. Il vero artista sente il bisogno e l’importanza, di tanto in tanto, di rimanere nel silenzio. Se è poeta o scrittore sa che la parola deve mantenere la sua dignità. Egli sa che bisogna allenarsi al silenzio interiore, fatto di riflessione e di fiducioso abbandono a Dio, a quel Dio che da sempre vive in noi: il Dio della pace, dell’amore, dell’amicizia, della bontà, della speranza.
Da queste premesse non può che nascere un’opera d’arte, perché è Dio che per primo è artista e creatore, e noi con Lui, se sappiamo ascoltarlo nella nostra anima e nel nostro cuore. L’uomo, creatura di Dio, assume da Dio lo spirito di creatività. Ha ragione Kandinki quando parla di spiritualità nell’arte. Egli nel suo libro: “Dello spirituale nell’arte” dice: “L’armonia delle forme deve fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana”.
I salmi sono nati, più di tremila anni fa dall’uomo nomade, poi allevatore di bestiame; tessitore, forgiatore di oggetti e suppellettili, ma anche di piccole e preziose opere d’arte. Egli era, senza saperlo, maestro di sapienza, poeta, musicante, suonatore d’arpa e cetra. L’uomo primitivo sapeva ancora d’avere un’anima.
Passiamo alla lettura del salmo 51 (secondo il libro del salterio) dove l’orante si apre a Dio in un’invocazione di misericordia. Egli è pienamente umile e domanda a Dio di non essere privato del dono del suo “Spirito Santo”, affinché possa tornare ad avere forza e sapienza.
P.S. Siamo nel mese di febbraio. Mi piace ricordare Mons. Luigi Giussani, morto il 22 febbraio 2005, fondatore di Comunione e Liberazione di cui Giovanni Paolo II ha detto, fra l’altro: “… (la sua vita) si potrebbe riassumere nell’invito franco e deciso, che egli sapeva rivolgere a tutti quanti lo avvicinavano, ad un personale incontro con Cristo, piena e definitiva risposta alle attese più profonde del cuore umano”.
Difensore della ragione dell’uomo, don Giussani è stato un profondo conoscitore della letteratura, della musica e un convinto valorizzatore dell’arte come strada che conduce al Mistero.
Salmo 51
1 Al maestro del coro. Salmo dì Davide,
2 quando venne a lui il profeta Natan,
dopo che era entrato da Betsabea.
3 Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia,
per la tua grande compassione cancella
le mie colpe.
4 Lavami del tutto dalle mie iniquità
e purificami dal mio peccato
5 perché conosco le mie colpe
e il mio peccato è dinanzi a me sempre.
6 Contro di te, contro te solo ho peccato
e ciò che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto,
così che tu sia riconosciuto giusto quando parli e puro nel tuo giudizio.
7 Ecco, colpevole sono stato generato
e peccatore mi ha concepito mia madre.
8 Sì, tu vuoi la sincerità nell'intimo
e nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
9 Mi purificherai con issopo e sarò mondo,
mi laverai e sarò più bianco della neve.
10 Mi farai udire gioia e letizia:
esulteranno le ossa che hai spezzato.
11 Distogli il tuo volto dai miei peccati
e cancella ogni mia iniquità.
12 Crea in me, o Dio, un cuore puro
e rinnova nel mio intimo uno spirito saldo.
13 Non scacciarmi dal tuo cospetto
e il tuo santo spirito non togliere da me.
14 Rendimi la gioia della tua salvezza
e mi sostenga uno spirito generoso.
15 Insegnerò ai peccatori le tue vie
e quanti hanno sviato a te ritorneranno.
16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio della mia salvezza
e la mia lingua canterà la tua giustizia.
17 SIGNORE, aprirai le mie labbra
e la mia bocca proclamerà la tua lode.
18 Poiché non gradisci il sacrificio,
se no lo avrei dato,
né ti compiaci dell'olocausto.
19 Sacrificio a Dio è uno spirito affranto;
un cuore contrito e umiliato
tu, o Dio, non disprezzi.
20 Nel tuo compiacimento benefica Sion,
edifica le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici di giustizia
come olocausto e offerta perfetta;
allora si offriranno giovenchi sul tuo altare.
Divisione del testo
Il salmo è composto da ventuno versetti e si può suddividere in quattro parti:
vv. 3-7: invocazione e confessione di peccato;
vv. 8-14: richiesta di perdono e di rinnovamento interiore;
vv. 15-19: voto;
vv. 20-21: richiesta di restaurazione di Gerusalemme.
vv. 3-7: La richiesta iniziale di perdono fa appello alle misure divine della misericordia dove le espressioni ebraiche “pietà di me, secondo la tua misericordia” e «per la tua grande compassione» rimandano alla rivelazione fatta a Mosè sul monte: “JHWH, JHWH, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34,6). Il salmista invoca il perdono divino inteso come una totale cancellazione della colpa (v. 3b), un lavacro (v. 4a) e una purificazione (v. 4b). Il v. 5 esprime il motivo per cui il salmista ha bisogno di grazia e di misericordia: la conoscenza del peccato personale (v. 5a), infatti, non è per lui astratta, teorica ma è un'esperienza amara, opprimente, che lo porta ad aprirsi a Dio confessandogli direttamente la propria colpa. In Israele i peccati commessi contro il prossimo erano creduti peccati commessi contro Dio in quanto sconvolgono il suo ordine (2Sam 12,9-13) perciò la confessione dell'orante, che si estende a tutta la vita passata fino dalle sue origini (v. 7), assolve Dio completamente sia per quanto riguarda la sua parola (la legge) sia per quanto riguarda il suo giudizio (v. 6).
vv. 8-14: Dalla confessione del proprio peccato si passa ora alla richiesta di perdono. L'uomo non ha la capacità di operare da sé la propria trasformazione interiore (v. 8) perciò l'orante chiede il miracolo di una nuova creazione (v. 12). Invece di chiedere vita, salute e riuscita, implora i doni spirituali promessi da Dio attraverso i profeti (cfr. Ger 31,33-34; Ez 36,26-27 e altri): un cuore puro, uno spirito saldo e generoso e lo Spirito Santo che è comunione diretta con Dio.
vv. 15-19: A differenza di altri salmi, dove l'orante racconta le opere di JHWH ai fedeli riuniti per ilringraziamento, egli promette di rivolgersi a quanti devono ancora convertirsi, ribelli e peccatori. Ora che ha sperimentato i benefici del perdono di Dio e della grazia, diviene testimone e apostolo di un cammino di rinnovamento diretto in modo particolare ai più lontani. Nel voto conclusivo, preceduto da una richiesta di salvezza (v. 16), il salmista non fa promessa di un sacrificio ma offre la propria intima contrizione e umiliazione, gradita a Dio più di qualsiasi altra offerta.
vv. 20-21: La menzione delle mura distrutte e la richiesta della loro ricostruzione (avvenuta storicamente dopo l'esilio), sembrano in contrasto con la soprascritta che attribuisce la paternità del salmo a Davide. Per questo motivo, molti commentatori considerano i due versetti conclusivi una glossa posteriore. Tuttavia, nelle preghiere individuali, l'estensione del favore divino a tutto il popolo è un fenomeno abbastanza frequente alla fine dei salmi. L'accenno ai sacrifici nella Gerusalemme restaurata, espresso al confine della metafora (cfr. qui il commento al v. 21), fa pensare al dono totale di ogni persona della comunità escatologica rinnovata e trasformata dalla grazia (vedi qui il commento al v. 20).