“Il sacerdote solo se innamorato di Cristo
può toccare il cuore della gente”
di Antonio Colasanto
Udienza Generale del 5.8.2009
Benedetto XVI nella udienza di mercoledì 5 agosto, all’indomani della ricorrenza del 150° della morte del Santo curato d’Ars, ha ripercorso brevemente la vita di Giovanni Maria Vianney ed ha ricordato come da questa abbia tratto lo spunto per indire l’Anno sacerdotale che, com’è noto, ha per tema Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote.
Giovanni Maria Vianney nacque nel piccolo borgo di Dardilly l’8 maggio del 1786, da una famiglia contadina, povera di beni materiali, ma ricca di umanità e di fede e consacrò gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza ai lavori nei campi e al pascolo degli animali, tanto che, all’età di diciassette anni, era ancora analfabeta… I biografi narrano che, fin dalla prima giovinezza, egli cercò di conformarsi alla divina volontà anche nelle mansioni più umili. Nutriva in animo il desiderio di divenire sacerdote, ma non gli fu facile assecondarlo… Finalmente all’età di 29 anni, dopo molte incertezze, non pochi insuccessi e tante lacrime, poté salire l’altare del Signore e realizzare il sogno della sua vita.
Il Santo Curato d’Ars manifestò sempre un’altissima considerazione del dono ricevuto. Affermava: “Oh! Che cosa grande è il Sacerdozio! Non lo si capirà bene che in Cielo… se lo si comprendesse sulla terra, si morirebbe, non di spavento ma di amore… Nel servizio pastorale, tanto semplice quanto straordinariamente fecondo, questo anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della Francia riuscì talmente ad immedesimarsi col proprio ministero, da divenire, anche in maniera visibilmente ed universalmente riconoscibile, alter Christus, immagine del Buon Pastore.
La sua esistenza fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale.
San Giovanni Maria Vianney si distinse pertanto come ottimo e instancabile confessore e maestro spirituale. Passando “con un solo movimento interiore, dall’altare al confessionale”, dove trascorreva gran parte della giornata, cercava in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale..
I metodi pastorali di san Giovanni Maria Vianney –ha detto Papa Benedetto - potrebbero apparire poco adatti alle attuali condizioni sociali e culturali. Come potrebbe infatti imitarlo un sacerdote oggi - si è domandato Benedetto XVI - in un mondo tanto cambiato? Se è vero che mutano i tempi e molti carismi sono tipici della persona, quindi irripetibili, c’è però uno stile di vita e un anelito di fondo che tutti siamo chiamati a coltivare. A ben vedere, ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è stata la sua umile fedeltà alla missione a cui Iddio lo aveva chiamato; è stato il suo costante abbandono, colmo di fiducia, nelle mani della Provvidenza divina. Egli riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu “innamorato” di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i cristiani e per tutte le persone che cercano Dio. La sua testimonianza ci ricorda, cari fratelli e sorelle, che per ciascun battezzato, e ancor più per il sacerdote, l’Eucaristia “non è semplicemente un evento con due protagonisti, un dialogo tra Dio e me. La Comunione eucaristica tende ad una trasformazione totale della propria vita. Con forza spalanca l’intero io dell’uomo e crea un nuovo noi”
Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità. Nella Francia post-rivoluzionaria che sperimentava una sorta di “dittatura del razionalismo” volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa. Poi, da sacerdote, si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile.
Cari fratelli e sorelle, a 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars – ha sottolineato il Papa - le sfide della società odierna non sono meno impegnative, anzi forse, si sono fatte più complesse. Se allora c’era la “dittatura del razionalismo”, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di “dittatura del relativismo”. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l’uomo “mendicante di significato e compimento” va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.
Solo se innamorato di Cristo - ha detto Benedetto XVI - il sacerdote potrà insegnare a tutti questa unione, questa amicizia intima con il divino Maestro, potrà toccare i cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore.
Preghiamo – ha concluso il Papa - perché, per intercessione di san Giovanni Maria Vianney, Iddio faccia dono alla sua Chiesa di santi sacerdoti, e perché cresca nei fedeli il desiderio di sostenere e coadiuvare il loro ministero. Affidiamo questa intenzione a Maria, che oggi invochiamo con il titolo di Madonna della Neve.
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EFFETTO “MEDUGORJE”
Silvia Perna
"Quello che colpisce il visitatore quando entra nella comunità "Nuovi orizzonti" è la gioia che traspare dagli occhi dei ragazzi di Chiara Amirante. Si capisce che essi si sentono, davvero, amati da Dio e che si sono lasciati alle spalle il passato dissoluto. A questo punto, sorge spontanea una domanda: come ci è riuscita?
Chiara Amirante, nella sua grande umiltà, ha tenuto presente quello che, spesso, noi dimentichiamo e cioè che siamo dei semplici strumenti nelle mani di Dio. Un Dio che lei ha saputo cercare, com'e logico, in chi soffre. E dove va cercata un'entità che è l'essenza stessa dell'Amore?
Dove c'è chi soffre. Perchè solo lui ha l'enorme potere di ridare la dignità all'uomo. Non importa, quanto sia caduto in basso. Non c'è nessuno a cui non sia concesso d'amare ed essere amato. Tenendo presente questo, Chiara Amirante e Dio, sono riusciti a strappare ad una morte atroce molti ragazzi che, adesso, sono diventati un inno che glorifica la vita. Resta da porsi, ancora un quesito. Perchè dei giovani, come me e noi, cadono nel tranello della droga che offre la felicità a poco prezzo? Forse, perchè sono nauseati dall'egoismo del mondo, quindi cercano di sfuggirlo andando controcorrente. Non si sono accorti che, per andare contro corrente, basta seguire Dio. Lui, infatti, predica amore in un mondo dove regna l'odio e la sopraffazione. Quindi per ribellarsi, davvero, ad un mondo sbagliato basta accettare la propria diversità e seguire il Dio dell'amore. Per concludere, tengo a ricordare, che non si deve temere o rifiutare l'amore perchè è la sola cosa che può salvarci.
Voglio scrivere anche qualcosa sull'esperienza a Medugorje e lo faccio con grande piacere perchè, per me, è stata un'esperienza molto importante.
"Devo ammettere che, da quando sono stata a Medugorje, qualcosa è cambiato nel mio animo. Devo ammettere però, che l'attaccamento a Gesù e sempre stato presente in me, forse, fin da bambina. Quello che s'è manifestato in me, credo, sia qualcos'altro che non so come definire. Finalmente ho chiari, nella mia mente, i miei obbiettivi. Ho capito d'essere solo una pedina al servizio d'un bene grande e assoluto. Da qualche tempo, infatti, sono sorti in me nuovi desideri come, ad esempio, quello di trovare un compagno, cosa che prima era ben lungi da me perchè ero troppo orgogliosa.
Insomma, per me, il viaggio a Medugorje è stato un bel bagno d'umiltà. Ho capito, inoltre, l'importanza di qualcosa che, troppo spesso, ho disprezzato: l'amore. Nei miei comportamenti, spesso, c'era egoismo ma, adesso, gli ho giurato guerra. Senza contare che, spesso, quando mi viene da giudicare qualcuno, a priori, recito il rosario che mi aiuta a riflettere e sono meno "dura".
Certo, lo so, il cammino della fede è ancora molto arduo ma, questo, è solo il primo passo.