LA MISSIONARIETÀ Teresa Ciardiello
Dalla lettera ai Romani (Rm 10:14-18)
“Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!
Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo. Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:
per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino ai confini del mondo le loro parole”.
S. Paolo scrive questa lettera ai Romani per far conoscere il messaggio di salvezza di Dio, che Dio stesso aveva anticipatamente promesso per bocca dei profeti. S. Paolo dice che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ma come si può giungere a questa invocazione?
Innanzitutto bisogna che ci siano messaggeri che sono inviati all’annunzio e alla predicazione della Parola di Dio, poi c’è bisogno dell’ascolto, cioè di attenzione da parte di chi ascolta, poi di credere a ciò che viene annunciato e infine si può invocare il nome di Gesù, pregarlo e avere fede in ciò che si è ascoltato.
Poi S. Paolo si rivolge al popolo di Israele e si chiede se forse non ha udito, se non gli è stata annunziata la scrittura, ma la risposta la trova nel libro di Isaia che afferma che Israele ha ricevuto l’annunzio del Vangelo, anzi esso è arrivato fino ai confini della terra, ma piuttosto il Vangelo non è stato ascoltato da tutti e non tutti hanno ubbidito.
Il popolo di Israele aveva conosciuto il Vangelo ma non aveva riconosciuto in esso la voce di Dio, il Suo messaggio di salvezza e quindi aveva indurito il cuore.
Chiediamoci quante volte anche noi, come Israele, non abbiamo considerato tutte le opportunità che ci sono state offerte per comunicarci che voleva salvarci non punirci come potevamo supporre.
Io penso che ognuno di noi è chiamato ad identificarsi in tutte o in una di queste espressioni: l’essere inviati, annunziare, ascoltare, credere, avere fede, invocare il nome di Gesù e pregare per la salvezza di tutti.
La fede è la risposta dell’uomo e nasce dall’ascolto della Parola di Dio, ma c’è da chiedersi se questa viene sempre veramente ascoltata. C’è una sostanziale differenza tra il sentire e l’ascoltare: sentire è percepire un suono, un rumore, una voce, senza dover per forza capire; ascoltare invece significa comprendere tutto ciò che viene detto e prenderlo seriamente in considerazione. Nel caso della Parola di Dio quell’ascolto dev’essere tradotto in vita e in testimonianza, deve essere ascoltata non solo con le orecchie ma con il cuore, cioè interiorizzarla, farla nostra, pensare che ciò che stiamo ascoltando viene detto a noi, personalmente. Dobbiamo avere lo sguardo fisso su Gesù, vederlo in tutti gli uomini e assumere il Suo stesso sguardo verso gli altri, che è sguardo d’amore e di misericordia. Noi tutti sappiamo di avere sempre bisogno della misericordia, perché, allora, non usarla verso i fratelli in modo da non condannarci con le nostre stesse parole quando preghiamo il “Padre nostro”? “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. La Parola di Dio va non solo annunziata con la bocca ma con il nostro comportamento che traduce in atto la Parola stessa. Questo hanno fatto i profeti, gli apostoli, i confessori della fede.
“Un Cuor solo e un’Anima sola”
Esercizi spirituali per Laici
Collevalenza, 13 -15 Luglio 2012
Nelle giornate dal 13 al 15 luglio si sono tenuti presso il Santuario dell’Amore Misericordioso gli esercizi spirituali per laici. Il tema dell’incontro, diretto con profonda e sentita enfasi dal rettore del Santuario Padre Ireneo Martin FAM, ha focalizzato la sua attenzione sul tema:
“Un cuor solo ed un’anima sola.”
All’incontro hanno partecipato gruppi diversificati appartenenti all’ALAM (Associazione Laici dell’Amore Misericordioso), tra i quali componenti dei gruppi di Ravenna, Mantova, Roma Spinacelo, Roma Traspontina e Roma Casilino, ed inoltre gruppi appartenenti alla Divina Misericordia, al rinnovamento dello spirito, neo-catecumenali, terziari francescani, nonché famiglie laiche e singoli interessati all’evento proposto, nelle tre intense e ricche giornate di spiritualità.
Le giornate hanno permesso a tutti noi laici, di poter condividere momenti di profonda spiritualità, attraverso le catechesi proposte da Padre Ireneo, alternate a momenti di intensa preghiera con le recite del Santo Rosario e l’Adorazione Eucaristica, le sentite testimonianze di alcuni laici, culminate con la Santa Messa in basilica nella giornata di domenica, giorno conclusivo dell’incontro, terminato con il pranzo conviviale presso la Casa del pellegrino.
Ricchissime di contenuti e con profondi spunti di riflessioni per tutti noi, sono risultate le catechesi proposte da Padre Ireneo prendendo a riferimento sia testi biblici, in particolare gli atti degli Apostoli, abbinati a riflessioni sul carisma dell’Amore Misericordioso, contenute negli scritti della Venerabile Madre Speranza di Gesù.
La profondità dei temi trattati, i momenti di condivisione e di preghiera, le riflessioni e le testimonianze da esse scaturite, hanno permesso a noi tutti di uscire da questo intenso e profondo ritiro spirituale, profondamente arricchiti, cambiati interiormente e motivati.
Il saper ascoltare il nostro fratello e riscoprirlo nel comandamento dell’Amore, il saper condividere la Parola, essendo noi stessi discepoli del Vangelo del Cristo, il saper fare unione e comunione attraverso Gesù Eucaristico essendo noi stessi tabernacoli viventi, deve noi tutti indirizzare i nostri cuori e le nostre vite, ad essere condivise e spezzate alla luce della Parola e nel segno vivo del Pane.
Come la prime comunità cristiane vivevano nella comunione e nella condivisione: “la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un Cuor solo ed un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro in comune. Gli apostoli così facendo testimoniavano in vita, la Resurrezione del Cristo. Nessuno all’interno della comunità era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli e, a ciascuno, veniva dato secondo il suo bisogno” (At 4, 32 -35).
“La comunità era assidua nell’ascoltare la Parola vivendo nell’unione, nella frazione del pane e nell’orazione. Ogni cosa era tenuta in comune, ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa consumando i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando il Signore e godendo il favore di tutti. Ogni giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2, 42 – 48).
Nella comunità, il fondamento della condivisione dell’avere è la condivisione dell’essere. Ciò comporta il saper ed il voler condividere con gli altri, la vita, il tempo, le energie i progetti, la libertà, condividere in comunità tutto noi stessi, Tutto per Amore.
Solo riscoprendo noi stessi, solo abbandonando il nostro “io”, solo abbandonando la nostra volontà umana e accettando la Volontà del Padre, solo così facendo, sentiremo una forza in tutte le nostre pene, sentiremo una mano invisibile che ci aiuta, che ci guida e che fa in noi ciò che noi facciamo.
“Si compia, Dio mio, la Tua Volontà anche se mi fa molto soffrire. Si compia, Dio mio, la Tua Divina Volontà anche se non la comprendo. Si compia, Dio mio, la Tua Volontà anche quando non la vedo. Si compia la Tua Volontà in tutto e per tutto” (dagli scritti di Madre Speranza).
Solo ritrovando la nostra identità personale potremo riscoprire la nostra identità di comunità e quindi, così facendo, riscopriremo la nostra identità ecclesiale in Cristo. Ogni giorno dovremo sentire quel sentito e profondo desiderio di abbandonare la nostra volontà umana, lasciando che sia il Signore e solo Lui, a condurre le nostre vite secondo l’insegnamento dell’Amore: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Solo così facendo scopriremo l’Amore Misericordioso del Padre che è un Amore infinito nei nostri confronti e intriso di Perdono ma, che deve tuttavia, essere da noi richiesto al Padre buono, che perdona dimentica e non tiene in conto.
La Santità e quindi la via della Salvezza per raggiungere la Vita Eterna, passa dapprima attraverso la Misericordia del Signore che tuttavia non può essere eterna e prescindere dalla Giustizia Divina. Solo coloro che cercheranno il Perdono e, che seguiranno i Suoi insegnamenti in questo lungo pellegrinare terreno, riceveranno la Salvezza Eterna e quindi il Regno dei Cieli. Il Padre che è Amore Misericordioso, potrà perdonare solo coloro che crederanno in Lui e con Umiltà sincera e profonda contrizione si pentiranno delle proprie colpe, ricevendo la Salvezza e quindi il Regno dei Cieli. Solo coloro che lo rifiuteranno, per libero arbitrio, conosceranno la Sua Giustizia Divina e Perfetta.
La ricerca di noi stessi e del nostro intimo rapporto con il Padre lo si realizza solo attraverso la preghiera. Pregando si impara a pregare (Madre Speranza). La preghiera quotidiana e costante è quindi il desiderio ultimo di perfezione che può elevarci a Dio. Il fine ultimo della preghiera è quell’innamoramento del Signore, che ci permetta quindi di riscoprirlo, di amarlo, di condividere con Lui nell’intimo della nostra anima, la Sua Amicizia, il Suo Eterno e Fedele Amore verso noi Sue creature.
La preghiera è in sintesi conoscenza del profondo di noi stessi, di quella voce che molto spesso nella frenesia della vita, soffochiamo nei nostri cuori ma, che se ascoltata nel silenzio, ci permette di entrare in connessione e quindi in ascolto del Signore, imparando a conoscerlo e ad amarlo. Solo entrando profondamente in noi stessi entreremo in comunione con il Signore, scalando le alte vette della Santità a nessuno di noi precluse, perché il Cristo ci chiede, anzi ci comanda, di diventare Santi in pienezza e non a metà, costi quel che costi. Dobbiamo pertanto saper vincere il peccato mortale vivendo in Grazia di Dio, vincere e superare il peccato veniale della presunzione, della superbia, dell’egoismo, della vana gloria, della tiepidezza, dobbiamo saperci spogliare del nostro “io”, perché solo attraverso la morte del nostro “io”, attraverso la sofferenza di noi stessi, potremo scoprire l’Amore Puro del Cristo, che con la Sua Passione, il Suo Calvario, la Sua Santa Croce ha redento il mondo.
Il desiderio di Santità deve quindi saper orientare la nostra vita a Dio, donando tutto noi stessi, Tutto per Amore, costi quel che costi, fino all’effusione del sangue, se per Volontà Divina, per Amore del Cristo, in espiazione dei nostri peccati.
Solo così facendo realizzeremo in pienezza la nostra missione pellegrina terrena di saper Amare in vita, fino al punto di saperci offrire vittime in olocausto per la salvezza dei nostri fratelli.
Solo così facendo in vita, potremmo raggiungere l’elevazione della Santità Perfetta in terra agli occhi di Dio (dagli scritti di Madre Speranza).
In conclusione, come nella lettera agli Efesini (4, 1 -6), dobbiamo noi tutti Laici Fratelli in Cristo, saperci comportare in maniera degna della nostra vocazione ricevuta, con umiltà, mansuetudine, pazienza, sopportandoci e supportandoci a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati attraverso la nostra vocazione.
Un solo Signore, una sola Fede, un solo Battesimo, un solo Dio Padre di tutti che è al di sopra di tutti e che agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti:
“Un Cuor solo e un’Anima sola…”
Fabrizio e Vanessa Salerno LAM