"PREPARATI ALLA TENTAZIONE"
da "Amerai il Signore Dio tuo" Psicologia dell'incontro
con Dio A. Cencini
.Siamo allora nel deserto e camminiamo verso Dio. Tutti,
anche chi non lo sa o non lo vuole, e sta decidendo o ha già
deciso di
.. tornare in Egitto.
Incontrare Dio, infatti, poterlo conoscere e amare è un'aspirazione
che, consapevolmente o no, sta al fondo del cuore di ogni uomo.
Un'aspirazione sentita oggi come non mai in un mondo in crisi
e disorientato, e perciò tanto più assetato di certezze
"verificabili" e significative per la vita, e per nulla
propenso a inseguire uno spiritualismo arido e disincarnato, che
non tenga in sufficiente considerazione la componente affettiva
ed emozionale dell'uomo.
Eppure questo termine, "esperienza", applicato alla
ricerca di Dio, ha un suono e un'interpretazione diversi. Dio,
infatti, non è un oggetto di consumo che si possa possedere
e manipolare a piacimento, non è misurabile né controllabile
da mezzi umani. E se anche si può parlare di un' "esperienza"
di Lui, si tratterà sempre di qualcosa di profondamente
diverso da ciò che indichiamo a livello umano con questa
parola. Tutto ciò - e in ultima analisi l'infinita trascendenza
e santità di Dio - rende il discorso dell'esperienza spirituale
di Dio tutt'altro che ovvio e scontato. Non per nulla la tradizione
spirituale della Chiesa ha sempre insistito molto sull'importanza
del "discernimento degli spiriti" per poter distinguere
la vera dalla falsa esperienza di Dio.
Cosa mi aspetto che mi riserverà questo cammino misterioso
alla ricerca di Dio?
E' importante chiarire a se stessi qual è il senso delle
proprie aspettative, perché il deserto è un luogo
impietoso, che rimanda inesorabilmente in dietro chi vi è
entrato impreparato o con false attese. Se poi chiediamo lumi
alla Bibbia e all'esperienza dei nostri padri nella fede, c'è
da restare sorpresi: "Preparati alla tentazione" (Sir
2,1), ci ammonisce la Parola!!
Cos'è questa tentazione e perché la tentazione?
"Dio ci mette alla prova, come ha già fatto con i
nostri padri" (Gdt 8,25).
E' la prima sorpresa del deserto, come un frutto che si può
cogliere solo lì: non è l'uomo che fa esperienza
di Dio, è piuttosto Dio che "sperimenta" l'uomo,
lo cerca, lo scruta, lo mette alla prova.
La categoria "esperienza di Dio" è categoria
moderna che non esiste nella Bibbia (Von Balthasar). Nella prospettiva
biblica il protagonista è Dio non l'uomo. Ed è quello
che emerge con particolare evidenza nella fase sub-liminale: chi
ha il coraggio di attraversare questa fase (senza fretta d'uscirne)
sperimenta un po' alla volta e sempre più lucidamente come
sia Dio a venirgli incontro. E' Lui il Padre, che ha l'iniziativa.
Ecco perché l'uomo ha dovuto fare l'esperienza, pur sofferta,
di perdere progressivamente il controllo della situazione, di
non vederci chiaro, di non capire bene
. Proprio per decidersi
a lasciare a Dio l'iniziativa, per imparare quell'atteggiamento
che viene così difficile all'uomo, L'ABBANDONO.
Ma è necessario che la creatura s'abbandoni al Creatore.
Lui sa come fare perché desidera ardentemente incontrare
la sua creatura, molto più di quanto essa stessa desideri
incontrare Lui. Se dunque si può parlare di un'esperienza
di Dio, essa non appare tanto come il risultato di tentativi umani,
quanto piuttosto dell'azione divina. Misteriosamente ed in modo
concretissimo è Dio che cerca l'uomo.
Ma, come per superare una distanza, che non può non essere
infinita, egli lo strappa ai suoi calcoli e alle sue abitudini,
brucia i suoi sogni, si rivela inaspettatamente con proposte e
messaggi che sconvolgono la sua vita.
Insomma, inevitabilmente, lo mette alla prova. "Ricordatevi
quanto ha fatto con Abramo, quali prove ha fatto passare a Isacco
e quanto è avvenuto a Giacobbe
." (Gdt 8,26).
Quando invece è l'uomo che mette Dio alla prova pretendendo
conferme ai suoi progetti o garanzie previe o dimostrazioni della
sua presenza e fedeltà, allora la Parola di Dio assume
toni di volta in volta violenti e severi: "Non indurite il
cuore come a Meriba, come il giorno di Massa nel deserto, dove
mi tentarono i vostri padri" (Sal 95,8); oppure toni velati
di ironia: "Chi siete voi dunque - domanda Giuditta ai capi
del popolo che hanno dubitato dell'aiuto di Dio e hanno osato
porgli delle condizioni - chi siete voi che avete tentato Dio
e vi siete posti al di sopra di Lui, mentre non siete che uomini?
Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma
non ci capirete niente, né ora né mai
. Non
pretendete di impegnare i piani del Signore Dio nostro, perché
Dio non è come un uomo che gli si possano fare minacce
e pressioni come a uno degli uomini
.". Anzi, conclude
splendidamente Giuditta, "ringraziamo il Signore Dio nostro
che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri
padri" (Gdt 8,12.16.25).
Perché "ringraziare"?
Che cos'è la prova perché dobbiamo esserne grati
al Signore quando ce la manda?
"L'attirerò a me
e parlerò al suo cuore"
(Os 2,16) Dio è Padre e creatore. Ci ama infinitamente
perché in noi ritrova l'immagine del Figlio. E' geloso
di noi. Ci conosce fino in fondo, "Lui che solo ha plasmato
il nostro cuore e conosce tutte le nostre opere". Perciò
sa anche che questo nostro cuore, per quanto "offerto e consacrato",
è spesso un guazzabuglio di interessi, preoccupazioni,
affetti i più diversi e contrastanti.
C'è anche Lui, il Signore, certamente, ma non è
il solo e neppure necessariamente il più grande amore della
nostra vita. Abbiamo bisogno di essere purificati perché
lo diventi ed è per questo che Egli, Padre buono e misericordioso,
ci visita con la prova. Crea in noi, cioè quelle situazioni
di deserto, di solitudine affettiva, di rifiuto da parte di qualcuno,
di lotta e tribolazione, di fallimento e delusione
., di
cui abbiamo bisogno per essere liberati dai nostri idoli. E' nella
prova, infatti, che viene a galla che cosa abbiamo veramente in
cuore, che cosa c'è di autentico e che cosa no. Si rivela
cioè il nostro vero volto: i nostri attaccamenti a noi
stessi, alla nostra buona reputazione, ai risultati di quel che
facciamo, alle creature e alle cose. In questa conoscenza di noi
più vera e realistica nella quale le illusioni cadono e
non ci disorientano più, anche la voce di Dio risuona più
chiara. Si è fatto finalmente un po' di silenzio, il Signore
parla e noi lo possiamo ascoltare. Che cos'è l'esperienza
di Dio nella fede se non ascoltare la sua voce, mettendosi nudi
e senza difese davanti a Lui che si rivela?
Facciamo esperienza di Dio quando riconosciamo la sua parola e
il suo modo inconfondibile di agire, e cominciamo a capire che
ci conviene lasciarlo libero di agire come Lui crede, anche se
ci fa male. Così come gustiamo la sua intimità quando,
ancora attraverso una vita di purificazione e di spogliamento,
arriviamo a liberarci da altri amori invadenti.
E' quanto dice Dio stesso a Israele: "Ecco, l'attirerò
a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore"
(Os 2,16). Non esiste vera conoscenza di Dio che non nasca nella
solitudine di un deserto e non maturi tra le difficoltà
della prova. Ma tutto ciò - deserto e prova - è
dono dell'amore di Dio, perché "il Signore corregge
chi ama, come un padre il figlio prediletto" (Pro 3,11)
A cura di Caterina Civita
MESSAGGI DI MEDUGORJE
Messaggio del 18/3/04 a Mirjana
Cari figli, oggi, guardando a voi, desidero dirvi, col cuore pieno
d'amore, che quello che cercate insistentemente, quello a cui
anelate, figlioli miei, è qui davanti a voi. E' sufficiente
che in un cuore purificato mettiate mio Figlio al primo posto
e potrete vedere. Ascoltatemi a permettetemi di condurvi maternamente
a questo.