Collevalenza, 5 maggio 2007 (Antonio Comunità di Succivo)
Mi hanno chiesto di parlare del laico nel quotidiano e in tre realtà diverse:
Famiglia-lavoro- società .
Io, che non sono molto bravo nel parlare, mi sono trovato in difficoltà, però ho voluto almeno tentare di scrivere qualcosa. Ho notato che con le nuove tecnologie i giovani di oggi usano i computers per formulare ed esprimere meglio i loro concetti. Così mi sono costruito il mio compiuterino tascabile e, usando il loro stesso sistema, ho ragionato in questo modo: ho chiesto al mio compiuterino: “Trovami una situazione o uno stato d'animo che è sempre presente in un laico che vive queste realtà: la famiglia- il lavoro-la società.
Lui si è messo in moto, e dopo un po' è tornato con queste parole:
Scontro - divergenze- conflitto, litigi.
Infatti, mi ha spiegato che tutti in famiglia viviamo dei conflitti: con la moglie, il marito, i figli, i parenti, c'è sempre qualcosa che non va. Nel lavoro le divergenze non mancano mai, si è sempre in lotta -con i soci, il capufficio, i dipendenti, i colleghi, mai nessuno che gli sta bene niente;
nella società poi, basta guardare le guerre che ci sono in giro-sempre tutti contro tutti.
Allora ho chiesto al mio compiuterino: “Cos'è la conflittualità, cos'è lo scontro, come nasce, perché nasce.?
E dopo un po' mi arriva una risposta alquanto strana: “Stato di conflitto = libertà”.
Ho subito pensato: “Forse il mio compiuterino è già andato in tilt”. Perché non capivo cosa c'entrasse la conflittualità con la libertà. Ma lui mi ha spiegato che tutti gli uomini parlano di libertà. Tutti i più grandi scrittori, poeti e filosofi- da Socrate a Platone a S Tommaso d'Aquino, tutti hanno sempre parlato di libertà e, anzi mi ha fatto leggere una delle frasi più belle scritte sulla libertà che dice cosi: “ La libertà è quella cosa che ti fa dire tutto quello che pensi, e anche se io non sono d'accordo con te, darei la mia vita perché tu possa dire tutto quello che pensi ”.
Va bene - ho detto- ma dov'è il conflitto?
Ma poi, rileggendo attentamente questa frase, ho notato che dice: “anche se io non sono d'accordo” ed è forse lì che c'è l'origine delle divergenze; infatti quando si esprimono le proprie idee, c'è sempre chi non è d'accordo con te. Così inizia il confronto e poi lo scontro.
Allora mi sono detto: “Non c'è proprio nessuna possibilità di eliminare le divergenze e i conflitti nel nostro quotidiano?
E sempre al mio compiuterino ho chiesto: “Perché non mi trovi almeno una parola, una frase che abbia messo tutti d'accordo e che nessuno mai si sognerebbe di mettere in discussione?”
Lui si è messo in moto - è partito - ha cercato - ha perso tempo - e alla fine è tornato con la frase giusta: questa: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” e tutti hanno fatto un passo indietro, perché a nessuno è concesso di dire di essere dalla parte del giusto.
“Chi ha detto questa cosa?” ho chiesto al mio compiuterino. E lui subito mi ha risposto:
“GESÙ DI NAZARET”.
E io che sono abbastanza ignorante ho chiesto: “Chi è Gesù di Nazaret? Parlami di lui”.
Questa volta lui mi ha inondato di scritti – di racconti – di libri – di vangeli – di vecchio e nuovo testamento… Tutti hanno scritto e parlato sulla vita e sulla morte di Gesù.
Ma io che vado sempre di corsa e non ho mai tempo di leggere, ho pensato: per leggere tutte queste cose ci vuole una vita intera ed io non ho tutto questo tempo.
E ancora una volta ho chiesto al mio computerino: “Perché non mi parli tu, con parole semplici e molto velocemente e mi dici chi era Gesù e come ha vissuto Lui queste realtà?”
E lui, accettando la sfida e con parole molto semplici e a modo suo, mi ha raccontato la storia di Gesù di Nazaret.
“Gesù nacque in una grotta da una famiglia povera e fino a trent'anni visse quasi da sconosciuto. Poi un giorno incominciò a radunare la gente e a parlare loro di cose strane, provocatorie e sconvolgenti. Parlava infatti di fratellanza, di amore e di misericordia.
Un giorno, parlando dell'amore a tantissima gente disse: “ Amate i vostri nemici, ama il prossimo come te stesso ”. E un tale che era nelle ultime file, non avendo udito bene quello che diceva Gesù, chiese a uno che stava più avanti: “Cosa ha detto Quello?” e questi rispose: “Ha detto che bisogna amare tutti – sempre”.
Allora questi alzò il braccio per attirare l'attenzione di Gesù e chiamò a voce alta: “Gesù - ehi-Gesù - mi vedi? Sono qua!” E Gesù disse: “Cosa c'è”? “Guarda, disse lui, questo accanto a me, io non lo conosco, però mi ha dato uno schiaffo, io che devo fare?” E Gesù gli rispose: “ Porgi l'altra guancia” e continuò a parlare - del buon Pastore, di pecorelle smarrite, e della buona semina. La gente lo seguiva e lui parlava.
Un altro giorno vedendo che tanta gente lo aveva seguito, si fermò e si mise a parlare di misericordia e di perdono, e c'era sempre quello che stava troppo lontano e non riusciva a sentire quello che Gesù diceva. E questi di nuovo chiese a quello che stava più avanti: “Cosa ha detto questa volta?” E questi rispose: “Ha detto che bisogna perdonare tutti – sempre”. Allora, di nuovo alzò il braccio per farsi vedere e chiamò a voce alta: “Gesù - Gesù- mi vedi? sono qua!” Gesù si girò e disse: “Cosa c'è?” “Guarda, disse lui, questo qui accanto a me, è mio fratello. Sai cosa ha fatto un giorno? Noi, in famiglia abbiamo una grossa azienda e lavoriamo tutti insieme dalla mattina alla sera – io, mio padre e tanti operai e lui un giorno è venuto e ci ha detto: “Io devo andare via, ho altre cose da fare, ho tanti progetti in testa, perciò datemi quello che è mio e che mi spetta, che devo vivere a modo mio”, e cosi si e preso la sua parte e se ne è andato. Adesso è tornato tutto sporco e morto di fame, cosa devo fare io?” E Gesù rispose: “ Fai festa – gioisci ” e continuò a parlare del regno dei cieli, di sepolcri imbiancati e dell'erba cattiva.
Ma più indietro ancora c'erano altre persone che non capivano niente di quello che diceva Gesù e incominciarono a dire: “Quello è matto - bisogna legarlo”. “No- no, gridarono altri, quello è un delinquente, bisogna ammazzarlo!” E cosi trovarono una croce, presero un martello e dei chiodi e tac-tac-tac- lo inchiodarono e lo appesero.
A questo punto Dio si incazzò - fece oscurare la terra - la fece tremare forte - e tutti ebbero tanta paura.
Allora Gesù alzò gli occhi al cielo e disse: “Papa! ehi papa - mi senti? Questi hanno fatto quello che credevano che fosse giusto fare. Questi qua sono anche loro figli tuoi. Questi non sanno quello che fanno”.
Allora Dio capì e si calmò.
Ecco la storia è finita.
Però il mio compiuterino mi ha lasciato un messaggio :che dice cosi:
“Quando sarai in grado anche tu di dire, che chi ti mette in croce non ha colpe,
allora vuol dire che hai eliminato le divergenze”.
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Voce del cuore (Iolanda Lo Monte)
Signore, è giusto gioire con te, in Te riposa la mia speranza.
Sono venuta da lontano, ma Tu sei stato sempre con me.
Signore, delle volte mi sono allontanata dalla tua presenza,
ma Tu sei così buono che perdoni.
Rafforza in me la fede. Signore, quanto sei grande!
Salvami dal peccato, dal cattivo esempio, dalla calunnia e dalla maldicenza
Con qualsiasi persona.
Concedimi di credere col cuore, di professare con la bocca,
di confermare con le opere, che Tu sei il Padre nostro celeste.
RUT E NOEMI Bruno
Ai tempi dell'esilio, quando il popolo d'Israele dovette subire la deportazione (il primo leger della sua storia), era familiare fra le famiglie ebraiche più colpite, il racconto popolare della storia di Giobbe. Lo si raccontava nelle notti buie, sotto la tenda, al rumore cadenzato delle sentinelle che vigilavano sul campo dei deportati. I ragazzi rimanevano ad ascoltare attoniti e agghiacciati dalla vicenda. Gli anziani vi leggevano il loro destino, i più giovani affrettavano la cadenza della trama, per arrivare al finale a lieto fine.
La storia della misericordia di Dio passa anche attraverso Noemi e Rut (suocera e nuora). Per certi versi Noemi assomiglia a Giobbe, all'uomo che simboleggia il torchio, il torchio che stritola le olive per trarne l'olio: l'uomo, torchiato da una serie interminabile di disavventure.
Rut è invece la parabola della donna che soffre; la sua è esperienza di dolore, ma Rut lotta per la vita.
La misericordia è il volto con cui Dio si affaccia nella storia, incontra in Rut l'umanità ferita, ma la invita a rispondere all'eccesso del male con un eccesso di bene.
Padre Aurelio Perez ci ricorda il carisma dell'Amore Misericordioso. (“Misericordia, volto di Dio e dell'umanità nuova” Ed. Paoline) Egli vuole ribadire il valore della misericordia e, soprattutto, favorire la sua conoscenza con una divulgazione capace di raggiungere noi L.A.M., i quali, a più riprese, abbiamo sinora attinto alla spiritualità della misericordia espressa da Madre Speranza.
La qualità più profonda dell'amore è l'umiltà di essere a servizio dell'altro.
Appartenere ai LAM significa amare Gesù non solo conoscerlo, non solo credere in Lui. L'amore a Gesù ci spinge ad osservare la sua Parola e ad accogliere il Padre, affinché prenda dimora nella nostra esistenza, grazie allo Spirito Santo.
La pace del cuore, l'amore del Padre, la promessa di Gesù ci aiutano a vivere la nostra missione. La nostra vitalità dipende dalla “Vera Vite”, cioè da Gesù. Tutto ciò che facciamo non porta frutto, se non siamo nel Suo amore. Il comando di Gesù è l'amore, e l'amore ci dona gioia.
Il mondo è dominato dalla violenza e dall'odio. Se noi seguiamo la strada dell'amore, che Gesù ha tracciato per noi, non possiamo evitare incomprensioni, ostacoli e persecuzioni.
Gesù, nel suo testamento, prima di andare incontro alla passione e alla morte, ci affida il suo comandamento. Non sarà un distintivo o una tessera di identificazione, ma un generoso amore per gli altri: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”.
La nostra missione ci chiama a vivere la misericordia attraverso il perdono, la benevolenza, la carità operosa, disinteressata e generosa: essere uomini di misericordia verso tutti, senza giudicare o condannare, ma facendosi strumento della misericordia di Gesù.
Il LAM ha l'obbligo di edificare la società. “Non perdiamo di vista la necessità che c'è nella società, di dare buon esempio”. (Madre Speranza) Bruno
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COME UN BIMBO IN BRACCIO A SUA MADRE Mimma Com di Succivo
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l'anima mia.
Speri Israele nel Signore, ora e sempre.
Questo salmo è un canto e una preghiera di domanda, di penitenza, di ringraziamento, di lode. E' stato scritto dal re Davide, ispirato dallo Spirito Santo. Esso è un atto di umiltà, poiché ammonisce l'orgoglio, la superbia e la ricerca di cose grandi, superiori alle proprie forze. Per riuscire a tenere presente ogni giorno l'intenzione di renderci umili, non bisogna affannarsi per raggiungere qualcosa di materiale, a volte tralasciando sentimenti e affetti importanti, che sicuramente valgono molto di più. Dobbiamo abbandonarci completamente nelle mani di Dio, come un bambino tra le braccia di sua madre; solo così potremo essere sereni e tranquilli e trovare la pace nel nostro cuore, sperando sempre nel Signore.
Quando mi è stato chiesto di preparare qualcosa sul salmo, mi sono spaventata, pensando che fosse difficile, ma quando l'ho letto, ho capito che era proprio per me, perché meditando la lezione affidatami il mese scorso sulla fiducia, con l'aiuto della preghiera ho imparato a fidarmi di più di Dio, ed è proprio questo l'effetto che ho avuto: mi sono sentita tranquilla e serena, proprio come un bimbo tra le braccia di sua madre; infatti ringrazio il Signore per la famiglia che mi ha donato e per la vita di ogni giorno.
MOSE': IL DIO MISERICORDIOSO SI RIVELA LIBERANDO, FACENDO ALLEANZA E PERDONANDO I SUOI FIGLI. Franca Belella
Mosè, la rivelazione di Dio e la caduta morale di Israele sono al centro di questo tema, nel quale si evidenzia chiaramente come allo smarrimento e alle aberrazioni di un popolo viene contrapposto il perdono e la misericordia del Padre per intercessione di Mosè.
Mentre Mosè è salito sul monte Sinai per ricevere da Dio le tavole della legge, la sua gente nonostante avesse già avuto delle prove della Sua grandezza e potenza, reclama la costruzione di un idolo d'oro quasi a voler rappresentare in modo reale la presenza di una forza che fosse di guida ad Israele, lasciandosi facilmente trascinare in un'incredibile depravazione ed imperdonabile deviazione dell'idea purissima di Dio.
Ancora una volta si consuma la violazione della legge dell'Assoluto incrinando l'intima saldatura con Lui e mettendo in contrasto la debolezza del popolo con la sublimità dell'unità rivelata. In questo contrasto, tra colpa ed incapacità ad avvicinarsi all'Assoluto, si inserisce invece la volontà salda di realizzarlo da parte di Mosè.
Mosè è l'uomo che ha conosciuto Dio faccia a faccia e ha visto la sua gloria; egli infatti scende dal monte con l'occhio splendente illuminato dalla luce divina, portando con sé un dono prezioso, l'insegnamento divino, e, seppur sconvolto da tanta aberrazione, infrange le tavole del TORA' che non rappresenteranno più il pegno di fedeltà al patto di alleanza tra Dio e il suo popolo, intercede presso Dio invocando clemenza e perdono per la caducità del popolo, del quale saprà riprendere la guida traendolo dallo smarrimento e riportandolo verso di Lui.
Dio perdona perché soltanto colui che è stato offeso e ha ricevuto l'offesa può perdonare e salvare. La sua presenza nell'esperienza dell'esodo si fa così più incisiva, con una solidarietà che diviene salvezza in nome di un'alleanza che mira a portare l'uomo ad una partecipazione più piena del suo mistero. E' sempre Dio che agisce, che ha pietà del suo popolo e si muove a liberarlo dalla schiavitù per mediazione di Mosè al quale ha rivelato la sua vera natura di un Dio, non vendicativo ma misericordioso.
Traspare dalla lettura ed approfondimento della storia dell'esodo, l'itinerario percorso dall'uomo fin dalle origini alla ricerca e alla realizzazione di Dio. Le ripetute cadute e mancanze umane, segno delle cattive inclinazioni assunte a causa del peccato originale, dimostrano l'incapacità a sentire e realizzare Dio. L'uomo si costruisce idoli d'oro e d'argento ai quali si inchina rendendosi schiavo delle sue passioni e delle sue false figurazioni, rinnovando ogni volta la ribellione iniziata dagli Angeli scacciati dalle sfere celesti mentre Dio, Padre di bontà che cerca instancabilmente l'uomo per renderlo felice, continua ad essere fedele, continua ad amare , continua a riconoscere misericordia e perdono condividendo la vicenda umana fino a portare Lui stesso, fattosi uomo, tutti i peccati.
Soltanto riconoscendosi peccatore, l'uomo può comprendere la portata della misericordia divina, vivendo la grazia e il dono del perdono, nella realizzazione e nella condivisione più piena di Dio. Fintanto che la superbia di Lucifero continuerà ad insinuare nel cuore dell'uomo, il convincimento di poter scagliare la prima pietra contro qualcun altro, sarà purtroppo ancora lontana la possibilità di riconquistare quel Paradiso sottrattogli a causa del peccato originale.
E noi, LAM, siamo invitati fortemente a riflettere su questo, perché Dio ci ha chiamati e ci ha voluti per farLo conoscere come un Padre che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto, perché noi per primi, riconoscendo i nostri limiti, non come motivo di avvilimento,possiamo manifestare di più la sua Misericordia. Aderendo all'Associazione infatti ci siamo assunti una grande responsabilità, quella di fare “TUTTO PER AMORE” ma per amare bisogna imparare a guardarsi dentro, rinunciando ai propri idoli, occorre mettersi davanti al Signore chiedendoGli di prenderci per mano, di guidarci attraverso l'esperienza del pentimento e del perdono per entrare nella sua vita. Avremo così anche il coraggio di guardarci fraternamente negli occhi per portare i pesi gli uni degli altri e non lasciarci vincere dalle insidie che tentano invece di allontanarci gli uni dagli altri.