PREPARAZIONE ALLA PASQUA CON MONSIGNOR MANI
Monsignor Mani si è soffermato oggi sulla Quaresima, centro dell’anno liturgico, comprendendo il periodo non solo dei 40 giorni bensì dei 100 giorni che vanno dalle Ceneri alla Pentecoste, in cui la Chiesa mette a disposizioni diversi eventi ed occasioni per poterci avvicinare di più al Signore.
E’ il periodo più importante per ritornare alle origini del Battesimo e riprendere coscienza del dono di questo Sacramento e della nostra situazione di essere soggetti alle tentazioni. Un periodo in cui dobbiamo trasfigurarci per essere come Cristo: Gesù è la vita, basta ricordare gli episodi evangelici del Cieco nato, di Lazzaro, della Samaritana. Il cuore di questo tempo è perciò prendere coscienza della dimensione fondamentale dell’uomo, la dimensione pasquale, un continuo passaggio dalla vita alla morte, dalla morte alla resurrezione. La vita è infatti un continuo morire per poter risorgere e l’immagine perfetta del chicco di grano portataci da Gesù è l’immagine della nostra vita “Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto”
Oggi siamo nella novità di questo passaggio: Chi ritiene di saper tutto, non sa niente perché non impara nulla di nuovo.
Il concetto che dalla morte nasce la vita riporta al momento della nascita in cui il bambino viene tolto dalla madre, momento di sofferenza per i dolori del parto e momento di gioia per la nuova vita. La vita è un continuo morire per far vivere; questo è vero anche durante la crescita dei figli che richiedono attenzione, educazione fino al loro distacco dalla famiglia d’origine. Occorre però che l’amore non sia possessivo e non rovini il rapporto con la famiglia acquisita. Occorre accettare la dinamica del distacco. Il Padre ha resuscitato Gesù dai morti per insegnarci che non c’è vita se non c’è morte.
Nel passaggio dalla morte alla vita c’è una realtà che è la Croce: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23) perché ciò che non è segnato dalla croce non è cristiano e la croce la dobbiamo portare tutti, cristiani, ebrei, mussulmani ma i cristiani devono esaltare la croce. Questo può apparire masochista ma nella misura in cui si scopre la Croce di Cristo, s’impara a dare il nome di croce a tutto ciò che pesa nel quotidiano.
Una leggenda racconta che Sant’Elena in visita ai luoghi santi in Palestina alla ricerca della croce di Cristo, fece raccogliere in un fossato, dove si trovavano i resti delle croci dei condannati dai romani, tutti i legni, individuando la croce santa dopo la guarigione di alcuni paralitici che l’avevano toccata.
La Croce di Gesù si porta volentieri. Scoprire che tutte le croci sono le sue croci e portarle insieme a Lui. Abbracciare ed amare la Croce come fece Madre Speranza. Quando si scopre la Croce si fa la festa dell’invenzione e poi dell’esaltazione perché si collabora con Gesù per la salvezza del mondo. Coloro che non hanno portato la croce sono come ragazzini capricciosi, coloro che l’hanno portata sono persone adulte e mature che hanno saputo leggere quelle occasioni come appuntamenti di crescita spirituale, soprattutto se hanno saputo inserirle nell’Eucaristia:da Eucarestia in Eucarestia Cristo le ha fatte sue per la salvezza dell’umanità.
La Quaresima è un cammino battesimale, per scoprire il passaggio dalla morte alla vita. Tutta la nostra vita è legata alle nostre croci che non ci fanno più paura se crediamo che ciò che non è segnato dalla Croce non è cristiano.
L’invito alla riflessione si incentra quindi su:
- Quali sono le reali croci creative nella famiglia?
- Il valore della Croce
Paola interviene su come Dio chiama in modi diversi per farsi conoscersi, nella gioia e nel dolore e noi dobbiamo ritenerci benedetti e fortunati per questo.
Ma come possiamo, dice Caterina C., farci carico della croce di un altro per la sua salvezza? E come possiamo con le nostre croci, chiede Sergio R. , contribuire a salvare il mondo?
Suor Rifugio ci ricorda che Madre Speranza ha detto e testimoniato molto sul sacrificio santificato, sul sacrificio redentivo. L’Amore Misericordioso è redentivo; l’amore vittimale è redentivo e la schiavitù d’amore consiste nell’abbandono totale a Dio, perché faccia di noi fa quello che vuole, perciò noi dovremmo semplicemente consegnarci a Lui. E’ fondamentale che noi LAM capiamo le croci e le offriamo al Signore affinchè diventino redentive. Gesù ha preso la Croce per amore. Le cose fatte da Madre Speranza per realizzare quanto il Signore le chiedeva, non sempre sono state lette nella chiave giusta; ad esempio il Signore ha voluto il suo Santuario al centro dell’Italia, a Collevalenza e Madre Speranza ha obbedito nonostante le critiche, portando molte croci. La croce va abbracciata e tradotta nella propria vita per la santificazione. Offrire al Signore, la propria croce mentre si presenta e poi consacrarla nell’Eucarestia. La Madre chiedeva al Signore di mandarle tutto quanto Lui voleva. Era un’anima entrata in una grandissima complicità con Gesù.
La croce è creativa nel momento in cui crea resurrezione in se stessi e negli altri. Noi dobbiamo proteggere le nostre famiglie da ogni male, soprattutto con la preghiera, che diventa sacerdotale per il sacramento del matrimonio, ed acquista valore grande perché il sacrificio e il dolore sono redentivi.
Ma solo il dolore aumenta il valore della Croce e le cose belle invece che offriamo, interviene Paola?
E’ maggiore il valore del dolore rispetto alle cose belle che ci fanno gioire, perché costa di più, spiega Suor Rifugio. Il Signore trova consolazione in noi se tutta la nostra vita è orientata a Lui.
Cesare afferma che non c’è nulla che ci allontana da Dio che non debba essere pagato e Gesù ci ha dimostrato come annullare le distanze da Lui, riparando quanto fatto di sbagliato: l’accettazione serena diventa così redenzione, mentre la non accettazione non porta alla riparazione e saranno le generazioni successive che dovranno riparare. I dolori, le problematiche vanno accettate come proposte del Signore.
C’è un modo, chiede Tommaso, per evitare che il male fatto passi sui figli?
Con la conversione e la riparazione, risponde Suor Rifugio. Con il perdono di se stessi e con le opere di misericordia sostiene Franca. E Nuccio ribadisce di imparare a vivere la croce uniti a Gesù. Accollarsi le conseguenze dei peccati dei nostri genitori fa male, riflette Paola; sono croci amare, ma se le prendiamo come cristiani, con la grazia nel cuore, ci portano sulla strada della identificazione con Gesù.
L’impegno a voler capire è già importante, dice Suor Rifugio e se non ci perdoniamo, continua Rita, non riusciremo a perdonare gli altri: Occorre un esame di coscienza profondo che aiuta a crescere.
Perdonare ai nostri morti i loro errori e pregare per loro afferma Suor Rifugio.
Guglielmo ricorda che dopo la sua conversione si sentiva perdonato e rinato ma quando i suoi errori gli tornavano in mente e lo sfiorava il pensiero che Dio non l’avesse perdonato,, capiva che doveva allontanare da sé la tentazione ed abbandonarsi al Signore. Infatti, dice Suor Rifugio bisogna ringraziare Dio per il suo perdono. L’episodio in cui Pietro disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". E Gesù rispose: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai” ci invita proprio alla fiducia nel Signore per il nostro bene, affermano Guglielmo ed Antonella.
Sforziamoci di essere perfetti, invita Suor Rifugio anche se non capiamo tutto, rimettiamoci nelle mani di Dio perché chi entra nella sua logica anche se non capisce fa un atto di obbedienza.
Cesare ricorda che ognuno è un figlio unico di Dio e deve rispettare gli altri come occasioni per migliorarsi senza giudicare il loro operato, essi sono mezzi per raggiungere Dio.