“Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”.
LA RIVOLUZIONE DELLA TENEREZZA Dada Prunotto
A pochi giorni dalla sua elezione a pontefice, Francesco ci ha dato già chiaramente l’idea di ciò che sarà il suo programma. Nelle sue prime apparizioni in pubblico ha parlato subito, e con umiltà, di povertà e di pace. Ci ha detto che tutti siamo chiamati alla misericordia e alla preghiera, camminando uniti con amicizia, fiduciosi gli uni degli altri. La nostra guida sarà lui, intimamente convinto della misericordia e della bontà di Dio.
Francesco è il nome che ha scelto il nuovo Vescovo di Roma, come lui si definisce, in omaggio e sulle orme di S. Francesco d’Assisi. Tutti lo abbiamo visto come un buon parroco, che ci prende per mano e che orienta il nostro sguardo alla Croce luminosa di Cristo morto e risorto. In questo nostro mondo dove il mestiere di vivere è una fatica e a volte insopportabile, dove la speranza spesso lascia il posto allo smarrimento, Francesco ci ha ridato voglia di camminare, uniti come fratelli. Nel silenzio della preghiera, ci ha chiesto di benedirlo, e la piazza ha risposto con devozione. “Il popolo per il suo Vescovo e il Vescovo per il suo popolo”, ci disse. Da quella piazza che lo vedeva per la prima volta affacciato alla balconata di S. Pietro, e idealmente da ogni piazza del mondo, tutti abbiamo sentito la spinta a ripartire, presi per mano da un padre, che infonde sicurezza e amore.
Francesco quella sera ci salutò amabilmente, come un vecchio amico: “Buona sera!”. Nel salutare porse la mano avanti a coppa, come se quel saluto fosse, e lo era, qualche cosa di suo e di prezioso da porgere a tutti; era un augurio di fratellanza.
Da quella piazza ci parve di poter ricominciare il duro mestiere del vivere con minore fatica, riprendendo fiducia l’uno nell’altro, con rinnovata voglia di pace e di amicizia fra i popoli. Questo ci ha trasmesso Papa Francesco, da subito, con cordialità e parole semplici, ma che arrivano da un pensiero profondo e che traggono forza a ispirazione dal nome impegnativo che ha scelto.
Il Santo di Assisi è il suo modello, che gli traccia una via di semplicità, di povertà e di custodia amorosa del Creato. Al Santo Dio disse: “Ora va’, Francesco, e ripara la mia Casa che è tutta in rovina”. Il suo omonimo è un colto e razionale gesuita, che diventa Papa, ma portando gli elementi simbolici francescani, per ridare alla Chiesa, stanca e confusa, nuova linfa e rinnovata credibilità. I suoi modi semplici, hanno colpito tutti, anche i giovani assetati di verità e di coerenza, i più bisognosi di coraggio e di speranza.
Papa Francesco, come il Santo di Assisi, è un uomo di pace. Proprio dal suo nome, carico di promesse, inizia quella “rivoluzione” che tutti, giovani e adulti, ci attendiamo da tempo: un cambiamento alla’insegna della povertà, dell’armonia, della fratellanza, senza mai lasciarsi andare all’amarezza “che ogni giorno ci viene propinata dal maligno”.
Papa Bergoglio (quanto ci è familiare questo cognome a noi piemontesi!) ha un motto sul suo stemma, la cui traduzione può suonare così: “Ti ho scelto e ti ho usato misericordia”.* Questa frase che rimanda all’episodio del pubblicano Matteo che lascia il suo lavoro per seguire Gesù, è ulteriore conferma del programma che il pontefice ha da subito messo in pratica.
Ora siamo in attesa di rivederlo presto, perché rinnovi l’esortazione a “non aver timore della bontà e della tenerezza e a prenderci cura con amore di noi stessi, degli altri e del creato tutto.
La piazza dove il popolo di Dio va per incontrarlo ed attingere fiducia e sapienza, sarà dunque per gli uomini di buona volontà, ambito di conoscenza, luogo di incontro e apertura a nuove scelte, punto di riferimento e di partenza per rinnovate e positive mete, luogo di scambio di esperienze e allargamento a relazioni positive e proficue. La Piazza S. Pietro diventa grande come il mondo, il nostro mondo e la nostra vita, di cui non soffrire l’ampiezza né temere l’attraversamento.
Ma allora che cosa vuole oggi l’uomo dalla vita?
L’uomo contemporaneo vuole risvegliare la sua coscienza anestetizzata, per ritrovare se stesso e riconoscere di nuovo i valori che gli danno dignità. Quei valori che ha perso di vista correndo troppo veloce come quando si è in automobile e si attraversa una città. Dai finestrini si vedono scorrere strade affollate, negozi, gente che si muove, scritte sui muri, manifesti, cartelli e insegne luminose; ma tutto passa rapidamente sotto i nostri occhi, mentre noi intanto abbiamo raggiunto le nostre case, o i luoghi di lavoro o di divertimento, e il tempo impiegato per raggiungerli ci ha negato la possibilità di porci in relazione con il mondo.
Se si prova a percorrere lo stesso tragitto a piedi, si scoprono tante piccole e grandi cose, tanti accadimenti che avremmo perduto; occasioni che sembrano ora appartenere a un altro mondo.
Tutto ciò si chiama alienazione, cioè una condizione psicologica dell’uomo moderno, che lo rende progressivamente estraneo, spesso anche in modo doloroso, alla vita stessa.
Quando una voce ci arriva al cuore e ci fa sentire amati e custoditi, ci insegna a tornare alla vita semplice dove l’amore è l’unica vera ricchezza, senza che l’orrore del consumismo continui a distruggerci anima e corpo, in modo spontaneo torniamo a sentirci come quando, bambini indifesi, ci aggrappavamo alla mano del nostro papà e immediatamente ci sentivamo tranquilli. Quella voce sa dove portarci, ci ama e ci insegna a “camminare, costruire e confessare**”.
Questo è successo il 13 marzo 2013 su quella Piazza, quando un Papa, appena eletto, ci ha esortato a non aver pura di amarci. “Buona sera!... cari fratelli… camminiamo insieme, senza temere tenerezza e bontà… prendendoci cura gli uni degli altri…”. Solo con questo atteggiamento del cuore, ciascuno di noi potrà contribuire a salvare l’umanità nell’orlo dell’autodistruzione. Preghiamo con fede perché ciò avvenga sotto lo sguardo paziente e misericordioso di Dio. Preghiamo e continuiamo a pregare”.
* “miserando atque eligendo” (Lo guardò con misericordia e lo scelse)
** testimoniare (n.d.r.)
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CREDO IN DIO CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA Amato Maria
Nel libro della Genesi si narra la creazione del mondo ad opera di Dio. Dio crea per noi tutte le cose buone. Ne viene fuori un mondo meraviglioso il cielo, la terra, la luce, le acque, il firmamento… La creazione dell’universo è espressa come una celebrazione liturgica, mantenendo un ordine: nei primi quattro giorni Dio opera la divisione degli spazi: luce e tenebre, terra e mare, giorno e notte; nel quinto e nel sesto giorno vengono riempiti gli spazi: il mare con i pesci, la terra con le piante e gli animali e infine creò l’uomo.
Dio crea il mondo e riconosce che è cosa buona per la vita e il sostentamento dell’uomo, la creature più vicina a Lui, fatta a sua immagine e somiglianza: è una creatura che può riconoscere l’opera di Dio.
Questo brano della Bibbia ci mostra l’amore di Dio per noi. Dio ha creato tutto il mondo per sostenere la nostra vita e proprio perché la creazione è opera di Dio, noi possiamo affidarci totalmente a Lui.
A Lui dobbiamo amore, gioia, gratitudine, devozione, dobbiamo cioè rispondere al suo grande amore e fondare la nostra speranza solo in Lui, perché solo Lui ci ha amato e ci ama fino alla fine.
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S. Valentino Luciana Canepa
Ho chiesto al mio povero cuore com’è l’amore, ma lui, “il cuore”, non rispondeva e tutto in me taceva. Un giorno: “Eccolo, è qui!” Era su un cavallo bianco? Forse no, ma da come mi ha guardato ho capito che non avevo sognato e… l’amore, quello vero, è scoppiato.
(Leggendo la storia di Piera) sul libretto della Sig. Marida, quando seduta nel bar a bere un cappuccino si vede osservata da quello che diventerà il suo grande amore).