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APRILE 2012

     

Meditazione: Gesù è condannato a morte (Gv. 19,12-16) Mara

 

            Gesù, ti hanno condannato a morte! La sentenza è stata emessa da quelle stesse persone che tu incontravi tutti i giorni, con le quali ti fermavi a parlare e a discutere e che benedicevi.

            Sei stato condannato al supplizio più infamante, come il peggiore dei malfattori, tu, che hai predicato e vissuto solo l’amore.   Una condanna senza appello, definitiva e crudele: la condanna alla crocifissione, che Tu, hai affrontato con estremo coraggio, con totale mansuetudine, con infinita compassione.

            “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno!”.

            Pilato intuisce, pur nella paura e nell’indifferenza, che Tu sei un “UOMO GIUSTO”, ma se ne lava le mani.

            Tu, Signore della vita, Tu che hai predicato l’amore verso tutti, senza distinzione; Tu che non hai mai fatto male a nessuno: Tu che hai predicato e messo in pratica il perdono; Tu, sei stato condannato a morte.

            E’ una condanna che si ripete anche oggi, e siamo noi a infliggertela.

Quando?

Quando non vogliamo imparare a morire al peccato, ma perseveriamo.

Quando coltiviamo nel cuore sentimenti di invidia e di gelosia.

Quando non vogliamo perdonare le offese ricevute, a torto o a ragione.

Quando la superbia e l’orgoglio ci fanno vivere come se Tu non esistessi.

Quando rifiutiamo la nostra croce per paura e mancanza di fiducia in Te.

Quando giustifichiamo l’aborto e l’eutanasia, perché non riconosciamo che la vita appartiene a Te.

Quando predichiamo bene, ma poi il nostro cuore è freddo e calcolatore.

Quando “usiamo” le persone per i nostri scopi e i nostri progetti.

Quando non vogliamo che i nostri pensieri siano guidati dalla Tua parola.

Quando facciamo finta di ascoltarti e poi, agiamo seguendo i nostri egoismi e interessi personali.

Quando crediamo di pregarti, ma in realtà esaltiamo solo noi stessi.

            La storia si ripete. Tu, Gesù, sei ancora messo in croce, e ogni chiodo che affonda nelle tue carni sono io che lo batto; sono io che calco la corona di spine sul Tuo capo; sono io che sferro sul Tuo petto il colpo di grazia.

            Sono sempre io, Signore Gesù, che Ti condanno a morte, perché non voglio riconoscere che sei il mio creatore e che Ti appartengo.

            Tu, aspetti fedele, dall’alto della croce con le braccia spalancate, che io mi ravveda, Ti riconosca e venga da Te.

 

PREGHIERA a Gesù Crocifisso


Gesù,

davanti al popolo urlante,

ai Sommi Sacerdoti corrotti, a Pilato indifferente,

Sei stato condannato a morte

Sei stato flagellato a sangue

Sei stato caricato del legno pesante della croce.

Sei stato inchiodato e fissato al legno, da lunghi chiodi di ferro.  

Sei stato issato, ed esposto alla berlina.

Ti è stato dato fiele

Sei stato tentato, schernito, deriso

Il tuo costato è stato trafitto

Il tuo corpo una maschera di sangue

Dio non è rimasto indifferente a tale strazio.

Ha udito il perdono che hai dato ai tuoi carnefici.

Ha ascoltato la Tua preghiera

Ha voluto che Tu sedessi alla sua destra

Nel posto che da sempre Ti appartiene.

Da lì guardi questo nostro povero mondo

Soffri con chi soffre

Gioisci con chi è felice

Muori con chi è condannato.

E Ti lasci trovare da chiunque Ti cerca  e Ti ama.


            La Pasqua del Signore sia per noi una nuova rinascita e la via per un profondo cambiamento interiore.

IL BUON PASTORE (Gv. 10,7-15) Teresa Ciardiello

 

            In questo brano del Vangelo Gesù si definisce “Porta e Pastore”. Porta perché solo attraverso di Lui si può arrivare al Padre e quindi alla salvezza, Pastore perché si prende cura di noi, ci conosce nel profondo del nostro cuore, ci chiama e, se noi ascoltiamo il suono della sua voce, lo riconosciamo, lo seguiamo e desideriamo non lasciarlo più, ci guida nel suo regno. Per ascoltare la voce di Gesù bisogna far silenzio dentro di noi, abbandonare le nostre idee, il nostro modo di pensare, metterci in condizione di ascoltare e capire cosa ci sta dicendo per potervi aderire.

            Gesù è anche la Via, ci prende per mano e, anche se la via è tortuosa e difficile, ci conduce verso il Padre. Egli ha un disegno su ciascuno di noi e ci indica il percorso che dobbiamo fare per giungere alla salvezza. Per aiutarci in questo ci ha donato il Vangelo, dove si può trovare la risposta ad ogni nostra domanda, là si trovano le parole adatte ad ogni persona e per ogni situazione. Il vangelo dovrebbe essere il nostro punto di riferimento per vivere in armonia con Dio tutti i giorni della nostra vita.

            La figura di Gesù come Pastore è di una tenerezza immensa. Lui ci guarda con attenzione, vede quali sono i nostri bisogni veri, ascolta le nostre preghiere e anche se molte volte non esaudisce le nostre richieste è solo per il bene della nostra anima, ma mantiene le Sue promesse di felicità, di gioia eterna, di benedizioni, che ci dona non a modo nostro ma a modo Suo, che è sicuramente il migliore.

            Gesù si prende cura di noi suoi figli, medica le nostre ferite, si china su di noi, ci abbraccia e il suo Amore Misericordioso diventa forza e potenza che guarisce: più ci sono ferite più le cura, le lava col Suo Sangue prezioso e le prende su di Sé fino a morire in croce.

            Con ognuno di noi ha un rapporto personale, ma non fa distinzioni, non ha preferenze, si preoccupa per ognuno di noi singolarmente, ha una premura, una delicatezza e un’attenzione che solo un Padre perfetto può avere verso i suoi figli. Niente e nessuno su questa terra e in tutta la nostra vita ci può dare ciò che ci dà Gesù; Lui non ci abbandona mai e noi dobbiamo ringraziarlo sempre.

 

********************************

IO SONO LA PORTA DELLE PECORE Maria Franzese.

 

            Immaginando questa scena si capisce come un pastore può custodire e proteggere il suo gregge, portandolo in ampie distese, conducendolo in veri sentieri di vita. Infatti, il Signore non a caso dice: “Io sono la Via, la Verità e la Vita, chi vuol venire dietro a me prenda la sua croce e mi segue”. La porta rappresenta la Sacra Scrittura. E’ una bellissima definizione, perché ci fa capire che andando in questa “porta” niente ci turberà, niente ci tormenterà, perché Lui è la nostra salvezza.

            Mosé era pastore del gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian e portò il gregge oltre il deserto, arrivò al monte di Dio, l’Oreb e lì incominciò la sua missione.

            Poi abbiamo il bellissimo salmo 23, che è uno squisito salmo di fiducia nel Signore: “Il Signore è il mio pastore, nulla mi mancherà”. E’ un invito ad affidarci completamente e continuamente in Lui, con serenità d’animo, anche nella notte più scura della vita, senza timore, perché il Signore è con noi.  “In pascoli verdeggianti mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Egli mi rinfranca l’anima, in sentieri di giustizia Egli mi guida, in grazia del Suo nome”.

            Con la Sua grazia Egli mi fa vivere una condotta moralmente buona, perché Lui è il mio pastore. Il pastore serve per guidare il gregge e io sono una delle Sue pecorelle. “Anche se camminassi in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me, il tuo bastone e il tuo vincastro sono la mia difesa”.

            Il bastone serve per la difesa dalle bestie feroci, in questo caso dal maligno.

            Il Signore dice che non bisogna angustiarsi per il domani, perché ci pensa Lui; provvede Lui a quello che mangeremo e a quello che berremo e di che ci vestiremo. “Abbiate fede, dice il Signore, cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Guardate gli uccelli, non seminano e non mietono e non hanno ripostiglio né granaio, eppure Dio li nutre. Ebbene, voi valete più degli uccelli!” Con la vita nuova nello spirito, corriamo sempre più spediti incontro al Signore, pienezza della nostra gioia e della nostra vita.

            “Noi che eravamo i lontani, siamo diventati i vicini, grazie al Sangue che Gesù ha dato per noi sulla Croce. Ora siamo nuove creature, perché ci è stata donata la vita nello Spirito e, grazie a Lui, possiamo gridare: “Abbà, Padre”, perché siamo diventati figli nel Figlio. Se figli anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo, perché soffriamo insieme a Lui, per poter essere con Lui glorificati. La creazione tutta geme e soffre le doglie del parto, ma le sofferenze che ora sperimentiamo saranno la nostra gloria futura in Cristo, perché tutto confluisce in bene per coloro che sono chiamati secondo il piano di Dio. Coloro che da sempre ha fatto oggetto delle sue premure, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché Egli sia il primogenito di molti fratelli (Rm 8,28).

            Allora, se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?

 


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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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