IL RICORDO DELLA VERITA' (Ricerca a cura di Barbara)
Nell'inconscio, nel sigillo di Dio dentro di noi, nell'esperienza dei nostri primi trenta giorni di vita intrauterina, resta indelebile il ricordo della relazione con il Creatore e la Gioia di Vivere nella Verità. Quali condizionamenti ed inganni ci portano poi ad avere paura della Verità e ci rendono difficile servirla?
Dalle "Confessioni" di Sant’Agostino vescovo 10, 22, 32 – 23, 34
La vera felicità risiede nella gioia in Dio
Lontano, Signore, lontano dal cuore del tuo servo che si confessa a te, lontano il pensiero che qualsiasi godimento possa rendermi felice. C’è un godimento che non è concesso agli empi, ma a coloro che ti servono per puro amore, e il loro godimento sei tu stesso. E questa è la felicità, godere per te, di te, a causa di te; fuori di questa non ve n’è altra. Chi crede ve ne sia un’altra, persegue un altro godimento, non il vero.
Chiedo a tutti: "Preferite godere della verità o della menzogna?". Rispondono di preferire la verità, con la stessa risolutezza con cui affermano di voler essere felici. Già, la felicità della vita è il godimento della verità, cioè il godimento di te, che sei la verità (cf. Gv 14, 6), o Dio, mia luce, salvezza del mio volto, Dio mio (Sal 41, 6 s., 12). Questa felicità della vita vogliono tutti, questa vita che è l’unica felicità vogliono tutti, il godimento della verità vogliono tutti. Ho conosciuto molte persone desiderose di ingannare; nessuna di essere ingannata. Dove avevano avuto nozione della felicità, se non dove l’avevano anche avuta della verità? Amano la verità, poiché non vogliono essere ingannate; e amando la felicità, che non è se non il godimento della verità, amano certamente ancora la verità, né l’amerebbero senza averne una certa nozione nella memoria. Perché dunque non ne traggono godimento? Perché non sono felici? Perché sono più intensamente occupati in altre cose, che li rendono più infelici di quanto non li renda felici questa, di cui hanno un così tenue ricordo. C’è ancora un po’ di luce fra gli uomini. Camminino, camminino dunque, per non essere sorpresi dalle tenebre (Gv 12, 35). Ma perché la verità genera odio, e l’uomo che predica il vero in tuo nome diventa per loro un nemico (cf. Gv 8, 40), mentre amano pure la felicità, che non è se non il godimento della verità? In realtà l’amore della verità è tale, che quanti amano un oggetto diverso pretendono che l’oggetto del loro amore sia la verità; e poiché detestano di essere ingannati, detestano di essere convinti che s’ingannano. Perciò odiano la verità: per amore di ciò che credono verità. L’amano quando splende, l’odiano quando riprende (cf. Gv 5, 35). Non vogliono essere ingannati e vogliono ingannare, quindi l’amano allorché si rivela, e l’odiano allorché li rivela. Questo il castigo con cui li ripagherà: come non vogliono essere scoperti da lei, lei contro il loro volere scoprirà loro, rimanendo a loro coperta. Così, così, persino così cieco e debole, volgare e deforme è l’animo umano: vuole rimanere occulto, ma a sé non vuole che rimanga occulto nulla. E viene ripagato con la condizione opposta: non rimane lui occulto alla verità, ma la verità rimane occulta a lui. Eppure anche in questa condizione infelice preferisce il godimento della verità a quello della menzogna. Dunque sarà felice allorché senza ostacoli né turbamento godrà dell’unica Verità, grazie alla quale sono vere tutte le cose.
In breve...
So questo soltanto: che tranne Te, per me tutto è male, non solo fuori di me, ma anche in me stesso; e che ogni mia ricchezza, se non è il mio Dio, è povertà. (Conf. XIII, 8. 9)
*****************************
Lettera di un sacerdote dell’Ex - Iugoslavia in carcere (Iolanda Lo Monte)
La Croce e la Chiesa
Il sole aveva anche indorato la croce del mio dolore. La croce splendeva ora di nuova luce, illuminava le mie sofferenze ed io non desideravo altro che di essere crocifisso su quella croce.
Nel corridoio, davanti alla mia cella, dove era sistemata la caldaia del riscaldamento, avevo trovato un pezzo di carbone: con questo disegnai una croce su una parete della mia cella. La disegnai al di sopra del lato inferiore, in modo che non potesse essere vista da coloro che non l’amavano. Non era un’opera d’arte, ma per me era bella perché era il simbolo delle mie sofferenze, emanava raggi che solo la mia anima capiva, specialmente quando sparivano dalla cella i raggi del sole. Ogni mattina m’inginocchiavo davanti a quella croce e spesso mi ricordavo di quel prigioniero che con un chiodo aveva ritratto Cristo agonizzante che gli diceva: “Abbi fede: ora non sei più solo, ci sono io con te!”. Nel volto di Cristo quell’artista aveva riversato tutto il suo dolore e la sua angoscia, perché in Cristo vedeva un fratello col quale dividere la solitudine della cella.
Anch’io sentivo che non ero più solo. Davanti alla mia croce di carbone vedevo passare i moltissimi che l’avevano eliminata. La croce, purtroppo, divide ancora famiglie e individui. Molti l’hanno rinnegata, sputacchiata e calpestata. Anche le croci sparse per le campagne sono state divelte e rotte. Perché tutto questo? Per quella gente la croce non è più il segno cristiano, poiché l’hanno rifiutato, però si dimenticano che da secoli la croce ha sempre resistito anche quando altri simboli, creduti gloriosi ed eterni, crollavano e con molto fracasso. Sentivo impellente un grande desiderio di parlare della croce e di Cristo; mi pareva di non conoscerla bene e di non amarla abbastanza e dal fondo della coscienza mi arriva anche qualche rimprovero.
La mia cella ora si è arricchita di una croce che mi aiuta nella solitudine e nella tristezza; davanti a quella croce confesserò le mie debolezze, ai Suoi piedi deporrò le mie preghiere.
Jozko Kragel
***************************
Il Dio della storia Iolanda Lo Monte
Grandi sono le opere del Signore. Chi ha seguito Gesù e ha fatto esperienza di Lui, scopre nella propria vita, nella malattia, nella morte, negli uomini, nelle cose il Dio della sua vita, il Dio con noi. Ma confrontandosi con gli avvenimenti, le guerre catastrofiche, le grandi migrazioni di popoli e le immense calamità di questo nostro tempo, egli scopre anche il Dio della storia, il Salvatore dell’umanità. La speranza dei popoli, Cristo principio e fine. E Dio, il Dio vivo e vero, che è Padre degli uomini e il Cristo, il Suo Figlio eterno, che è venuto per dirci e per farci comprendere che siamo tutti fratelli. E’ Lui il grande artefice dell’ordine e della pace sulla terra, perché è Lui che conduce la storia umana, è Lui che benedice il pane dell’umanità, santifica il lavoro e la sofferenza, riempie il mondo di speranza, di verità, di bellezza. Ogni cristiano deve avere questa fede.
*******************************
1 e 2 Novembre Iolanda Lo Monte
Memoria di tutti coloro che si sono addormentati nel Signore. Ricordiamo in particolare quei defunti che non sono ricordati da nessuno e tutti quelli che sono cari al nostro cuore. Ecco che il dolore per il distacco si accompagna alla speranza, anzi alla certezza di un nuovo incontro. La vita non finisce con la morte. I nomi delle persone amate e conosciute non sono persi nel grande buio della morte. Se ogni giorno dell’anno si fa memoria di una persona, in questi due giorni siamo invitati a ricordare un grande numero di persone: popoli interi, schiere di Santi e di morti, tutti raccolti in un unico destino. “Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede”. Ma è proprio questa la novità cristiana: la vittoria completa e piena di Gesù sulla morte. Chi crede in Lui risorgerà con il suo corpo. Certo, tutti sentiamo la durezza della morte, soprattutto se pensiamo a coloro che sono più cari al nostro cuore e sono giunti al traguardo, lasciandoci nella solitudine.
***************************
Le regole della comunità cristiana Matteo 18 Bruno
Questo capitolo di Matteo contiene una serie di norme per il buon ordine delle comunità costituite dalla predicazione degli Apostoli e che, dopo gli entusiasmi iniziali, devono confrontarsi con la fragilità umana, la stanchezza o il peccato. Dio è nella Sua amorosa ricerca dell’uomo perduto, così noi LAM, che siamo chiamati nell’Associazione alla medesima ricerca, dobbiamo avere la stessa cura, la stessa passione e non arrenderci al primo tentativo, insistere e solo di fronte a un diniego prolungato, affidare a Dio il fratello.
Non è facile all’interno delle nostre famiglie o nella nostra comunità, trovare il coraggio e la franchezza di parlare direttamente all’interessato; è molto più frequente la mormorazione, il giudizio che innesca meccanismi di critica e impedisce all’uomo di sperimentare la libertà che Gesù è venuto a portare.
Occorre essere innanzitutto misericordiosi: la misericordia esprime al massimo il senso di giustizia e di amore di cui l’uomo ha bisogno. Una giustizia e un amore che non sono derivati soltanto da concetti o esperienze umane, ma dall’ascolto della rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Egli rende manifesto quanto sia immenso l’amore misericordioso del Padre verso le sue creature.
Per vivere la misericordia occorre averne fatto unì’esperienza personale, quella di essere amati così come si è, non solo nonostante il nostro limite ma anche all’interno del limite stesso.
Occorre restituire al fratello la libertà del perdono. Questo potere è legato alla decisione di prendere su di noi la croce, seguendo il Cristo, essere riuniti nel Suo nome per mezzo della preghiera.
Questo penso sia l’unico modo costruttivo e allettante di rapportarci: da un lato avere un solo debito con tutti, quello dell’amore vicendevole, dall’altro riconoscere il dono della fede e della vocazione, espresso con un servizio di grande responsabilità, specialmente verso chi sbaglia e pecca. Ne va di mezzo la nostra stessa salvezza.
Bruno