Umani e non umani
Sembra che ci sia un grande sforzo culturale per rendere simili gli esseri umani ai cosiddetti "non umani", che fino a poco tempo fa erano semplicemente chiamati "animali".
Guardando certi programmi televisivi si può rimanere stupiti perché l'adeguamento è verso il basso, cioè è l'essere umano che è portato a livello degli animali; parlando con le persone alle quali sta a cuore questo argomento sembra, invece, più evidente l'innalzamento degli animali a caratteristiche quasi “umane”. Comunque sia, la questione suscita un certo disagio, e la definizione “non umani” attribuita agli animali sembra metterli sullo stesso piano delle persone. Sappiamo bene che non è possibile! L'uso del linguaggio tuttavia crea cultura e porta molto più lontano di quanto si possa immaginare. E' una considerazione che preoccupa, anche perché sui libri di testo dei bambini e dei ragazzi molto spesso le differenze fra essere umano ed animali non è così chiara. Il fatto per esempio che l'embrione nel grembo di una donna non sia considerato un essere umano, e men che meno “persona”, spinge da subito a non fare distinzione fra uomo-donna ed animale. “Fa tutto parte del “regno animale” scrivono e dicono in modo cattedratico e solenne. E poi ancora affermano che l'istinto sessuale (negli animali e negli uomini / donne) è uguale e guidato dagli ormoni, che il concepimento dei mammiferi avviene allo stesso modo, che l'embriogenesi segue le stesse tappe, e infine che il parto è simile per tutte le “femmine”. Perfino la morte, dicono, è uguale. Quest'ultimo argomento è un po' urtante, ma le spoglie senza vita di una persona non sono come quelle di un animale morto, ed anche se la cremazione dell'essere umano e dell'animale ottiene lo stesso risultato, non c'è paragone che tenga.
Fisiologicamente, psicologicamente, affettivamente ... non è vero che la persona è come gli animali, e quindi anche la loro morte è diversa. Che sia diffuso un cosiddetto “animalismo”, che vuole persino la teorizzazione di loro “diritti simili” agli umani, è un'idea già diffusa ma alquanto discutibile. Dare ai grandi primati, come lo scimpanzé, “diritti” simili a quelli delle persone porta alla luce ancora una volta contraddizioni imbarazzanti. Perché un embrione e un feto umano non ancora nato dovrebbe avere meno “diritti” di uno scimpanzé?
Il plus valore dell'essere umano rispetto all'animale è intuibile, ragionevole, dimostrabile.
Dal punto di vista pedagogico queste differenze sono molto importanti, non per sminuire gli animali ma per innalzare l'oggettivo e impareggiabile valore dell'essere umano.
Gabriele Soliani
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La fede. Iolanda Lo Monte
Il cristiano è colui che vive e annuncia la fede. La vive in quello che ha di straordinario e di radicale, l’annuncia nel silenzio dell’esistenza quotidiana. Egli si sforza, senza mai arrivarci, di ubbidire a Cristo, seguendolo nella follia della croce. Può darsi allora che sperimenti la propria fede come una corrente di vita e come un dovere di amore. Solo colui che vive nell’amore di Dio è capace di creare intorno a sé degli spazi di misericordia e di speranza. Tutti coloro che seguono Cristo hanno capito che bisogna soffrire per essere con Lui. La Croce di Cristo e la nostra sono una sola croce; allora vi è per noi un solo cammino per estirpare con tutte le forze il male che è in noi e attorno a noi. Questa speranza è capace di cambiare la realtà che più spaventa gli uomini: la morte.
L’uomo, questo mistero Iolanda Lo Monte
Esiste sulla terra un uomo onesto, altruista, buono? Forse è una domanda stracca, anche perché siamo passati attraverso tante delusioni; tuttavia non smettiamo mai di cercarlo.
La domanda si rivolta anche contro di noi: e noi siamo onesti, buoni, non egoisti, non violenti? Siamo uomini nuovi, non chiusi in noi stessi?
Nel Natale troviamo la risposta ai nostri interrogativi umani e nella Pasqua la conferma: a Natale nasce l’Uomo nuovo e a Pasqua ce ne dà la prova, donandosi completamente per l’umanità.
L’uomo nuovo è Gesù e chiunque lo accoglie rinasce come uomo nuovo. Dio stesso si incarica di esaudire le nostre attese, le nostre speranze di un mondo in cui regni la pace, frutto dell’amore. La vittoria dell’amore, tuttavia, non ci sottrae alla lotta di affrontare le difficoltà quotidiane, ma ci dà la certezza di possedere i mezzi per preparare il Regno di Dio nel mondo.
Beata la donna Iolanda Lo Monte
- Beata la donna cosciente della propria femminilità e della propria missione nella Chiesa e nel mondo.
- Beata la donna che cura il proprio fascino interiore almeno quanto quello esteriore, perché l’armonia della persona fa più bella la convivenza umana.
- Beata la donna che, a fianco all’uomo, esercita la propria insostituibile responsabilità nella famiglia, nella società, nella storia e nell’universo intero.
- Beata la donna chiamata a trasmettere e a custodire la vita, in maniera umile e grande.
- Beata quando in lei e intorno a lei accoglie, fa crescere e protegge la vita.
- Beata la donna che mette l’intelligenza, la sensibilità e la cultura al servizio della vita, ovunque essa venga sminuita o deturpata.
- Beata la donna che s’impegna a promuovere un mondo più giusto e più umano.
- Beata la donna che sul proprio cammino incontra Gesù: lo ascolta, lo accoglie, lo segue come tante donne del Vangelo e si lascia illuminare da Lui nelle scelte di vita.
- Beata la donna che, giorno dopo giorno, con piccoli gesti, con parole e atteggiamenti che nascono dal cuore, traccia sentieri di speranza per l’umanità.
Nascita, vocazione e missione di Mosé Carolina
Il racconto del bambino ebreo destinato a morte sicura per volere del faraone e salvato dalla figlia stessa del faraone, sottolinea l’importanza del personaggio.
Il piccolo popolo di Israele, perseguitato, combattuto, riesce a superare le sue debolezze, grazie alla misericordia di Dio, che sa imprimere nella loro mente e nel loro cuore il Santo Timor di Dio. Un uomo della famiglia di Levi, prese in moglie una discendente di Levi; essa concepì e partorì un figlio, ma nel timore che glielo portassero via, non trovò altro modo per salvarlo, se non quello di adagiarlo in una cesta di papiro, che l’amore materno aveva spalmato di bitume e deporlo fra i giunchi sulla riva del Nilo. La Grazia, sempre prodiga, volle che la figlia del faraone, mentre faceva il bagno, vedesse il cestello e mandasse la schiava a prenderlo. Quando l’aprì vide il piccolo che piangeva, ne ebbe compassione e disse: “E’ un bambino degli ebrei”. La sorella del bambino, che nascostamente aveva scrutato tutto, si offrì per procurare alla principessa una nutrice e chiamò la propria mamma. La figlia del faraone le disse: “Portalo con te e allattalo per me ed io ti darò un salario. Quando il bimbo crebbe la madre lo condusse dalla figlia del faraone, che lo tenne come un figlio; lo chiamò Mosé dicendo: “Io l’ho tratto dalle acque”.
Cresciuto che fu, Mosé volle incontrarsi con i suoi fratelli, che, sotto il giogo egiziano subivano ingiustizie. Di fronte a tale tirannia, colpì a morte in Egiziano. Temendo vendetta si ritirò nelle terre di Madian, nella penisola sinaitica, dove trovò ospitalità, lavoro e famiglia.
Sedutosi un giorno, per trovare un po’ di quiete, presso il pozzo di Madian, le figlie del sacerdote andarono a prendere acqua per abbeverare il loro gregge; alcuni pastori, giunti prima, le scacciarono; Mosé si levò a difendere le ragazze e le aiutò, facendo bere il loro bestiame. Tornarono più presto del solito dal padre, che, sorpreso volle sapere il motivo. Risposero: “Un uomo egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori e ci ha aiutato. Il padre, compiaciuto del cortese gesto, lo invitò a mangiare con loro. Mosé accettò di abitare con loro e l’uomo gli diede in moglie la propria figlia Sippora. Ebbero un figlio che chiamò Gherson, che vuol dire: “Vivo come forestiero in terra straniera”.
Il faraone dopo tanto tempo morì e l’erede perseguitò gli Ebrei. Essi alzarono al cielo il loro grido. Dio Padre ascoltò il loro gemito, si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe e corse in loro aiuto. Mentre Mosé pascolava il gregge di Ietro suo suocero, arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’Angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo al roveto. Mosé si accorse che il roveto non si consumava. Incuriosito, pensò di avvicinarsi. Ma Dio gridò dal roveto: “Mosé, Mosé, non ti avvicinare, togliti i sandali, perché il luogo sul quale stai è santo! Io sono il Dio di tuo padre, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”. Mosé, preso da profonda commozione si coprì il volto ma Dio proseguì: “Ho visto la miseria del mio popolo in Egitto e le sue sofferenze, sono sceso per liberarlo e condurlo verso una terra dove scorrono latte e miele, bella e spaziosa, dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è giunto fino a me, perciò io ti mando dal faraone, per far uscire dall’Egitto il mio popolo”. Mosé disse a Dio: “Chi sono io per andare dal faraone?” Dio rispose: “Io sarò con te” Mosé disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. E se vorranno sapere il nome, come dovrò rispondere?”
Dio disse a Mosé: “Io sono colui che sono, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, questo è il mio nome per sempre di generazione in generazione! Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto per chiedere il permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore vostro Dio!”… Contrariamente, stenderò la mano e colpirò l’Egitto. Questo popolo trovi comprensione verso il popolo d’Israele, non dimenticando le loro sofferenze”…