Dio giudice Commento al salmo 81 (82) Zali Carolina
Signore Dio, giudice supremo del nostro cuore, non abbandonarci nelle mani degli empi, idoli frustrati senza santa dimora, in balia dell’iniquità e della menzogna!
Signore Dio, Padre di misericordia e di perdono, difendici dal maligno, che non ha pietà delle sofferenze umane. Difendi, Signore, i piccoli per la loro fragilità, l’orfano che non si rassegna al suo dolore, fa giustizia al povero e al debole dimenticato e oppresso.
Abbi pietà, Signore, di questi trasgressori e libera dal laccio impietoso tutti coloro che ti amano, salvali dalle mani degli empi, che per la loro ingordigia non avranno pace e periranno nelle tenebre e nell’ombra di morte. Sorgi, Signore Dio, a giudicare l’umanità assetata di carità e d’amore, perché a Te appartengono tutte le genti del creato.
Grazie, Gesù, perché ci hai reso figli dell’Altissimo, per questo dobbiamo amare Te sopra ogni cosa e il nostro prossimo come noi stessi, perché Tu solo hai parole di vita eterna.
Affidarci totalmente a Cristo, vivere per Lui, è vivere nello Spirito Santo, come dice S. Paolo. Affidarci in umiltà, pazienza e obbedienza, virtù che ci fanno sentire la presenza e l’aiuto di Dio. Da questo spirito di accettazione, riceviamo la forza e il coraggio per sopportare ogni contraddizione che la vita ci presenta, per mettere alla prova la nostra fede.
Gesù Cristo, con la sua morte di croce, ci trasmette il segreto per superare tutte le tentazioni malvagie e distruttive, mediante il dono dello Spirito Santo, che vive in noi con i suoi doni di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio, doni che costituiscono il giardino della vita spirituale e il giardino del paradiso che ci attende.
Grazie, Signore Dio, per i doni dello Spirito, che arricchiscono il nostro cuore, educano la nostra mente alla sapienza che non delude mai.
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Il pane e… la memoria Luciana da Rapallo
Quando ricordo la guerra, quella che sconvolse questa terra, torno a sentir le sirene che ci davano il via per scappare in galleria, torno a vedere il volto di mia madre, quando era l’ora di mangiare… allora tanta era la fame e quello che mi mancava di più era il pane. La mamma ne aveva poco da dare, ma noi (io e mio fratello) affamati ed egoisti, non ci facevamo pregare per mangiare il suo panino senza troppo pensare. E l’inverno, con il freddo che ti entrava nelle ossa, non c’era maglione che ti potesse scaldare, ci restava solo nel domani sperare.
Ecco, oggi quando vedo in televisione persone che vivono in baracche, gente che vive nei paesi in guerra, sento nel mio cuore una sofferenza acuta.
Con la fine di quella guerra, che Mussolini aveva chiamato “guerra lampo” (doveva durare 6 mesi) durò invece sei anni, si contarono milioni e milioni di morti, con distruzione di case e di famiglie.
Farebbe ancora bene ricordare a tutti quel passato nero, triste e di vergogna.
(E’ la guerra dell’Irak che mi ha sollecitato a scrivere).
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Un giovane entrò in un grande negozio. Come commesso dietro il bancone c’era un angelo.
“Che cosa vendete qui?” chiese il giovane.
“Tutto ciò che desidera”, rispose cortesemente l’angelo.
Il giovane cominciò ad elencare: “Vorrei la fine di tutte le guerre, più giustizia per gli sfruttati, tolleranza e generosità verso gli immigrati, più amore nelle famiglie, lavoro per tutti i disoccupati, più comunione nella Chiesa e… e…”.
L’angelo lo interruppe: “Mi dispiace, signore. Lei mi ha frainteso. Noi non vendiamo frutti, noi vendiamo solo semi”.
P. Rocco Tummolo