La fede di Maria dà la carne a Gesù Iolanda Lo Monte
Dice il Concilio: “Per la sua fede obbediente Ella generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza conoscere uomo, ma sotto l’ombra dello Spirito Santo”.
Questo è un punto su cui i Padri della Chiesa hanno molto insistito: Maria ha concepito Gesù nella fede e poi nella carne quando ha detto sì all’annuncio di Dio portato dall’Arcangelo. Che cosa vuol dire questo? Che Dio non ha voluto farsi uomo ignorando la nostra libertà, ha voluto passare attraverso il libero consenso di Maria: il suo sì.. E le ha chiesto: “Sei disposta a questo? E lei ha detto sì. Ma quello che è annunciato della Vergine Maria in modo unico, accade a livello spirituale anche a noi quando accogliamo la Parola di Dio con cuore buono e sincero e la mettiamo in pratica. Egli viene ad abitare in noi, perché prende dimora in coloro che lo amano e osservano la sua Parola. Non è facile capire questo ma è facile sentirlo nel cuore. Domandiamoci: Siamo consapevoli di questo? Oppure pensiamo che l’incarnazione di Gesù sia un fatto solo del passato, che non ci coinvolge personalmente? Credere in Cristo significa offrirgli la nostra carne con l’umanità e il coraggio di Maria, perché Lui possa continuare ad abitare in mezzo agli uomini, significa offrirgli le nostre mani per accarezzare i piccoli e i poveri, i nostri piedi, per camminare incontro ai fratelli; le nostre braccia per sostenere chi è debole.
La speranza ci farà vivere di Dio solo,
se nasce dalla convinzione che Gesù,
nostro Signore e Padrone,
ci ama teneramente ci prepara il Paradiso:
Dio dispone tutto per il. nostro meglio.
Bisogna vivere e soffrire: poi risorgeremo.
Testimoni di speranza Iolanda Lo Monte
Oggi sentiamo tutti la necessità di sperare. Il nostro tempo chiede testimoni di speranza cristiana. Noi, persone di fede, dobbiamo costruire e vivere la spiritualità della speranza, per diventare un punto di gioia per chi è confuso.
La speranza, grande virtù teologale, ci avvicina sempre più ai santi. Mentre ci affidiamo ogni giorno al mistero d’amore di Dio.
Spalanchiamo le porte del nostro cuore e lì troveremo la pienezza del vivere umano con Dio.
Lettera alla nonna Melania Tasca (Orte)
Cara nonna, mi manchi tanto e spero che ti manchi anche io. Ho dei bellissimi ricordi con te. Noi due eravamo molto “attaccate”.
Ti ricordi quando ero piccola e ti venivo a trovare a casa e mi chiamavi “la bella Ceciona”? Quando io volevo fare sempre torte e biscotti con te, perché per me eri la mia insegnante di cucina? Quei pomeriggi d’inverno passati davanti al camino? Quando mi hai insegnato a legare il “grembiulino” da dietro senza guardare? Quando ti lavavo i piatti, ma tu non volevi perché dicevi che dopo aver fatto il dolce ero troppo stanca e perciò volevi ce mi riposassi.
Tu mi hai insegnato ad aiutare sempre il prossimo, mi hai insegnato i cosiddetti “trucchetti” della nonna di cui ora ne faccio tesoro.
L’ultimo giorno che ti ho visto a casa me lo ricordo molto bene: era un pomeriggio d’inverno più o meno a gennaio. Eravamo come il nostro solito sedute davanti al camino a guardare la televisione, quando, ormai erano un po’ di giorni che non mangiavi più, a malapena riuscivi a bere un bicchiere di spremuta di arancia con il limone.
Quello fu il tuo ultimo giorno nella tua abitazione. Il giorno dopo, una volta ritornata da scuola, mamma mi disse che tu eri andata all’ospedale per un semplice controllo: all’inizio nessuno era preoccupato perché non sapevamo cosa avevi veramente; poi tutte le domeniche, con la mia famiglia venivamo a trovarti all’ospedale.
Ogni volta che venivamo da te ero contenta perché ti vedevo, ma allo stesso tempo ero triste perché non volevo vederti dentro quel letto che mi metteva tanto terrore. Ogni domenica che entravo nella tua stanza, cercavo di portarti i saluti anche da parte di tutte le persone del nostro paese.
Di settimana in settimana andavi peggiorando, ma noi speravamo ugualmente in un miglioramento, anche se, non fu così: le ultime settimane all’ospedale riuscivi a malapena a fare un “ciao” muovendo la mano. A volte non riuscivo nemmeno a stare dentro la stanza, perché avevo una brutta sensazione: tante volte mi veniva da piangere, quindi uscivo e andavo nella sala d’aspetto. Questa malattia molto brutta venne quasi due anni fa. Tu purtroppo non ce la facesti a superarla. Un mese e mezzo dopo la tua entrata all’ospedale la mattina alle dieci del 17 febbraio 2017, non ce la facesti ad andare più avanti. Quindi ti addormentasti e il tuo cuore smise di battere. Il pomeriggio mi diedero la notizia e io a quel punto scoppiai a piangere, smettendo solo dopo parecchio tempo. Per me un rapporto nonna-nipote è bellissimo perché la nonna ti insegna tutto, ti ascolta sempre, ti consiglia per il meglio e vuole vederti solo sorridere. Per me questo rapporto è stato molto importante , anche perché senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta a superare alcune mie difficoltà. Io mi ricordo ancora bene di te e non smetterò mai di farlo. Nonna, mi manchi tanto, a volte vorrei darti un abbraccio, anche se ti avrò sempre nel mio cuore.
Cosa penso? (Serena Treglia)
Penso che nessuno può capire davvero una persona se non cammina nei suoi passi e non percorre la sua stessa Vita. Penso che dire mi dispiace non serve a nulla, ma dire pregherò per te vale più di tutto. Penso che quello di cui abbiamo bisogno sia imparare a sorridere nonostante pensiamo che non ce ne sia motivo ma ci sbagliamo, perché c'è motivo ed è anche un motivo importante: "sorridere perché si è vivi". Penso che i malati hanno proprio bisogno di sorrisi, di persone che li facciamo vivere e non di persone che ricordino loro le cose passate. Penso che vivere una patologia, qualunque essa sia, non è facile ma se c'è il sorriso i volti cambiano, la forza aumenta e con essa anche la speranza verso la guarigione. Ma spesso non possiamo capire semplicemente perché crediamo nei miracoli immediati. Pensiamo che il Signore non ci ascolta solo perché non è imminente la guarigione... Ma non è così... Guardiamo i contorni, guardiamo l' inizio del percorso e vediamo quante coincidenze abbiamo incontrato e solo ripercorrendo capiamo che quelle coincidenze hanno un Nome: "Gesù"... Lui non vuole il nostro male, Come potrebbe volere il nostro male se è morto per noi? Non diamo la colpa a Lui se nella nostre vite è subentrata una malattia (qualunque essa sia), ma ripercorriamo il tutto con Lui, camminiamo con Lui... Sapessi quanto dolore in più uno proverebbe se non ci fosse Lui... Ecco penso che prima di parlare su come uno reagisce ad una cosa provate a camminare con lui, solo camminando accanto ad un malato si può capire il tutto ma soprattutto vedere il volto di colui che c'è dietro.... Allora invece di dire e ripetere mi dispiace... Impariamo a dire pregherò per te, ma soprattutto impariamo a donare sorrisi. Perché è dentro il Sorriso che c'è tanta ma tanta speranza...