I tempi dell’Esodo Una storia fra tante Iolanda Lo Monte
Nelle partenze che per anni si susseguivano dall’Istria e dalla Dalmazia non ci sono scommesse sul futuro, la ricerca di un nuovo inizio, la prospettiva di un cambiamento! Ci sono l’abbandono forzato, la censura brusca e violenta con la propria identità territoriale, la rottura di una tradizione, l’andarsene senza ritorno.
Anche quando l’esule riesce a riformarsi una vita, una famiglia, una prole, una patria, una nuova identità linguistica e culturale, egli non sfugge completamente al marchio del trauma iniziale. Può abituarsi a convivere con esso, può fingere di dimenticarlo, ma non potrà mai cancellare del tutto il segno: Ho lasciato per sempre la mia terra ma non ho rimpianti, mi sono portato via il bianco degli scogli in marina, il profumo dei grappoli di acacia, il pianto sul viso dell’infanzia lontana. Non ho rimpianti perché la mia terra non è più la mia terra.
Un’esule Iolanda Lo Monte
Provavo gratitudine per la pietra fredda e ruvida sotto le mie dita,
per l’aria fresca che respiravo,
per non sentirmi più paralizzato dal terrore …
ma in quel momento, al pensiero di diventare un esule
ho capito che mi ci sarebbe voluta un’altra vita intera
per trovare un posto mio in un paese straniero,
e che comunque, non avevo una vita di scorta.
Sono nata nella grande pianura dove il vento
corre tra le erbe e io lo inseguivo a mani tese.
Lontana è la patria ma il mare luccica di sole;
infinito è il mondo al di là del mare.
Un mare così, tra le due parti, fin dentro le case,
io non l’ho mai visto da nessuna parte.
La mia fede mi ha sostenuta.
L’indicibile delle fiabe dell’esodo Iolanda Lo Monte
Perché l’operazione di presentare l’Italia del 1945 come un Paese vincitore possa funzionare, non è sufficiente l’autocelebrazione dell’antifascismo, occorre anche (e forse ancor più) rimuovere in modo radicale dalla memoria collettiva tutto ciò che ricorda la sconfitta. Si nascondono così i silenzi, le negazioni, le pagine indicibili della storia nazionale, e nasce così la vita sotterranea di fatti rimossi, che spesso si ripresentano all’improvviso, riscoperti da un documento di archivio, da un ritrovamento casuale, da una testimonianza tardiva o interessata e che finiscono in questo modo più in polemica che in conoscenza.
Innumerevoli sono i prigionieri di guerra, circa un milione e trecentomila uomini, che hanno vissuto le prigioni più diverse nei campi di tutti i Paesi belligeranti, immagine vivente delle sconfitte. Non è certo casuale che ancora oggi, a sessant’anni di distanza, manchino dati esaustivi sul loro numero, sui decessi nei campi, sulle modalità della detenzione.
Indicibili sono soprattutto le fiabe dell’esodo dei profughi giuliani,fiumani e dalmati, il ridimensionamento del proprio territorio, la strage di migliaia di cittadini, la fuga di centinaia di migliaia di altri.
La situazione della Venezia Giulia costituisce il terreno di confronto più scomodo e destabilizzante, perché è la dimostrazione evidente che l’Italia è uscita sconfitta dalla guerra. Si tace sugli infoibati e sui profughi, relegarli a memoria locale giuliana senza fare conoscenza collettiva, gli esuli istriani, dalmati nei campi profughi. In questo modo il cerchio si salda: un Paese che vuole immaginarsi vincitore non deve parlare delle sconfitte. Nella memoria dell’Italia non c’è posto per chi è stato ucciso nel Nord-est, né per chi ha lasciato la propria terra e si è trovato a vivere l’esperienza tormentata dell’esule.
L’inconcepibile Iolanda Lo Monte
E’ inconcepibile e straordinario, è qualcosa che incide sempre più profondamente nel mio animo, quel tuo stare lì in silenzio nel tabernacolo.
Vengo in chiesa la mattina e lì ti trovo; corro in chiesa quando ti amo e lì ti trovo, ci passo per caso e, per abitudine o per rispetto ti faccio un saluto e lì ti trovo!
Ed ogni volta mi dici una parola, mi rettifichi un sentimento, vai componendo in realtà, con note diverse un unico canto che il mio cuore sa a memoria e mi ripete una parola sola: eterno amore!
Mio Dio, non potevi inventare di meglio: quel tuo silenzio in cui il chiasso della nostra vita si smorza, quel palpito silenzioso che ogni lacrima assorbe, in quel silenzio più sonoro di un angelico concerto, quel silenzio che alla mente dice il Verbo, al cuore dona balsamo divino, quel silenzio in cui ogni voce si ritrova incanalata, ogni prece si sente trasformata, quella tua presenza arcana … Lì è la vita, lì è l’attesa, lì il nostro piccolo cuore riposa, per riprendere senza posa il suo cammino.
Sacerdote di Cristo, chi sei tu? Iolanda Lo Monte
La tua vita è una continua agonia, il tuo cuore è sempre in pena perché il figlio prodigo ancora non torna, l’anima tua è tante volte triste fino alla morte, perché a pochi passi dalla tua casa, dalla tua chiesa Cristo viene di nuovo crocifisso; sei sempre pronto al perdono e a fare festa per il figlio dissipatore che ritorna nella casa del Padre; sei il buon pastore insonne che va in cerca della pecorella smarrita, il tuo cuore è sempre aperto come una bocca che nelle tenebre grida ai prodighi sperduti, come il grido lacerante della mamma che chiama.
Quando noi siamo distratti tu ti raccogli nella solitudine, quando noi pecchiamo tu preghi ed espii, quando noi dormiamo tu vegli.
Chi sei tu, sacerdote?
Sei uomo come noi, con le nostre stesse miserie e insieme sei potente come Dio, tanto da poter chiudere le porte dell’inferno e aprire quelle del cielo a tutti noi peccatori, perfino a quanti hanno seguito le orme di Giuda e di Caino. Vivi nella terra come noi, ma tratti problemi di cielo, vivi nel tempo ma operi l’eternità. Chi sei tu, dunque, o Sacerdote! No, non c’è parola umana che possa dirci quello che tu sei: sei un ministro sospeso tra cielo e terra, un ministro indefinibile, insondabile come Dio a cui tanto assomigli.
Un pensiero per ogni giorno Iolanda Lo Monte
E’ meglio fare giustamente ciò che il Cuore di Gesù ci invita a fare, con tanto amore, e sopportare le piccole croci con la certezza di compiere la Sua santissima volontà.
Alla scuola dell’amore di Gesù, pieni di zelo, mostriamoci amabili verso tutti, in particolare verso i giovani e verso quanti ci sono stati affidati, amandoli in Dio e per Dio.