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APRILE 2020

     

CONSOLATI E BENEDICENTI 

 

“Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio – Parlate al cuore di Gerusa-lemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuta dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati.” (Isaia 40,1-2) 

La parola di Isaia ci riempie il cuore di speranza e di pace in un periodo come quello che stiamo vivendo, per cui tutti siamo preoccupati dalle notizie di guerre e di malattie, di popolazioni intere in fuga cercando invano rifugio e protezione. Il mondo intero vive in uno stato di insicurezza e di angoscia, anche perché troppo spesso le notizie che si diffondono sono più gravi della realtà stessa e contribuiscono a creare un diffuso senso di paura. 

Tutto questo accade anche in Italia e in tutta Europa e troppo spesso ci fa dimenticare il fatto che in settanta anni, grazie alla formazione dell’Unione Europea, nel nostro Continente non sono intervenute guerre, a parte pochi, anche se sanguinosi, scontri locali. Purtroppo questo di senso di insicurezza è trasversale, perché coinvolge credenti e non credenti. 

Per quanto riguarda i credenti, purtroppo bisogna riconoscere che non tutti si fermano ad attingere acqua al pozzo di Sicar e sostano ad ascoltare Gesù con la dovuta attenzione. Noi, che abbiamo attraversato questo deserto di dolori, di paura, di indifferenza, di non accoglienza che ci ha oppresso, siamo giunti qui, al pozzo di Giacobbe per dissetarci, riposarsi ed essere consolati dall’incontro con Gesù e qui abbiamo attinto acqua per noi e per chi ha sete come noi. 

L’acqua della vita che la Parola ci dona è fonte di benedizione e di pace e ci rende capaci di rinnovarci per essere portatori di pace e di consolazione per quelli che ci circondano e con quelli con i quali veniamo a contatto. Nel linguaggio comune la benedizione nel nome della Trinità si usa per santificare cose o persone, così questa benedizione ricevuta e distribuita contribuirà a santificare il mondo, che ne ha tanto bisogno. 

Per quanto ci riguarda ricordiamo con benevolenza tutta la vita che abbiamo percorsa e con essa le fatiche, le incomprensioni, i nostri morti che abbiamo lasciato dietro di noi e che nel nostro ricordo sopravvivono, le avventure che ci hanno resi più buoni e quelle di cui ci vergogniamo, perché tutto ha contribuito al nostro attuale modo di essere. Benediciamo altresì questa Comunità con la quale camminiamo e tutte quelle che abbiamo nel tempo abbandonate e che comunque hanno contribuito al nostro modo di essere. Ringraziamo e benediciamo il Sacramento che ci lega e i frutti che ha dato, figli, nipoti e amici sinceri. 

In Cristo nostro Signore. 

Egidio e Mariella

 

E’ quando sono debole che assaporo l’amore

 Antonio e Luisa De Rosa

 

Sono a casa come tutti. Io, a differenza di altri, convivo anche con questo virus. Sono malato da più di due settimane. Non è facile: febbre, tosse, difficoltà respiratoria. Insomma l’ho preso abbastanza forte. Non mi lamento, ci sono persone che stanno molto peggio di me.

Quello che voglio raccontare non è questo. Di gente che si lamenta ci sono già i giornali pieni e non serve che io vi deprima ancora di più con la mia storia. Voglio raccontare invece l’amore, la forza più grande che esista. Ciò che mi ha dato la forza di affrontare questi giorni non è stata la mia fede. Come al solito mi sono dimostrato un uomo di poca fede. E’ stato l’amore della mia sposa.

Si è presa carico di tutto in casa. Non solo, mi ha servito con un amore così grande che è stato per me davvero una sorgente di forza e di energia. Non avevo voglia di pregare e lei lo ha fatto anche per me. La coroncina della Divina Misericordia e il rosario non sono mai mancati. Ogni giorno. Questi giorni non sono stati facili, ancora non ne sono fuori, ma sono stati giorni di grazia, dove una volta di più ho sperimentato l’amore, l’amore gratuito, incondizionato, l’amore che si fa servizio, che si fa carezza e sorriso. L’amore che, quando mi sono sposato, speravo e desideravo di poter sperimentare nella mia vita. Grazie a Dio lo sperimento ogni giorno, ma in queste occasioni dove sono debole e non ho nulla da dare, lo sperimento con una forza che mi lascia commosso. Non posso che fermarmi e contemplare l’amore di Dio attraverso l’amore della mia sposa. Questi giorni non avevo voglia di cercare Dio ma, grazie alla mia sposa, l’ho sentito vicino come non mai. Il Vangelo di ieri ci ha raccontato della samaritana al pozzo. Ecco nel matrimonio si può bere quell’acqua di cui parla Gesù! L’acqua che disseta per sempre. L’acqua dell’amore di due creature imperfette ma che diventano, per Grazia, capaci di essere sorgente dell’amore di Dio, l’uno per l’altra, per i figli e per il mondo intero.

Antonio e Luisa

 

“IO RESTO A CASA, SIGNORE”.

La preghiera di mons. Giudice

Io resto a casa, Signore!
Ed oggi mi accorgo che, anche questo, me lo hai insegnato Tu rimanendo, in obbedienza al Padre,
per trent’anni nella casa di Nazareth in attesa della grande missione.

Io resto a casa, Signore!

E nella bottega di Giuseppe, tuo e mio custode, imparo a lavorare, ad obbedire,

per smussare gli spigoli della mia vita e approntare un’opera d’arte per Te.

Io resto a casa, Signore!
E so di non essere solo perché Maria, come ogni mamma, è di là a sbrigare le faccende
e a preparare il pranzo per noi, tutti famiglia di Dio.

Io resto a casa, Signore!
E responsabilmente lo faccio per il mio bene, per la salute della mia città, dei miei cari,
e per il bene di mio fratello che Tu mi hai messo accanto
chiedendomi di custodirlo nel giardino della vita.

Io resto a casa, Signore!
E, nel silenzio di Nazareth, mi impegno a pregare, a leggere, a studiare, a meditare,
ad essere utile con piccoli lavoretti per rendere più bella e accogliente la nostra casa.

Io resto a casa, Signore!
E al mattino Ti ringrazio per il nuovo giorno che mi doni, cercando di non sciuparlo
e accoglierlo con stupore come un regalo e una sorpresa di Pasqua.

Io resto a casa, Signore!
E a mezzogiorno riceverò di nuovo il saluto dell’Angelo, mi farò servo per amore,
in comunione con Te che ti sei fatto carne per abitare in mezzo a noi; e, affaticato per il viaggio, sitibondo Ti incontrerò presso il pozzo di Giacobbe, e assetato d’amore sulla Croce.

Io resto a casa, Signore!
E se a sera mi prenderà un po’ di malinconia, ti invocherò come i discepoli di Emmaus:
Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto.

Io resto a casa, Signore!
E nella notte, in comunione orante con i tanti malati e le persone sole, attenderò l’aurora

per cantare ancora la tua misericordia e dire a tutti che,  nelle tempeste, Tu sei stato il mio rifugio.

Io resto a casa, Signore!
E non mi sento solo e abbandonato, perché Tu mi hai detto: Io sono con voi tutti i giorni.
Sì, e soprattutto in questi giorni di smarrimento, o Signore, nei quali, se non sarà necessaria

la mia presenza, raggiungerò ognuno con le sole ali della preghiera. Amen.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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