LA TUTELA DEL BENE COMUNE (prima parte)
Nell'articolo dell'ottobre scorso, presentando l'argomento prescelto per il giornalino 2016 – 2017 abbiamo visto che i PRINCIPI NON NEGOZIABILI che ognuno di noi non può non tenere presenti, come cattolico, ma anzitutto come cittadino sono i seguenti:
difesa della vita
difesa della famiglia
libertà di educazione
tutela del bene comune
Abbiamo già affrontato i primi tre; ci resta quindi ora di parlare del quarto di essi.
La tutela del BENE COMUNE
Cercheremo anzitutto – cosa non proprio facile - di definire che cosa si intende per “bene comune”.
Verrebbe forse voglia di dire che, ad es., una scuola è un bene comune: in realtà non è tanto la scuola in quanto edificio ad essere bene comune, ma certo la possibilità che tutti hanno (o dovrebbero avere) di essere adeguatamente istruiti fa parte del bene comune di una società di persone. È bene cioè che tutti possano frequentare la scuola per un certo numero di anni in modo da raggiungere un almeno sufficiente livello di istruzione e quindi ognuno di noi dovrà agire e comportarsi in modo tale da rendere sempre più effettivo il conseguimento di questo fine da parte di tutti: come semplice cittadino, farò in modo di non danneggiare l'edificio scolastico del mio quartiere, come genitore mi preoccuperò che i miei figli frequentino assiduamente le lezioni, siano ligi ai loro doveri scolastici, rispettino insegnanti e coetanei; come docente mi dedicherò con passione e competenza al mio lavoro di educatore; come amministratore pubblico mi occuperò di stanziare i soldi necessari per la costruzione e la manutenzione degli edifici scolastici, per la loro cura e pulizia; come politico promuoverò tutte quelle leggi che mirino a rendere effettivo il diritto di ciascuno ad istruirsi, consapevole che per tutta la comunità è bene che la scuola sia a disposizione a tutti.. E così via. E se i disabili non potessero accedere all'edificio scolastico perché vi sono barriere architettoniche, saprò che il bene comune viene leso da questa situazione e mi adopererò perché il problema sia risolto, anche se non riguarda direttamente me stesso o i miei familiari.
Sebbene il concetto di bene comune sia utilizzato anche in ambito non religioso, per spiegare - almeno a grandi linee- il significato di questa espressione faremo riferimento all'Enciclica di Giovanni Paolo II Sollicitudo rei socialis e ad uno dei documenti più importanti del Vaticano II, e cioè alla Costituzione pastorale Gaudium et Spes. Papa Woitila, nella Enciclica del 1987 dice che il 'bene comune' è il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti (num. 38), mentre nella Gaudium et Spes leggiamo che esso è l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente. In parole più semplici, potremmo dire che il bene comune è il bene dell'intera collettività umana, al quale deve tendere l'azione di ciascuno di noi, individualmente o nei gruppi di appartenenza (associazioni, partiti, movimenti), con la consapevo-lezza che nessun uomo è un individuo isolato e che il progresso umano e civile di ciascuno può essere promosso veramente solo in relazione con gli altri: ogni decisione, ogni scelta (politica, economica o sociale) è buona non in quanto giova a me o a qualcun altro o al gruppo al quale si appartiene, ma solo se – pur giovando in particolare a qualcuno – non danneggia nessun altro, ma anzi contribuisce a facilitare e a migliorare la vita dell'intera comunità. Benedetto XVI, nel Messaggio inviato ai partecipanti alla 45ma Settimana sociale svoltasi a Pistoia e Pisa dal 18 al 21 ottobre 2007 scriveva: Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa(2004) rifacendosi all’insegnamento del concilio ecumenico Vaticano II, specifica che «il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro» (n. 164, ove si cita la costituzione Gaudium et spes, 26).
Diceva il cardinale Martini (e le sue parole rafforzano quanto finora mi sono sforzata di esemplificare): bene comune sono tutte quelle condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale, economico di tutti, nessuno escluso. Ci accorgiamo allora quanto sia importante e prezioso questo «bene comune». In qualche maniera è previo al (cioè, viene prima del) costituirsi di una società (perché esso consiste nella realtà dei rapporti ben stabiliti tra le persone), e nello stesso tempo deve risultare dall'impegno di tutti e non solo di alcuni (in Vocabolario dell'etica).
I concetti chiave a cui dobbiamo fare riferimento quando parliamo di bene comune sono dunque essenzialmente due: responsabilità e solidarietà. Entrambi questi concetti sono basati su una idea di base: il superamento di ogni forma di individualismo. Si comprende quindi, come nel mondo di oggi, dove l'individualismo regna sovrano, si parli sempre meno di bene comune. Si preferisce parlare di diritti, senza riflettere sul fatto che i diritti di ciascuno di noi nascono proprio dal concetto di bene comune. Siccome, ad es. “fa parte del bene comune il fatto che tutti possano esprimere liberamente la propria opinione”, ne consegue che “io ho il diritto di esprimere liberamente la mia opinione” (altrimenti, come oggi purtroppo accade spesso, ogni capriccio diventa diritto). Ciò significa inoltre che, come cittadino, io ho anche il dovere di adoperarmi perché tutti - non solo io – possano usufruire di questa fondamentale libertà. E' sul bene comune, quindi, che si fondano i diritti e i doveri di ciascuno.
Nell'articolo di ottobre abbiamo fatto riferimento a proposito di “Principi non negoziabili” alla Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, documento emanato il 24 novembre del 2002 dalla Congregazione della Dottrina della fede, diretta dall'allora cardinale Joseph Ratzinger e sottoscritto dal papa Giovanni Paolo II. Da questo documento si evince che il principio della tutela del bene comune si riferisce soprattutto alle seguenti materie:
- tutela sociale dei minori
- liberazione dalle moderne forme di schiavitù (droga, prostituzione ecc.)
- diritto alla libertà religiosa
- economia al servizio della persona e del bene comune
- pace
Dovremo quindi ora cercare di vedere in che modo possiamo e dobbiamo adoperarci perché la nostra società possa essere, anche con il nostro contributo, un luogo nel quale ogni persona possa senza eccessivi ostacoli raggiungere la propria perfezione(Gaudium et Spes, 26), una società nella quale siano favorite, per quanto possibile, tutte quelle condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale, economico di tutti, nessuno escluso (card. Martini). Quello che comunque è chiaro è che tutti siamo responsabili di tutti (Giovanni Paolo II, v. sopra) e che ognuno di noi non dovrebbe dimenticare che le proprie azioni devono essere rivolte al conseguimento della giustizia, della pace, della libertà, della salute e della salvezza di tutti gli uomini (anzitutto di coloro che più ci sono vicini: familiari, amici, confratelli, concittadini ecc., se non altro perché per essi abbiamo più concretamente la possibilità di adoperarci) devono, in una parola, essere guidate dai due concetti chiave sopra ricordati: responsabilità e solidarietà.
(continua nel prossimo numero)
A cura di Antonella