Questo mese parleremo di un argomento sul quale in questo giornalino ci si è soffermati più e più volte, ma le cronache di tutti i giorni ci ricordano la necessità di tornarci sopra ancora una volta. Lo facciamo quindi, sperando di rafforzare noi stessi nel mentre ripassiamo tutte le buone ragioni che ci spingono a non trascurarlo. Parleremo cioè di difesa della vita che, come abbiamo visto nel numero di ottobre, è uno dei cosiddetti principi non negoziabili che il magistero della Chiesa ci esorta a tenere presenti. So bene che oggi la stessa espressione “principi non negoziabili”, viene messa in discussione: io però credo che se noi cattolici non continuiamo a difendere con tutte le nostre forze quei principi che sono alla base dell'etica umana e cristiana, non ci sarà nessun altro nel mondo di oggi che si farà carico di questa impresa. Anche chi si sente vicino ad essa, spesso rinuncia ad impegnarsi concretamente e a manifestare pubblicamente – con forza – le proprie idee in proposito, perché sa di essere circondato da migliaia di individui che le ritengono retrograde, superate dai tempi e dalla cosiddetta modernità, con la quale sembra che ci si debba necessariamente allineare.
Parlare di difesa della vita significa dover affrontare i temi dell'aborto e dell'eutanasia. Perché Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ed ora papa Francesco hanno sempre ripetuto e ripetono che la vita è sacra dal concepimento alla morte naturale. La vita è un dono di Dio del quale nessun uomo può disporre: essa viene e poi (apparentemente) se ne va quando, come e dove il Signore dispone, e anche se ci illudiamo di essere noi a scegliere il modo e il momento in realtà sappiamo tutti benissimo che così non è: lo sappiamo perché l'abbiamo sperimentato nella nostra carne viva, tutte le volte che per mesi o per anni abbiamo 'cercato' un figlio che non veniva, tutte le volte che abbiamo dovuto dire addio ad una persona cara, magari ancora giovanissima, senza poter fare nulla per trattenerla. La vita è un dono grande di Dio, una possibilità che ci viene offerta di usare il tempo per maturare e crescere, per aprirsi all'altro, per essere solidale con chi soffre, per andare in aiuto di chi ha bisogno: il tempo (lungo o breve che sia) è l'opportunità che ci viene offerta per sperare di non morire mai, per essere anzi certi che possiamo fare del nostro meglio per raggiungere la gioia eterna, quella che nessuno mai potrà toglierci.
Se la vita è un dono meraviglioso ma indisponibile, come possiamo anche solo concepire l'idea dell'aborto?
Non voglio girarci molto intorno, non è necessario. Voglio usare parole nette: l'aborto è né più né meno che un omicidio, a qualunque stadio esso venga provocato. Dal concepimento in poi, in quello che qualcuno chiama duramente, volgarmente, “grumo di cellule” c'è una creatura umana unica e irripetibile, un uomo, una donna con un progetto di vita che gli appartiene e che nessuno, per nessun motivo, ha diritto di interrompere. Se lo fa, commette un omicidio. Affermare questo, non significa essere crudeli, o non avere pietà: significa semplicemente chiamare le cose con il loro nome. La pietà, la compassione verso la donna che ha – certo dolorosamente – fatto questa scelta non viene meno per il fatto di dare il giusto nome alle cose. Ma la pietà è un sentimento che ci possiamo permettere di provare solo se e quando abbiamo fatto di tutto per evitare che quella donna facesse quella scelta. Mi spiegherò meglio, ma non con altre parole o considerazioni; mi spiegherò meglio raccontando la vita di una donna : Paola Bonzi.
Nasce nei dintorni di Mantova nel 1943, consegue il diploma magistrale, e poi una specializzazione per insegnare ai bambini ritardati, Si sposa giovane, ha una figlia: quando questa bambina ha quattro mesi, Paola diventa cieca. Affronta coraggiosamente questa sua disabilità, continua a lavorare, rimane nuovamente incinta: gravidanza difficile, sofferta. E' vivendo questa esperienza che fa una promessa a se stessa: quando sarà più libera (quando i figli saranno grandi) s'impegnerà ad aiutare le donne in difficoltà per una gravidanza. E' quello che puntualmente ha fatto, nel 1984 quando ha fondato a Milano, presso la clinica Mangiagalli il primo CAV (Centro di aiuto alla vita). Erano gli anni immediatamente successivi all'approvazione in Italia della legge sull'aborto, la 194: la legge prevedeva (e prevede) che le donne intenzionate ad abortire facciano un colloquio di riflessione prima di prendere la decisione definitiva, ma non sempre le strutture sanitarie rispettavano veramente questo aspetto. Il CAV di Paola nasce per questo: per stare vicino alle donne in difficoltà, comprendere i loro problemi, offrire aiuti concreti, soluzioni alternative. Da allora quasi 20.000 mamme hanno deciso di far nascere i loro bambini, perché soccorse e aiutate da Paola e dai tanti volontari che l'hanno affiancata nel momento della difficoltà che sembrava insormontabile. Molti altri CAV sono nati in tutta Italia: oggi sono 315 e hanno consentito la nascita di più di 130.000 bambini. Tutto è nato da quella promessa fatta e mantenuta. Ecco, Paola Bonzi è una che può provare in coscienza pietà per le donne che invece hanno fatto e fanno la scelta di abortire, perché ha fatto e fa di tutto per impedire che ciò avvenga, perché giornalmente combatte la buona battaglia.
Uso appositamente questi termini, combattimento, battaglia: la nostra DEVE essere una LOTTA in difesa della vita, non è limitandoci a proporre le nostre idee con mitezza che riusciremo ad evitare che tante vite vengano soppresse. E' operando con forza, con decisione, con coraggio, è gridando al mondo la verità che forse riusciremo a salvare qualcuno: non solo un bambino, ma anche la donna che lo porta in grembo. E salvando loro, contribuiremo a salvare il mondo,ad evitare che gli uomini tradiscano la loro più autentica vocazione, quella di essere operatori di pace .
A questo punto sono le parole di un'altra grande donna, ora santa, che devo e voglio ricordare: mi riferisco naturalmente a Madre Teresa di Calcutta che per prima ha collegato il problema dell'aborto alla pace . Nel 1979 le fu attribuito il premio Nobel per la pace: significative sono le parole che lei stessa pronunciò l'11 novembre di quell'anno, durante la cerimonia solenne di assegnazione, di fronte ai potenti della terra:“Io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta, un’uccisione diretta, un omicidio commesso dalla madre stessa ... Oggi il più grande distruttore della pace è l’aborto. Tante persone sono molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa, dove tanti ne muoiono di malnutrizione, di fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo… è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla”. Parole chiarissime, che non lasciano dubbi, parole che ci fanno capire che davanti a problemi come questi è più che necessario comportarsi come Gesù ci ha detto: “ Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno” ( Mt, 5,37)
Il Magistero della Chiesa è sempre stato chiarissimo in proposito, come possiamo verificare riflettendo sui punti 2270-2275 del Catechismo della Chiesa cattolica. Recentemente con la lettera apostolica Misericordia et misera , papa Francesco ha esteso a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere chi confessa di aver praticato (o collaborato a praticare) un aborto e sia sinceramente pentito: prima era necessario l'intervento di un vescovo o di un sacerdote da lui delegato, ora non più. La misericordia della Chiesa (già grande da sempre: questo peccato è sempre stato assolto se ci si confessava e si era sinceramente pentiti!) si apre maggiormente all'accoglienza e al perdono ma, come lo stesso Pontefice ha voluto sottolineare, ciò non significa che la gravità del peccato sia considerata minore. Per questo rimando ancora una volta al Catechismo, nei punti sopra indicati. Nulla quindi muta nella dottrina della Chiesa in proposito.
Qualche giorno fa il ministero della salute ha comunicato i dati relativi al numero delle interruzioni di gravidanza in Italia nel 2015: sembrerebbe che il numero degli aborti sia diminuito rispetto all'anno precedente. Attenzione però: ricordiamoci che farmaci come la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo sono oggi liberamente in vendita nelle farmacie italiane e che quindi molte interruzioni di gravidanza avvengono in data così precoce da non essere classificate come aborti. Questi farmaci infatti, che dovrebbero avere “solo” un effetto contraccettivo (quindi evitare il concepimento) se vengono assunti dopo che è avvenuta la fecondazione (e succede spesso, perché non è obbligatorio effettuare il test di gravidanza prima dell'assunzione) interrompono la gravidanza appena iniziata e quindi sono abortivi a tutti gli effetti, con tutte le implicazioni morali conseguenti.
Lasciamo dunque che i bambini nascano, senza paura: una vita che si annuncia è sempre una buona notizia. E non facciamo mancare il nostro aiuto e la nostra solidarietà concreta alle mamme in difficoltà.
Indirizzi utili:
Movimento per la vita italiano,Lungo Tevere Vallati 2, 00186 Roma, RM tel 06 6830 1121 – www.mpv.org
www.prolife.it/progetto-gemma/
www.sosvita.it
A cura di Antonella