Parlami Antonio Palazzo
Parla alla povertà
e alla solitudine del mio cuore.
Ancora i miei piedi per terra:
sulla tua terra,
quella del tuo cuore.
Non lasciare che nella libertà mi allontani da te
e soprattutto, dal tuo amore.
Irradiami della tua luce,
quella che riscalda
tutti i meandri della mia anima,
accarezzami con la tua mano paterna,
squarcia il mio cuore, allargalo
e riempilo di tutto il tuo amore.
Accendi in me la speranza,
affinché non possa mai scoraggiarmi.
Ordina e dirigi i miei pensieri,
anche i più reconditi,
affinché siano sempre in perfetta assonanza
con le tue direttive.
Non permettere che io viva nel disordine,
ma lascia che ogni mio respiro,
ogni mio battito sia rivolto a te.
Plasmami come argilla,
affinché possa risplendere,
al meno di un frammento,
del tuo immenso amore
Una carezza per te “Tango per il mio gatto” è un volume che
affronta la vita, nel senso lato del termine. Di una Vita, al singo-
lare la lirica che andremo a sentire. La storia di una donna e di
un suo male oscuro, che la fa avvicinare troppo sovente alle ca-
rezze degli uomini. Carezze di “amici” che appena solcato in un
quarto d’ora di amicizia, lasciano la donna ancora più sola nella
sua mania autodistruttiva. Senza che, la volta a venire, questo di-
venti un monito ad astenersi. Anzi, un ulteriore invito, del suo
male oscuro, a fare nuovamente un passo avanti.
“Una carezza per te” Dada
I tuoi occhi sono specchi opachi
nel male oscuro
della tua malinconia.
Hai provato a dire chi sei
a un amico?
Tu gli porti per gioco
i tuoi pensieri
limpidi di fantasie
e suoni una musica
che allaga i tuoi giorni
e macchia il pensiero.
Ma l’amico ti lascia sparire
in un mare
gonfio di malessere.
Ora sei un’onda,
un pensiero liquido
che si sgrana
e si perde iridescente
nell’oceano del dolore.
Perché vuoi cercarti
nel mare oscuro
della tua malinconia?
Perché una carezza per te
è un graffio sull’anima?
Divisi da carte Dominick Ferrante da “Poesie”
Piangono i miei occhi.
Riflessi sui tuoi.
Occhi.
Donati a un oblò,
incavato nello sguardo
godurioso dell’orgasmo di un uomo.
Luccicano.
I suoi.
Avvolti nella carta
delle nostre mani missionarie.
Visionarie allucinate di echi studiati.
Abili ricercatrici di quadri sfumati.
Come filtrati da lacrime.
O da socchiuse palpebre in posa da estasi.
Improvvisa follia
Elena Salvatori Ferrante la mamma di Dominick
Improvvisa follia
tramutò
l’attimo ridente
in sete struggente
e bevve
bevve golosa
la linfa gioiosa
di giglio di campo
odoroso.
Il pesco in fiore a lungo
cercò il tuo candore
ma tu non c’eri
non c’eri;
il suo ramo d’estate
ti porse il suo frutto
perché mordessi
a lungo i tuoi giorni,
ma tu non c’eri
non c’eri;
la foglia ingiallita
sola e spaurita
cercò il tuo canto
per adagiarsi cadendo,
ma tu non c’eri
non c’eri;
E a cercarti
vennero i fiocchi di neve
e tu eri lì,
vestito di bianco splendore
sull’alta vetta
di un monte d’AMORE.