Dentro da “Poesie” di Dominick Ferrante
(Vedere) La pioggia da dietro un vetro.
il cielo più basso del soffitto.
Pieni di fumo. Tutti e due.
Di interminabili scie di motori.
Uguali ogni giorno. Innumerevoli.
Per non ingoiare il piombo di una traiettoria
di uno sguardo.
Per ignorare l’evidenza,
L’indifferente trasparenza dei corpi,
masochisti di immagini
che corrono per essere violentati.
Altrove.
Ora il tempo
Elena Salvatori Ferrante la mamma di Dominick
Ora il tempo
non si concede più alle parole
La tua estate
si è fermata
all'ombra di un miraggio,
quiete di lanterna
in un deserto d'abbandono.
A noi, tocca ancora
il mutar delle stagioni,
e se il gelo dell'inverno
non spoglia la memoria,
gli altri giorni
si schiuderanno
in ventagli di ricordi.
E la chiave nella toppa,
confonderà ancora,
il gran silenzio
col profumo di un ritorno.
Li mercati trajanei Vincenzo Galli da “Roma romanesca
turistica e panoramica” Ed. Rugantino e Cassandrino
Quela Torre arroccata che te pare
la sentinella fissa de ‘sto sito,
sta a guardia a un loco quanto mai gradito
p’er… bagarino in cerca dell’affare…
Quanno sgama un mercato, ‘sto compare,
sempre grifagno e sempre più impunito,
se sente allargà er core all’infinito
come ‘sto Foro semicircolare…
Tutte quele botteghe messe a fila
a bocca spalancata, so’ l’embrema
der frega-frega quer che bolle in pila…
Si ancora funzionasse ‘sto mercato,
ogni gatto che c’è, sai che patèma
de finì abbacchio arosto sbrodettato!?
Una bianca vela (da “Era una bianca vela”,
Angelo Valenti, Guerra edizioni, Perugia, 1997)
Alle spalle del sole
la mia tenera ombra
s’allunga a dismisura
quasi in fuga da me
A ritroso nel tempo
mi pesa
il bene che non feci
Ma la mia vita
Ne le tue Dita
ERA UNA BIANCA VELA
L’omo e l’ArberoTrilussa
Mentre segava un Arbero d’olivo,
un tajalegna intese ‘sto discorso:
“Un giorno, forse, proverai er rimorso
de trattamme così, senza motivo.
Perché me levi da la tera mia ?
Ciavressi, gnente, er barbero coraggio
de famme massacrà, come quer faggio
che venne trasformato in scrivania ? “
“Invece - j’arispose er tajalegna -
un celebre scurtore de cartello,
che lavora de sgurbia e de scarpello,
te prepara ‘na fine assai più degna
Fra poco verai messo sull’artare,
te porteranno ‘n giro ‘n processione;
insomma sarai santo e all’occasione,
farai quanti miracoli te pare.”
L’Arbero disse: “Te ringrazzio tanto,
ma er carico d’olive che ci’ho addosso
nun te pare un miracolo più grosso
de tutti quelli che farei da santo ?
Tu stai sciupanno troppe cose belle
in nome della fede! T’inginocchi
se vedi che un pupazzo move l’occhi
e nun te curi de guardà le stelle!”
Appena j’ebbe dette ‘ste parole
s’intravide ‘na luce all’improvviso:
un raggio d’oro, Iddio, dar Paradiso
benediceva l’Arbero cor sole.